La Corte costituzionale svolge sempre più spesso un ruolo chiave, soprattutto nel sollecitare le iniziative del legislatore.

A mostrarlo sono i dati pubblicati nel suo primo annuario, che racconta il 2020 della Consulta in cifre, che fotografano l’operato dell’organo a fronte delle difficoltà causate dalla pandemia.

Negli anni, infatti, la Consulta ha aumentato il numero dei cosiddetti “moniti al legislatore”, che corrispondono a inviti formali dei giudici costituzionali al parlamento perchè intervenga su una determinata disciplina, per porre rimedio a situazioni problematiche, obsolete o potenzialmente contrarie ai principi costituzionali.

Questo tipo di decisioni sono passate alle 20 nel 2019 alle 25 nel 2020 e hanno toccato tutti gli ambiti sensibili per il dibattito pubblico: penale ed esecuzione penale (si ricordi l’ultima pronuncia sull’ergastolo ostativo e il termine fissato al legislatore per riformulare l’istituto alla luce dei principi enunciati dalla corte) finanza locale, responsabilità genitoriale, carcere per la diffamazione a mezzo stampa, determinazione dell'indennità al lavoratore illegittimamente licenziato, contributo di solidarietà sulle pensioni, lesioni stradali e altri ancora.

Poco coordinamento col legislatore

La questione dei vuoti di tutela costituzionale «tocca un punto delicato della funzione e del ruolo della corte, quello cioè dei rapporti con il legislatore. Nel complesso, l'atteggiamento di self restraint della Corte, implicito nella formula a rime obbligate, è ispirato alla volontà di non sostituire le proprie valutazioni a quelle del Parlamento, là dove la pronuncia di accoglimento richiederebbe di scegliere fra una pluralità di soluzioni», ha detto il presidente della Consulta, Giancarlo Coraggio.

Proprio questo è uno dei punti dolenti, che Coraggio ha esplicitato: «È un fatto che i numerosi moniti con cui la Corte ha chiesto al Legislatore di intervenire sono aumentati e sono in gran parte rimasti inevasi».

Uno scarso coordinamento dovuto principalmente a ragioni di instabilità politica: «Naturalmente, mi rendo conto che, specie nell’attuale situazione politica, il Parlamento si trova di fronte a impegni non meno delicati e rilevanti. Tuttavia, la Corte non finirà mai di sottolineare la necessità di un migliore raccordo tra le due Istituzioni».

Le decisioni

Nel 2020 sono state assunte 281 decisioni, di cui 163 nel giudizio in via incidentale (vale a dire sollevato dai giudici di merito o legittimità e dunque nascente da un diverso processo), solo 10 in meno rispetto al 2019.

La Corte ha inoltre segnato un -3,2% sui giudizi pendenti: il 2020 iniziato con 314 giudizi pendenti, ne ha visti arrivare nel corso dell'anno 332 ma ne sono stati definiti 342 con saldo finale di 304 giudizi pendenti.

Si riduce, in particolare, la pendenza dei giudizi incidentali, che passa da 196 a 172 (-12,2%).

Aumentano anche i numeri delle sentenze rispetto alle ordinanze, il che segna la tendenza al superamento degli ostacoli di ammissibilità dei procedimenti e mostra una Consulta sempre più portata a entrare nel merito delle questioni sottoposte.

I tempi

Si riducono i tempi per ottenere giustizia: «Dalla pubblicazione in Gazzetta ufficiale delle ordinanze in via incidentale fino alla trattazione in udienza, passano in media 226 giorni, un valore significativamente inferiore a quelli registrati negli anni precedenti»,, secondo il Servizio studi della corte.

«Gli obblighi e i limiti imposti dalla pandemia non hanno inciso negativamente sulla produttività della Corte, tanto che è diminuito il numero delle cause pendenti», ha detto il presidente, Giancarlo Coraggio, che ha spiegato che «tutto ciò è stato reso possibile dalla situazione indubbiamente privilegiata della Corte costituzionale rispetto agli altri uffici giudiziari, sia per il numero limitato di giudizi che per le disponibilità finanziarie e strumentali».

Nei mesi di lockdown, infatti, sono state effettuate udienze pubbliche e camere di consiglio anche da remoto.

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