La dirigente scolastica del liceo Montale di Roma non subirà alcun provvedimento disciplinare: dall’istruttoria dell’ufficio scolastico regionale non è emerso alcun comportamento sconveniente da parte sua. Non c’è stata prova, infatti, della presunta relazione – dalla donna sempre negata – con un alunno maggiorenne dello stesso istituto.

La storia, dalle pagine dei quotidiani locali, ha però raggiunto velocemente una attenzione mediatica che ha messo la docente e l’intero istituto al centro delle cronache nazionali.

l’attenzione pubblica intorno alla donna si è fatta sempre più forte: di lei sono state pubblicate le generalità, mentre sono state omesse quelle del presunto amante anche se era maggiorenne.

Addirittura, su alcuni giornali sono stati pubblicati stralci di chat e trascrizioni di audio attribuiti ai due presunti amanti, che avrebbero dovuto provare l’esistenza della relazione. Lo studente, però, si è rifiutato di depositare le chat per l’istruttoria ministeriale e dunque non sono state acquisite.

Ora che l’istruttoria ministeriale si è conclusa escludendo ogni accusa a carico della dirigente, lei potrebbe decidere di rivalersi sui quotidiani che hanno indebitamente divulgato e attribuito a lei le chat.

Il risarcimento danni

La pubblicazione delle chat sui quotidiani e in particolare su Repubblica è stata bloccata dal Garante per la privacy il 31 marzo. In un comunicato stampa, l’autorità ha fatto sapere di aver «disposto, in via d’urgenza, il “blocco” provvisorio di ogni ulteriore diffusione, anche on line, dei contenuti dei messaggi acquisiti e presentati, come loro trascrizione, in alcuni articoli pubblicati oggi da “la Repubblica” riguardanti la relazione intima che sarebbe intercorsa tra la dirigente di un liceo romano ed uno studente dello stesso istituto».

La ragione dell’iniziativa è che «Gli stralci dei messaggi riportano dettagli relativi ai rapporti personali, anche attinenti alla sfera sessuale, tra la preside (identificata con il nome e cognome e con alcune sue fotografie) e lo studente del liceo, maggiorenne, di cui viene pubblicato il (presunto) nome, indugiando sulle frasi che si sono scambiati e sulle circostanze dei loro incontri, che nulla aggiungono alla necessità di fare chiarezza sulla vicenda». 

Il codice della privacy, però, prevede che «in caso di diffusione o di comunicazione di dati personali per finalità giornalistiche devono essere sempre rispettati i limiti del diritto di cronaca - rappresentati dalla tutela della dignità, della riservatezza, dell’identità personale e della protezione dei dati personali e, in particolare, il limite dell'essenzialità dell'informazione riguardo a fatti di interesse pubblico». Limiti che il Garante ha ritenuto superati dalle testate giornalistiche.

Proprio a partire da questa iniziativa, la dirigente scolastica potrebbe agire per ottenere un risarcimento del danno in sede civile. A maggior ragione visto che le chat non sono state poi nemmeno prodotte nell’istruttoria ministeriale e quindi rimangono dati sensibili e personali, protetti dal diritto alla riservatezza della corrispondenza.

Il “blocco” disposto dal Garante già potrebbe, in linea teorica di diritto, essere sufficiente a sostenere una causa civile per illecito trattamento di dati sensibili.

Quanto all’ammontare del risarcimento, il danno arrecato potrebbe giustificare una somma anche piuttosto alta: le chat pubblicate, infatti, riguardano la sfera della vita sessuale della donna e quindi la violazione assume connotati di gravità maggiore.

L’iniziativa, quindi, ora spetta direttamente alla dirigente scolastica che dovrà decidere se rivolgersi ad un avvocato per ottenere ristoro – almeno sul piano economico -della violazione della sua privacy.

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