La corte d’assise d’appello di Torino ha rinviato alla Corte costituzionale la decisione sulla possibilità di concedere le attenuanti ai due anarchici Alfredo Cospito e Anna Beniamino, per i quali il procuratore generale di Torino aveva chiesto rispettivamente l’ergastolo ostativo e 27 anni di carcere per strage politica.

L’anarchico Alfredo Cospito, 55 anni, è attualmente detenuto al regime di carcere duro del 41 bis nel carcere di Sassari e in sciopero della fame, la sua compagna Anna Beniamino è invece detenuta a Rebibbia.

Qualora i giudici costituzionali accogliessero le eccezioni della difesa, Cospito potrebbe venire condannato non più all’ergastolo ostativo ma una condanna tra 21 e 24 anni, che – sommata alle altre condanne – porterebbe gli anni da scontare in totale a 30.

Il processo è molto complicato ed è iniziato nel 2017 ed è attesa in giornata la sentenza dei giudici della corte d’appello di Torino, che deve solo riqualificare la pena per i due imputati.

Cospito e Beniamino, infatti, sono stati già condannati in via definitiva nell’ambito dell’inchiesta “Scripta manent”, che ha riguardato una serie di attentati nel nord Italia tra il 2003 e il 2016 con ordigni e plichi esplosivi contro politici, giornalisti e forze dell'ordine, e sono considerati gli ideologi del Fai, la Federazione anarchica informale.

Il processo d’appello per rideterminare la pena è stato celebrato davanti alla corte d’assise d’appello di Torino, blindata per l’occasione: davanti al tribunale, infatti, si è tenuto un presidio di anarchici e antagonisti, che hanno srotolato uno striscione con la scritta “al fianco di Alfredo e Anna stragista è lo stato”. Nel corso dell’udienza, si è svolto anche un corteo con il lancio di tre bombe carta e di fumogeni da parte degli anarchici con scontri in strada con la polizia e l’identificazione di 100 persone.

Su cosa decide la Consulta

La Consulta è chiamata a esprimersi si può applicare o meno l'attenuante della particolare tenuità del fatto al reato di strage politica. A Cospito viene infatti contestata la recidiva reiterata specifica (ha commesso più volte lo stesso reato) e quindi teoricamente non si potrebbe operare alcun bilanciamento tra attenuanti e aggravanti e per lui la pena sarebbe quella dell’ergastolo, come chiesto dalla procura generale.

I giudici costituzionali dovranno valutare se anche nel reato di strage politica debba operare il divieto di bilanciamento oppure no. Flavio Rossi Albertini, legale di Cospito ha spiegato che ora «la Corte costituzionale può decidere che in questo caso ricorra una prevalenza rispetto alla recidiva reiterata, così come deciso dalla Corte stessa in altri casi».

Cospito in sciopero della fame

Il caso di Cospito è diventato uno dei simboli dell’attuale contestazione anarchica e autonoma, in moltissime città italiane, da Milano a Roma, a Genova e Torino. L’uomo, infatti, è detenuto da 6 anni nel carcere di Sassari in regime di alta sicurezza e dallo scorso aprile per lui è stato disposto il regime di carcere duro del 41 bis.

La ragione di questo cambio di regime è stato motivato dagli scambi di lettere con altri anarchici che Cospito mantiene da 10 anni e da scritti da lui inviati per la pubblicazione su riviste d’area. Secondo i magistrati torinesi, questo epistolario farebbe riemergere l’esistenza di una vera e propria organizzazione anarchica e la rinascita della Federazione anarchica informale.

Con il 41 bis, Cospito ha perso la possibilità di andare in palestra, di accedere ai libri, divieto di corrispondenza e di avere 4 ore di aria al giorno. Per protestare contro questa decisione, il leader anarchico ha iniziato uno sciopero della fame che dura ormai da un mese e mezzo, durante il quale ha perso più di 25 chili. 

«Tutto questo è scomparso senza che sia intervenuto nulla di evidente che possa giustificarlo. Cospito ha intrapreso questo sciopero della fame perché è il solo strumento di protesta che ha a disposizione», ha spiegato il suo avvocato, Flavio Rossi Albertini, a Radio Radicale.

Nel corso del processo, Cospito è intervenuto con dichiarazioni spontanee: «Oltre all'ergastolo ostativo, visto che dal carcere continuavo a scrivere e collaborare alla stampa anarchica, si è deciso di tapparmi la bocca per sempre con il 41 bis», ha detto, spiegando che «continuerò il mio sciopero della fame per l'abolizione del 41 bis e dell'ergastolo ostativo fino all'ultimo mio respiro, per far conoscere al mondo questi due abomini repressivi di questo paese».

In suo favore si è mobilitata anche una parte dell’opinione pubblica, a partire dal sociologo Luigi Manconi, che ha scritto su Repubblica che «ciò che questa storia racconta è, innanzitutto, la situazione così drammaticamente critica che l'applicazione arbitraria e irrazionale del 41 bis può determinare». Secondo Manconi, «Tutte le altre misure e limitazioni adottate senza una documentata ragione vanno dunque considerate extra-legali. Ovvero illegali. E come tali risultano, palesemente, le condizioni di detenzione di Alfredo Cospito».

