Se fossi un elettore davvero interessato alla separazione delle carriere, mi sentirei molto deluso da questa riforma.

Parliamoci chiaro. Tutto nasce dalla volontà di arginare lo strapotere dei pubblici ministeri. Inchieste ad orologeria, fuga di notizie dalle procure, iniziative avventate che sistematicamente coinvolgono esponenti di uno schieramento politico di centrodestra. E, poi, casi giudiziari che mettono in evidenza errori e incompetenze: dal caso Tortora sino a Garlasco.

E cosa fa questa maggioranza per contenere lo straripamento dei pm? Approva una riforma che non solo è inutile, ma potrebbe persino aumentare il loro potere.

Si sostiene la necessità di separare le carriere per evitare confusione di ruoli o pericolose connivenze tra chi giudica e chi sostiene l’accusa nei giudizi penali. In fondo, tanti anni fa il Parlamento ha introdotto il principio del giusto processo che, tra le altre implicazioni, comporta una parità di armi tra accusa e difesa ed una equidistanza tangibile delle parti rispetto all’organo terzo e imparziale che deve giudicare l’imputato.

In altri ordinamenti, la separazione tra magistrati giudicanti e pm è stata realizzata avvicinando questi ultimi al potere politico. Il pm francese sottoposto al potere di direttiva del Ministro della giustizia. O, ancora di più, il procuratore distrettuale negli Stati Uniti che ha una investitura politica: altro che appartenenza all’ordine giudiziario! La tanto sbandierata separazione avrebbe richiesto una revisione radicale della figura del pm, così da renderlo una sorta di avvocato del popolo o di un procuratore dello Stato collocato su di un piano di effettiva parità con l’avvocato difensore dell’imputato. Collocare il pm nella sfera di influenza del potere politico avrebbe un effetto positivo: lo si renderebbe responsabile di fronte all’opinione pubblica, al popolo sovrano, direttamente in caso di malagiustizia. E con lui i diretti referenti politici, a cominciare dal ministro della giustizia.

Tutto ciò, tra l’altro, abbandonando l’obbligatorietà dell’azione penale, che tanti ritardi e problemi provoca nell’amministrazione della giustizia, per lasciare posto alla discrezionalità, così da poter decidere quali priorità dare ai reati commessi.

E, invece, cos’ha fatto questa stessa maggioranza che da anni reclama un’autentica rivoluzione giudiziaria? Ha creato un apposito consiglio superiore della magistratura dei pm, accanto a quello dei giudici giudicanti. Ha lasciato l’obbligatorietà dell’azione penale. Ha ribadito che il pm appartiene all’ordine giudiziario in posizione di autonomia e indipendenza. Altro che separazione!

E questa soluzione finirà col rafforzare i pm. Oggi, nell’unico Csm i rappresentanti dei magistrati delle procure debbono fare i conti, oltre che con i membri laici di elezione parlamentare, con i rappresentanti dei magistrati giudicanti. Questo confronto tra sensibilità diverse, tra differenti punti di vista, impedisce decisioni sbilanciate a favore di una maggiore ponderazione, di un equilibrio necessario per amministrare al meglio la giustizia. Invece, avremo, se passa la riforma, un Csm che diventerà lo spazio in cui i pm saranno ancora di più corporazione, avendo come interlocutori solo i membri laici, questi ultimi in posizione di minoranza. Pensiamo a quando questo Csm dovrà decidere i vertici delle procure, dovrà deliberare sulle assegnazioni di sede, sui trasferimenti, sulle verifiche di professionalità.

politica e giustizia

Se fossi un elettore davvero interessato alla separazione delle carriere, mi sentirei molto deluso anche in relazione ad un altro aspetto, che suona da sempre come un mantra: la netta separazione tra politica e giustizia.

Per arginare la degenerazione del correntismo giudiziario, il Parlamento ha introdotto il sorteggio, ossia un metodo democratico di scelta dei rappresentanti che sin dall’antica Grecia veniva considerata una possibile e desiderabile opzione.

Ebbene, i membri togati saranno sorteggiati «tra i magistrati giudicanti e i magistrati requirenti». Cosa vuole dire? Che ognuno/a dei circa novemila magistrati ordinari diventerà sorteggiabile? E se venisse sorteggiato un magistrato che non ha nessuna voglia di andare al Csm?

Immagino che la legge a cui rinvia il nuovo articolo 104, per evitare questo problema, stabilirà quanto meno delle “dichiarazione di disponibilità” per costruire l’elenco dei sorteggiabili. E chi le farà queste dichiarazioni se non i magistrati attivi all’interno delle correnti? Queste ultime inviteranno i loro iscritti a rendersi disponibili e, così, il numero dei sorteggiabili di derivazione correntizia sarà nettamente superiore ai magistrati non inquadrati. E si ritorna così allo strapotere delle correnti, se la statistica non inganna.

Il discorso non cambia per i membri laici. Qui c’è una differenza. Il nuovo articolo 104 stabilisce che i professori e gli avvocati verranno sorteggiati da un elenco compilato, tramite elezione, all’insediamento delle Camere. E chi entrerà in questo elenco se non professori e avvocati “noti” alle forze politiche?

A me piacerebbe molto vivere questa esperienza al servizio delle istituzioni dopo tanti anni di insegnamento universitario e di ricerca. Pur avendo i requisiti stabiliti dalla Costituzione (sono un professore ordinario in materie giuridiche), temo che, non essendomi mai “sbilanciato” politicamente una mia eventuale messa a disposizione verrebbe drasticamente ignorata. Dunque, assisteremmo a quanto è accaduto sino ad oggi, ossia ad una spartizione dei membri laici secondo logiche rigorosamente politiche, sia a destra che a sinistra.

Altro che separazione tra politica e giustizia. Non cambierebbe nulla, neanche con il sorteggio, sia per i togati che per i laici.

E, allora, visto che questa maggioranza non ha avuto il coraggio di tagliare radicalmente con il passato, rendendo i nostri p.m. più simili a quelli di tantissimi altri Stati anche vicini a noi, e che anzi il Csm dei pm finirà col renderli ancora di più autoreferenziali, e visto che il sorteggio non terrà lontano il fattore politico da questi organi, vale veramente la pena votare “sì”?

© Riproduzione riservata