Questo estratto proviene da “Il diritto dell’era digitale”, volume edito da Il Mulino

Questo libro si propone di: individuare i fenomeni che caratterizzano l’era digitale; analizzare i problemi giuridici che essi pongono; verificare se e in che modo le tecnologie informatiche stanno cambiando le regole giuridiche; cercare di capire se l’eventuale emersione di nuove regole in ragione dell’avvento delle tecnologie informatiche coincida con l’emersione di tratti caratteristici comuni che possano indurre a parlare di «diritto dell’era digitale».

L’espressione «digitale» individua un segnale, una misurazione o una rappresentazione di un fenomeno attraverso numeri. La tecnologia digitale consente di «rappresentare», «elaborare» e «comunicare» informazioni in forma numerica (bit). È possibile redigere un inventario (necessariamente incompleto) dei tanti prodotti e dei fenomeni figli dell’era digitale.

Rappresentare in forma digitale

Alla possibilità di rappresentazione in forma digitale è legata la nascita dei documenti elettronici; dei contratti informatici con connesse firme elettroniche; degli strumenti finanziari dematerializzati; della moneta elettronica e di quella digitale. Ma assistiamo anche alla nascita di nuovi beni digitali (si pensi al software o ai nomi di dominio o ai giornali esclusivamente online) ovvero alla possibilità di immaginare una identità ed una reputazione digitale. Più in generale osserviamo una proliferazione di dati digitali: innanzitutto quelli relativi alle persone, da cui la necessità di tutelare e proteggere gli individui da una loro elaborazione incontrollata che può diventare una seria minaccia non solo per la privacy; ma anche la miriade di dati raccolti dai tanti strumenti e sensori che fanno parte del nostro quotidiano (si pensi agli smartphone e alla cosiddetta “internet of things”). Le espressioni “datification” e “big data” fotografano esattamente questa dimensione che innesca problemi di non poco conto. I dati in forma digitale possono essere raccolti in banche dati custodite su computer locali o su cloud. Le banche dati possono contenere svariate categorie di dati (esempio: dati genetici) oppure tipologie di opere tutelate dal diritto d’autore (si pensi alle banche dati giuridiche o allo streaming di opere musicali da piattaforme come Spotify). Per le opere digitalizzate può porsi, infatti, un problema di tutela della proprietà intellettuale che ne definisca il regime della fruizione. Ma molti contenuti digitali sono creati dagli stessi utenti (cosiddetti user generated content): si pensi ai blog, ai forum e, soprattutto, ai tanti contenuti (scritti, immagini, filmati) che carichiamo sui social network come Facebook o Instagram.

Elaborare contenuti digitali

Figlia dell’era digitale è anche la possibilità di elaborare i contenuti digitali. Tecnicamente questo è possibile grazie ad hardware e software. Più concretamente, il tutto è reso possibile dal cosiddetto “pensiero computazionale” e dagli algoritmi che diventano sempre più evoluti al punto da schiudere scenari abitati da computer e robot intelligenti alimentati dal “machine learning” e dal “deep learning”. Già oggi sono disponibili, ad esempio, macchine a guida autonoma ovvero robot in grado di eseguire alcune operazioni chirurgiche prendendo il posto dei medici. Purtroppo sono disponibili anche macchine di morte in grado di scegliere l’obiettivo da uccidere (Lethal Autonomous Weapons). Gli algoritmi possono elaborare pluralità di dati e produrre decisioni automatizzate nel campo della pubblica amministrazione ma anche nel territorio proprio della giustizia così che si possano immaginare dei giudici “virtuali”. Una nuova branca del sapere, denominata “data science” si propone di fare tesoro della elaborazione dei “big data” prima richiamati. Elaborazioni sempre più sofisticate sono all’origine dei motori di ricerca come Google (che consentono di rintracciare le informazioni nel mare magnum di internet) o di prodotti come blockchain, stampa in 3D e deep fake.

Comunicare contenuti digitali

Infine l’era digitale ha rivoluzionato il mondo delle comunicazioni. Innanzitutto grazie alla nascita di Internet e del web che è il principale strumento di navigazione in rete. La tecnologia ha favorito la cosiddetta convergenza tecnologica e propiziato attività come il commercio elettronico, il trading online, la telemedicina, la formazione a distanza. La comunicazione tra gli oggetti consente di parlare di “Internet delle cose” e di smart cities. E certamente non secondaria è la possibilità di dare vita a reti sociali nuove (come nel caso dei social network) e a forme di “democrazia elettronica” senza che manchino gli aspetti negativi connessi alla maggiore libertà di espressione assicurata: si pensi alle fake news e all’hate speech. La dimensione planetaria di Internet (che è al tempo stesso fattore e prodotto della globalizzazione) pone il problema del governo della rete, della responsabilità di coloro che garantiscono l’accesso (service provider) e del ruolo dei grandi player che su essa operano (Google, Amazon, Facebook, solo per fare qualche nome). Non mancano peraltro fenomeni negativi: basti citare il dark web, il cyberbullismo o la criminalità informatica.

I fenomeni citati e molti altri ancora saranno analizzati ed approfonditi, per quel che attiene alle loro ricadute giuridiche, nel prosieguo del libro.

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