L’ergastolo ostativo è contrario alla Costituzione, ma deve essere il legislatore a riformare la legge. Così la Corte costituzionale ha stabilito che l’articolo 4 bis dell’ordinamento penitenziario, «facendo della collaborazione l’unico modo per il condannato di recuperare la libertà, è in contrasto con gli articoli 3 e 27 della Costituzione e con l’articolo 3 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo». L’ordinanza della Consulta (non ancora pubblicata) chiama però in causa anche il legislatore, perché aggiunge che l’accoglimento immediato della questione di legittimità proposta rischierebbe di «inserirsi in modo inadeguato nell’attuale sistema di contrasto alla criminalità organizzata». Per questo i giudici hanno stabilito di non dichiarare l’illegittimità costituzionale e di rinviare di un anno, a maggio 2022, la trattazione della questione, con l’obiettivo di consentire al parlamento «gli interventi che tengano conto sia della peculiare natura dei reati connessi alla criminalità organizzata di stampo mafioso, e delle relative regole penitenziarie, sia della necessità di preservare il valore della collaborazione con la giustizia in questi casi». La Consulta, quindi, ha temporaneamente preservato l’efficacia della norma, in attesa dell’intervento del legislatore.

Il pronunciamento arriva dopo la questione di legittimità sollevata dalla Cassazione sul caso di un detenuto, Salvatore Francesco Pezzino, condannato all’ergastolo per omicidio volontario in contesto mafioso, che ha già scontato più di trent’anni anni di carcere in regime ostativo, ovvero senza alcun beneficio perché non ha mai collaborato. Il suo difensore aveva fatto ricorso al tribunale di Sorveglianza per valutare la liberazione condizionale e la questione è giunta fino al palazzo della Consulta.

Le reazioni

La notizia del contenuto dell’ordinanza e soprattutto il rinvio al parlamento per una legge che modifichi le norme attualmente in vigore nel senso indicato dai giudici costituzionali ha suscitato reazioni politiche contrastanti. Tanto da rischiare di aprire una nuova frattura in materia di giustizia dentro la maggioranza di governo.

Sul fronte del Partito democratico il capogruppo in commissione Giustizia alla Camera Alfredo Bazoli ha definito «saggia» la decisione, perché «consente di modificare l’attuale disciplina tenendo conto dei rilievi formulati, ma anche delle insopprimibili esigenze di contrasto alla criminalità». Sulla stessa linea anche la responsabile Giustizia del partito, Anna Rossomando, che ha sottolineato che gli interventi normativi dovranno preservare «l’efficacia e la peculiarità degli strumenti di contrasto alla criminalità di stampo mafioso». La linea, insomma, è quella di «riconoscere insieme la funzione riabilitativa della pena ma anche la pericolosità eversiva delle mafie», ha detto il capogruppo in commissione Antimafia, Franco Mirabelli.

Di diverso avviso il Movimento 5 stelle che ha invece espresso «perplessità», come scrivono i parlamentari della commissione Antimafia. «I mafiosi se collaborano possono accedere ai benefici di legge, se non lo fanno non comprendiamo perché debbano beneficiarne», è il commento tranciante, a cui si aggiunge che non ci saranno «passi indietro per la tenuta dell’ergastolo ostativo».

In questo senso ma con parole ancora più dure si è espressa la Lega. Il leader Matteo Salvini ha scritto su Twitter che «per mafiosi e assassini l’ergastolo non si tocca, dicano quello che vogliono. E basta». Un pensiero articolato poi dal presidente della commissione Giustizia alla Camera, Andrea Ostellari: «Dentro ai nostri confini l’ergastolo ostativo rimane uno strumento non superabile. La Lega non farà passi indietro».

Se le associazioni come Antigone e Nessuno tocchi Caino plaudono alla decisione, opposta è la reazione di Salvatore Borsellino, fratello di Paolo, secondo cui si tratta di «uno schiaffo a tutti quelli che hanno perso i loro cari nella lotta alla mafia o per mano di essa».

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