In aula al Senato, inoltre, Ilaria Cucchi ha presentato una interrogazione al ministro della Giustizia, Carlo Nordio.

L’Inchiesta

L’inchiesta “Scripta manent” ha riguardato la galassia anarchica Fai-Fri, che tra il 2003 e il 2016 ha rivendicato una serie di attentati, commessi con ordigni esplosivi contro politici, giornalisti e forze dell’ordine. 

Tra gli episodi più gravi, la gambizzazione di un dirigente della Ansaldi di Genova nel 2012, l’attentato nel quartiere pedonale torinese di Crocetta e l’attentato esplosivo alla scuola allievi carabinieri di Fossano, avvenuto nella notte tra il 2 e il 3 giugno 2006.

Nel caso della caserma, gli anarchici avevano posizionato due ordigni a basso potenziale esplosivo in due cassonetti dell’immondizia davanti all’ingresso della caserma. Secondo la ricostruzione giudiziaria, il primo ordigno doveva servire ad attirare sul posto le forze dell’ordine, il secondo – costruito con chiodi e pezzi di ferro – doveva esplodere subito dopo. Nell’attentato, tuttavia, non ci sono stati morti nè feriti.

Tra le azioni, le sigle anarchiche avevano anche inviato un plico incendiario inviato all’ex sindaco di Bologna, Sergio Cofferati nel 2005 e un pacco esplosivo all’ex sindaco di Torino, Sergio Chiamparino nel 2006.

L’inchiesta della procura di Torino oordinata dal pubblico ministero Roberto Sparagna ha preso spunto da quelle di ‘ndrangheta e di mafia: invece di considerare ogni evento, ha collegato tra di loro gli attentati, ipotizzando l’esistenza di una vera e propria associazione con finalità terroristica, anche se composta da numerose sigle “informali”, tra le quali una aveva scelto la lotta armata (formando il cosiddetto gruppo dei “lottarmatisti”).

I gradi di giudizio

Il processo di primo grado, iniziato nel 2017, aveva visto l’imputazione di 23 anarchici con l’accusa di associazione con finalità di terrorismo e dell’ordine democratico e strage con finalità di attentare alla sicurezza dello Stato per gli episodi della caserma allievi e a Crocetta.

La corte d’assise di Torino aveva però parzialmente smontato l’impianto accusatorio, con 5 condanne e 18 assoluzioni. Le pene più alte erano state per i due anarchici considerati gli ideologi del gruppo: Alfredo Cospito, condannato a 20 anni, e Anna Beniamino, a 17. In primo grado, per gli episodi di Crocetta e della caserma allievi, il reato era stato rigualificato come strage “semplice”, quindi senza la finalità di attentato alla sicurezza. (422 e non 285)

Nel 2020 la corte d’assise d’appello, invece, ha parzialmente ribaltato la sentenza di primo grado. I giudici d’appello hanno infatti confermato che la Federazione anarchica informale e le sue diverse “cellule” fossero «un’associazione con finalità di terrorismo e di eversione dell’ordine democratico». In appello i condannati sono stati 13 (dieci per reati meno gravi come apologia di reato e istigazione per scritti su blog e volantini, con pene tra i 18 mesi e i 2 anni), invariata è rimasta la pena di Cospito a 20 anni e a Beniamino (16 anni e 6 mesi).

Nel 2022 la Cassazione ha respinto i ricorsi delle difese, confermando le condanne irrogate nel secondo grado. Solo nel caso di Cospito e Beniamino, invece, i giudici di Cassazione hanno deciso di rinviare gli atti alla corte d’assise d’appello di Torino per un ricalcolo in peggio della pena solo per l’episodio della caserma allievi, accogliendo la richiesta della procura di riqualificare il reato in “strage politica”.

Il reato di strage politica

La differenza di qualificazione del reato per l’attentato alla caserma allievi è determinante. Il reato di strage, rubricato all’articolo 422 del codice penale, condanna a una pena non inferiore al 15 anni (e all’ergastolo nel caso di uccisione di qualcuno) chi «al fine di uccidere, compie atti tali da porre in pericolo la pubblica incolumità» ed è un delitto di pericolo comune.

Il reato previsto all’articolo 285, invece, è di strage «allo scopo di attentare alla sicurezza dello stato» ed è un delitto contro la personalità dello stato, punito con l’ergastolo senza alcuna variante di pena anche senza che la strage abbia provocato morti.

Nel corso dell’indagine, la procura di Torino aveva ipotizzato il reato dell’articolo 285 per l’attentato alla caserma allievi e nel quartiere Crocetta, il primo grado lo aveva degradato a quello previsto all’articolo 422 e invece la Cassazione lo ha riqualificato come ex articolo 285. Per questa ragione Cospito rischia la condanna all’ergastolo.

«La magistratura italiana ha deciso che troppo sovversivo non potevo avere più la possibilità di rivedere le stelle, la libertà, si è preferito l'ergastolo ostativo, che non ho dubbio mi darete, con l'assurda accusa di aver commesso una strage politica per due attentati dimostrativi in piena notte, in luoghi deserti, che non dovevano e non potevano ferire o uccidere nessuno», sono state le parole di Cospito nell’ultima udienza.

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