Essendo “diversamente giovane”, sono un magistrato in pensione e come tale socio aggregato dell’Anm.

Dell’«Antisistema Palamara & Company» fanno parte le registrazioni foniche della grande cospirazione per la nomina del procuratore della Repubblica di Roma (e non solo), consumata nella “Notte della Magistratura” del 9 maggio 2019 presso l’Hotel Champagne di Roma, non solo da Luca Palamara, ma anche dagli altri magistrati Cartoni, Criscuolo, Lepre, Morlini e Spina (allora membri togati del Csm), con la “partecipazione” di due parlamentari, di cui l’uno, Cosimo Ferri, magistrato fuori ruolo, e l’altro, Luca Lotti, imputato dalla stessa procura romana.

Il 2 marzo 2020 il Collegio dei Probiviri dell’Anm non ha avuto alcuna perplessità a proporre al Comitato direttivo centrale l’espulsione per i “magnifici sette” magistrati coinvolti, con eccezione dell’onorevole Ferri. Questi infatti ha opposto che non aveva pagato la quota sociale ma veniva subito smentito, risultando essa documentalmente versata fino febbraio 2020. Inoltre egli aggiungeva che non aveva mai presentato domanda di dimissione dall’Anm. Per conseguenza i Probiviri rimettevano al Comitato direttivo centrale la decisione sul punto.

 Il 20 giugno 2020 il comitato accoglieva le dimissioni dei magistrati Cartoni, Lepre, Morlini e Spina, rigettando dunque nei loro confronti la proposta di espulsione formulata dai Probiviri.

Applicava al dottor Palamara la sanzione dell’espulsione e disponeva per il dottor Criscuolo la sanzione dell’interdizione dai diritti sociali per anni cinque.

Inoltre, accertata la perdurante qualità di associato dell’onorevole Ferri, rimetteva gli atti ai Probiviri per ottenere il loro parere sulla sanzione da disporre. Ma, a quanto sembra, anche il dottor Ferri infine si è dimesso, eludendo così la sanzione.

Il divieto delllo Statuto

Sennonché, ai sensi dell’art. 7, 3° dello Statuto: «Nel caso in cui il socio dimissionario sia sottoposto a procedimento disciplinare, il Comitato Direttivo Centrale può disporre che si sospenda di provvedere sull’accoglimento delle dimissioni fino all’esito del procedimento medesimo».

L’impossibilità di recedere dalla società, per il socio attinto da un procedimento disciplinare, costituisce presupposto ineliminabile della stessa vitalità giuridica dell’Anm, della sua serietà istituzionale e della sua ragion d’essere giuridica associazione: diversamente si tratterebbe di “quattro amici al bar”, ma non di un’associazione giuridicamente eretta.

L’Anm è l’unica associazione di magistrati ordinari che, prima delle recenti e sconsiderate fughe dalla responsabilità disciplinare, raccoglieva il 90 per cento dei magistrati ordinari, ha una storia gloriosa e dovrebbe meritare un futuro ben più dignitoso di una giostra da cui sia consentito scendere a piacimento, dopo averne guastato gli ingranaggi.

Orbene, tutto ciò premesso, perché, in presenza di documentate accuse così devastanti, il comitato direttivo centrale non ha applicato la disposizione statutaria appena richiamata, per vanificare l’indegno stratagemma, che tra l’altro consentirà ai dimissionari di iscriversi nuovamente all’Anm?

Dovremmo concludere che, tra i magistrati indagati in sede disciplinare, i dottori Palamara e Criscuolo siano non sono colpevoli, ma anche sprovveduti, per non essersi dimessi al pari degli altri?

A me preme molto sapere.

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