Se dopo l’assemblea del 30 aprile sembrava che le toghe si muovessero in blocco compatto verso lo sciopero del 16 maggio, qualche nuova voce fuori dal coro si sta alzando.

Se già prima dell’assemblea straordinaria molti ex magistrati – di Armando Spataro a Edmondo Bruti Liberati – si erano già espressi contro lo sciopero, oggi le perplessità arrivano anche da chi continua a svolgere la professione.

L’ex presidente dell’Anm, Pasquale Grasso ha infatti detto all’Adnkronos che «Dovremmo scioperare per una riforma tutto sommato di bandiera», in una fase in cui «siamo ai minimi storici di credibilità? Non sono d'accordo». Secondo Grasso lo sciopero sarebbe fuori tempo massimo, visto anche il sì già ottenuto alla Camera della riforma dell’ordinamento giudiziario. «Prima dell'assemblea generale Anm ero contrario allo sciopero. Non ho cambiato idea».

Dall’esponente delle toghe conservatrici a quelle progressiste, anche Magistratura democratica solleva dubbi, come già aveva fatto anche prima dell’assemblea straordinaria. Pur constatando la larga maggioranza che ha dato il via libera allo sciopero, in un documento il segretario Stefano Musolino ha rilevato l’isolamento delle toghe: «Ci troviamo, oggi, senza altri soggetti istituzionali disposti a contrastare, insieme a noi, una pessima riforma che non solo non migliorerà l’efficienza del servizio giustizia, ma finirà per peggiorare la qualità della giurisdizione».

Inoltre, ha sottolineato come la gestione assembleare sia stata influenzata dalla campagna elettorale per eleggere il prossimo Csm, che già sta infiammando le chat dei magistrati e vede lotte di posizionamento in corso. «Gli interventi che si sono succeduti sono stati animati dalla volontà di infiammare la platea dei magistrati. Ci si è mossi in una logica da talk show, alla ricerca di facile consenso e di applausi, simulando un dibattito con gli interlocutori parlamentari che è stato solo un’occasione perché ciascuno ribadisse le proprie posizioni, senza nessuna autentica capacità di comprensione».

Le toghe “anticorrentiste” di Articolo 101 con il membro dell’Anm Andrea Reale hanno fatto sapere che ritengono la prossima astensione del 16 maggio «tardiva e blanda» e l'azione dell'Anm contrassegnata da «grave e prolungata inerzia». Sullo sciopero, invece, le scelte sono diverse:  «Non tutti, su questo, la pensano allo stesso modo: alcuni aderiranno, altri no. Tutti, senza alcun dubbio, considerano questa riforma pessima sotto ogni profilo». 

Nè con Cartabia, nè con lo sciopero

Nei giorni scorsi, inoltre, ha cominciato a girare sulle mailing list dei magistrati un appello, dal titolo "Nè con la Cartabia, nè con questa Anm", che conta già più di cinquanta firme. 

Nel testo viene criticata la "pessima" riforma del Csm e dell'ordinamento giudiziario e soprattutto si accusano i vertici del sindacato delle toghe di non aver fatto nulla per risolvere il problema del correntismo.

«Dopo una 'caccia alle streghe' che ha colpito alcuni e risparmiato tanti altri (complice anche una circolare auto-assolutoria della procura generale presso la Corte di cassazione, titolare dell'azione disciplinare), il 'Sistema' ha ripreso a funzionare esattamente come prima». Secondo i firmatari, l’Anm «per salvarsi la faccia con la base elettorale, in vista della imminente campagna elettorale per il rinnovo del Csm, ha inscenato una protesta di maniera, tardiva e disorganizzata, contro una pessima riforma dell'ordinamento giudiziario, concepita in chiave meramente punitiva».

Il tema su cui si riflette, ora, è il livello di partecipazione che raggiungerà lo sciopero: il rischio è che l’amplificarsi delle voci contrarie possa far aumentare la fronda dei contrari.

I gruppi associativi, per ora, però, marciano compatti: Unicost, Area e Magistratura indipendente sembrano decisi ad andare fino in fondo e a mobilitare le loro basi per spiegare le buone ragioni dell’iniziativa. E sperando, magari, in una isperata mano della politica.

La riforma dell’ordinamento giudiziario dovrebbe arrivare in aula al Senato il 24 maggio, ma non è detto che a Lega e Italia Viva non riesca l’operazione di cambiare alcuni passaggi del testo: sarebbe clamoroso ma tutto è possibile con gli equilibri instabili del Senato. In questo caso il testo dovrebbe tornare alla Camera e allora sì, tutto si potrebbe riaprire. Anche a costo di far slittare di alcuni mesi le elezioni del nuovo Csm, visto che l’unico imperativo politico è di eleggere la nuova consiliatura con la nuova legge elettorale.

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