Nel clima teso del Consiglio superiore della magistratura, il vicepresidente Fabio Pinelli è incappato in un nuovo incidente diplomatico. Il Consiglio, luogo di grande formalità e centrale su più livelli, anche esterni, rispetto alla giustizia – visto il suo collegamento diretto con il Quirinale – è spesso impegnato a stringere rapporti di collaborazione bilaterale con altri stati.

Quelle che apparentemente sembrano solo firme celebrative di trattati bilaterali spesso sono accordi attentamente redatti per legare l’Italia a paesi stranieri, creando rapporti di amicizia reciproci a livello di organi istituzionali e dunque non strettamente politici. Una prassi, questa, che viene considerata importante soprattutto con i paesi che si affacciano sul Mediterraneo.

Attenzione particolare a questo è stata sempre data dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella, che si è speso per favorire la creazione, anche a livello di collaborazione giudiziaria, di rapporti di buon vicinato con i paesi dell’area.

Il memorandum

In quest’ottica, da oltre un anno, il Csm era al lavoro per la sottoscrizione del Memorandum di cooperazione con il Consiglio superiore del potere giudiziario del regno del Marocco. Indicato nella relazione annuale sulle attività del Consiglio come «in corso di definizione» da parte della Nona commissione che si occupa dei rapporti con le altre istituzioni nazionali e internazionali, sembrava che il tutto dovesse chiudersi a fine mese.

Più propriamente, in una tre giorni molto dettagliata – dal 27 al 31 gennaio – che prevedeva la visita della delegazione italiana del Csm a Casablanca, con tour guidati a musei e monumenti e la conclusione, il 30 gennaio, con la firma del memorandum alla presenza delle più alte cariche della giustizia marocchina. Alla guida, come capo delegazione in quanto vicepresidente della Nona commissione, il togato Andrea Mirenda.

Tutto era stato pianificato in modo preciso, ma l’improvviso forfait di Pinelli ha fatto saltare «a data da destinarsi» il viaggio della delegazione e, dunque, la firma del memorandum. L’impedimento di Pinelli, infatti, è stato comunicato alla controparte pochi giorni prima della partenza della delegazione, che era fissata per oggi.

Il rinvio

Secondo fonti del Consiglio, il vicepresidente ha avuto problemi personali che si sono acuiti proprio in questi giorni e non gli hanno permesso di partecipare al viaggio. Tuttavia, la mancata presenza del vicepresidente è stata considerata dirimente dalle autorità marocchine. L’ipotesi di delegare a un terzo la firma del memorandum non è stata accolta e il risultato è stato quello della cancellazione in toto del viaggio concordata tra l’ambasciata italiana e quella marocchina, con una lettera fatta pervenire al Csm.

La reazione così netta e non preventivata da parte dei marocchini ha messo in agitazione il Consiglio superiore della magistratura: sarà necessario ritornare a tessere i rapporti con il Consiglio superiore del potere giudiziario marocchino per fissare un nuovo incontro e un nuovo viaggio per ultimare l’iter del testo.

Questo ulteriore inciampo di Pinelli, seppur involontario, si aggiunge a una fase certo non facile del vicepresidente. Due settimane fa è incorso in un incidente istituzionale che ha lambito anche il Quirinale. Nel corso della sua conferenza stampa – la prima della storia del Csm da parte di un vicepresidente – di presentazione della relazione annuale del Consiglio, il vicepresidente ha parlato della gestione precedente alla sua, sostenendo che quel Consiglio avesse esercitato «improprie attività di natura politica», con un ruolo quasi da «terza camera».

Parole che, però, hanno trascurato il fatto che Mattarella è stato presidente di quel Consiglio come lo è di quello attualmente in carica. Le sue frasi hanno provocato la reazione di 19 togati, che hanno sottoscritto due distinti documenti in cui hanno preso le distanze da Pinelli che ha poi dovuto fare un passo indietro, specificando di essersi riferito alle «difficoltà da cui è stata travagliata la consiliatura» e di non aver mai affermato che «in passato quel Consiglio abbia tradito il proprio mandato costituzionale, cosa che peraltro sarebbe stata impedita dall’intervento del presidente della Repubblica».

In questa situazione non certo distesa, arriverà tra due settimane sul tavolo del Consiglio una nuova nomina chiave: quella del procuratore generale di Roma, per cui sono in lizza i nomi di Giuseppe Amato, attuale capo della procura di Bologna, il procuratore generale di Lecce, Antonio Maruccia, Michele Prestipino, attuale aggiunto a Roma, Antonio Patrono, procuratore di La Spezia, Maria Vittoria De Simone, procuratrice aggiunta della procura nazionale antimafia, Giulio Romano (già sostituto procuratore di Cassazione) e Nicola Lettieri, pure lui con esperienza nella procura generale di Cassazione.

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