Otto proposte sotto il titolo «una giustizia più efficace». Così l’Associazione nazionale magistrati si presenterà oggi, 5 marzo, al tavolo con la presidente del Consiglio Giorgia Meloni e il ministro della Giustizia, Carlo Nordio. L’incontro programmato ha al centro la riforma costituzionale della separazione delle carriere, ma le toghe guidate da Cesare Parodi hanno intenzione di allargare il fronte del dibattito, così da uscire dall’angolo.

È chiaro, infatti, che margine per ripensare la riforma non ci sia da parte del governo, dunque – è il ragionamento delle toghe – bisogna ribaltare il tavolo, mostrando di non avere come unico orizzonte l’ordinamento giudiziario e costringendo il governo a rispondere ad una serie di proposte concrete che «servirebbero davvero a risolvere i problemi dei cittadini», spiega una fonte interna alle toghe «e non i problemi della politica». Se la risposta sarà di chiusura, le toghe avranno un buon argomento per dimostrare la malafede dell’esecutivo.

Il documento

A dimostrare che margine di trattativa sulla separazione delle carriere non esista è proprio l’ultimo punto del documento, che contiene una proposta diametralmente contraria alla linea del governo.

L’Anm, infatti, chiederà di «promuovere una maggiore interscambiabilità tra le funzioni», ovvero l’opposto della netta separazione, perché «la limitata possibilità di cumulare esperienze di giudicante e requirente riduce la qualità della giurisdizione» e «l'esperienza in diverse funzioni, raccomandata anche in sede europea, rappresenta per un magistrato una straordinaria opportunità di arricchimento sul piano della comune cultura della prova, che è la caratteristica distintiva del sistema accusatorio». Un sonoro schiaffo al governo, insomma, che chiude qualsiasi margine di trattativa.

Le altre sette proposte, invece, sono quelle che appunto – secondo l’Anm – interverrebbero sulle vere emergenze della giustizia. L’Associazione chiederà l’assunzione di almeno mille nuovi magistrati nei prossimi cinque anni, così da migliorare effettivamente «l’efficienza del sistema» e, per la stessa ragione, di «rivedere le piante organiche degli uffici giudiziari sulla base degli effettivi carichi di lavoro». Un punto, questo, già in antitesi con la volontà del governo di riaprire alcune piccole sedi di tribunale.

L’Anm, infatti, chiede di «chiudere gli uffici con meno di 10 pm e 30 giudici» così da destinare le risorse agli uffici con maggiori sofferenze. Poi un intervento urgente sull’edilizia giudiziaria, un piano straordinario di assunzioni di personale amministrativo, di stabilizzare il personale dell’ufficio del processo, la dotazione di applicativi informatici adeguati e un ripensamento delle tempistiche di utilizzo di App, l’applicativo del processo penale telematico già bloccato per problemi tecnici.

Il documento contiene anche proposte di natura ordinamentale, in particolare nel penale «la deflazione e l'accelerazione dei procedimenti, soprattutto davanti al giudice monocratico e nei giudizi di impugnazione» e «l’immediata depenalizzazione dei fatti adeguatamente sanzionabili attraverso interventi di natura non penale».

Infine, l’Anm chiederà un intervento sulle carceri, con «investimenti per risanare le strutture, aumentare il personale civile di custodia e un serio ampliamento delle misure alternative».

Il risultato

Con queste premesse è sostanzialmente impossibile che l’incontro con Meloni e Nordio abbia un finale diverso da quello di certificare le distanze siderali. «Ma il governo deve dialogare anche su temi che non sono la separazione delle carriere, che interessa solo a loro», è il ragionamento che viene ripetuto soprattutto tra le toghe progressiste, le più rigide nel non voler scendere a compromessi.

Così l’Anm punta a ribaltare il piano: dovrà essere il governo a rispondere del perché stia puntando tutto su una riforma ordinamentale, che genera scontro con le toghe ma non velocizza i processi né incide sulla pratica della giustizia quotidiana.

E la levata di scudi contro non arriva più solo dall’Anm. Il Comitato intermagistrature (che comprende le associazioni di tutte le magistrature, comprese quelle speciali amministrativa, contabile, tributaria e militare) ha pubblicato una durissima nota congiunta, storica nella misura in cui unisce tutte le magistrature nell’esprimere «forte preoccupazione per i contenuti e le modalità con cui vengono portate avanti riforme destinate a incidere profondamente sull'esercizio della giurisdizione e sull'organizzazione» in primis la riforma della magistratura ordinaria e quella della Corte dei conti - e chiede di «recuperare un metodo che nell'approcciare riforme non obliteri l'ascolto delle ragioni delle magistrature interessate».

Se il governo sperava che l’incontro si riducesse a una presa d’atto delle posizioni inconciliabili sulla separazione delle carriere, addossando all’Anm la responsabilità della chiusura, dovrà invece offrire risposte di più ampio respiro.

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