Le narrazioni che, partendo da cadute e compromissioni nell’autogoverno della magistratura, oggi ci raccontano di una giustizia deviata, stabilmente asservita a finalità politiche di parte, mirano a riscrivere la storia, a cambiare la memoria di vicende e di intere stagioni giudiziarie.

Tutte sarebbero da rileggere seguendo il filo rosso di una giustizia ad orologeria e dei complotti politico/giudiziari: inchieste ma anche sentenze, che avrebbero alterato le regole della democrazia e vanificato le scelte legittimamente compiute nelle urne dagli elettori.

L’attacco alla giurisdizione

Riscrivere la storia giudiziaria, partendo dalle cadute nell’autogoverno, usando il passepartout della giurisdizione/funzione servente rispetto ad obiettivi e progetti politici della parte più ideologizzata della magistratura (una minoranza, ma pervasiva e organizzata, e perciò egemone) non è solo un attacco a Magistratura democratica e alla sua storia.

È un attacco ai valori della giurisdizione: alla sua imparzialità e quindi alla legittimità del giudizio, che si fonda sulle garanzie dell’imparziale accertamento dei fatti; alla fiducia che la collettività deve avere non nell’infallibilità dei giudici (che infallibili non sono), ma nella loro funzione di tutela dei diritti e delle garanzie, e alla legittimazione democratica che la fiducia conferisce alla giurisdizione e alle sue prerogative di indipendenza. 

Storia e memoria condivisa fanno parte del senso di appartenenza ad una comunità e sono beni preziosi della democrazia.

Della nostra storia e della nostra memoria deve continuare a far parte il ruolo che la magistratura ha avuto nella tutela e nella riaffermazione della legalità. Ruolo che le ha consentito di essere parte importante di quell’argine istituzionale che ha protetto la nostra democrazia dai progetti eversivi della criminalità e del terrorismo, e dal crollo di credibilità delle istituzioni generato da fenomeni diffusi di illegalità pubblica e da conflitti di interesse portati ai vertici dello Stato.

Con la questione etica si intreccia una questione democratica: l’alterazione delle dinamiche democratiche interne all’associazionismo e ai singoli gruppi è divenuta un fattore convergente di distorsione nel governo autonomo della magistratura. Il percorso necessario per uscire dalla crisi richiede che si ristabilisca il senso della rappresentanza (in Csm e in Anm) e della funzione dei gruppi come strumenti e luoghi di elaborazione culturale.

La crisi del Csm

Dalla crisi non si può uscire mettendo sotto tutela il Csm, espropriandolo delle prerogative essenziali di discrezionalità, autonomia e peculiare politicità, necessarie per orientare le scelte di amministrazione verso le esigenze e i valori della giurisdizione. 

Né con riforme del sistema elettorale che mortificano il ruolo del Consiglio come luogo di confronto di idee, la sua rappresentatività rispetto alle opzioni culturali presenti in magistratura, e il valore stesso delle elezioni come un momento collettivo per una comunità, negando il confronto tra visioni collettive diverse della giurisdizione e dell’amministrazione della giurisdizione.

Il Consiglio è un esperimento molto avanzato e inedito di istituzionalità democratica, una soluzione istituzionale che può dar corpo ad istanze profonde di democrazia.

Le esperienze di Turchia e Polonia, dove non esiste più una magistratura indipendente anche perché non esistono più Consigli di giustizia indipendenti, dovrebbero aiutarci a comprendere che occorre preservare questa istituzione e le sue funzioni, con le caratteristiche volute dalla Costituzione.

Autogoverno e Anm sono i luoghi dove la magistratura si è fatta carico delle sue responsabilità e, in molte stagioni, ha espresso il suo incisivo impegno per la costituzione e per la democrazia. 

Questi sono i luoghi dove la magistratura deve oggi farsi carico della necessaria opera di rigenerazione culturale ed etica attraverso un’analisi che non ometta nulla, che non attenui nulla, che non falsifichi nulla, ma non significhi perdita di consapevolezza dei valori – come la rappresentanza e la garanzia del pluralismo - che hanno contribuito alla costruzione della sua identità costituzionale e alla sua crescita culturale in senso democratico. 

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