La bozza di piano per le riforme da finanziare con il Recovery fund prevede anche un capitolo sulla giustizia. Considerata una “riforma di sistema” – come indicata anche tra le raccomandazioni specifiche per l’Italia dell’Unione europea, che vigilerà sui risultati -, il piano prende in considerazione soprattutto la questione della tempestività delle decisioni. Per tamponare il problema dell’eccessiva durata dei processi però, il governo ha scelto una strada tutt’altro che di sistema: puntare sui precari della giustizia.

Secondo lo European judicial systems Cepej evaluation report, i tempi medi dei processi civili di primo grado in Italia sono di 527 giorni contro una media europea di 233; i tempi medi dei processi penali di primo grado sono di 361 giorni contro 144. Questo gap si traduce, secondo uno studio del Cer-eures, in 2,5 punti di Pil: circa 40 miliardi di euro.

Per provare a colmarlo, vengono indicati i provvedimenti già in esame del parlamento e che secondo la bozza dovrebbero essere approvati entro giugno 2021 (con approvazione dei decreti delegati entro il 2022): riforma del processo civile e relativa semplificazione delle fasi del processo; riforma dell’ordinamento giudiziario e del Csm; riforma del processo penale con potenziamento dei filtri e nuova disciplina dei riti alternativi. Nulla di nuovo, dunque. Il capitolo veramente nuovo riguarda le risorse umane e materiali per la giustizia, che dovrebbero servire ad azzerare le pendenze, che a dicembre 2019 erano di 2 milioni e 400 mila procedimenti civili e 1 milione e 400 mila procedimenti penali.

Secondo il disegno del governo, per sgravare il carico dei magistrati ordinari dovranno intervenire le cosiddette «figure di supporto all’attività giurisdizionale». Tradotto: «Addetti, tirocinanti e magistrati onorari aggregati all’ufficio del processo». A loro si aggiungerà un aumento del numero dei giudici ausiliari in appello, che potranno essere impiegati anche nei procedimenti penali.

I precari della giustizia

In sostanza, il personale che dovrebbe intervenire sulle pendenze sarà composto dai precari della giustizia e in particolare dai magistrati onorari, gli stessi che in questi giorni sono in stato di agitazione contro il ministero. La bozza, infatti, parla di un «innesto straordinario» di mille magistrati onorari per la durata di tre anni, prorogabile per altri tre, che dovrebbero andare a lavorare nell’ufficio del processo dei soli uffici giudiziari maggiormente gravati da arretrati significativi nel settore civile. Il loro compito dovrebbe essere quello di collaborare con il magistrato togato nella adozione della decisione e nella stesura della sentenza. I magistrati onorari, tuttavia, hanno proclamato uno sciopero ad oltranza sia a Milano che a Palermo, perchè di fatto considerati lavoratori autonomi a cottimo: vengono pagati a sentenza e a udienza, senza alcuna garanzia previdenziale e pensionisitica, nonostante sentenza della Corte di giustizia dell’unione europea gli riconosca lo status di giudici europei e quindi con il diritto ad essere considerati dipendenti. Proprio a loro, precari da oltre vent’anni – quando la magistratura onoraria venne istituita proprio come strumento straordinario per smaltire l’arretrato e poi rinnovata di proroga in proroga – dovrebbero diventare ancora una volta l’innesto temporaneo per alleggerire il sistema.

Accanto a loro, dovrebbe aumentare anche il numero di tirocinanti, ovvero laureati che affiancano i magistrati a fini formativi senza alcuna retribuzione (salvo, a determinate condizioni, un rimborso spese massimo di 400 euro).

Nel settore penale, invece, è previsto il reclutamento di altri giudici ausiliari in appello. Questa figura, individuata per concorso, è stata istituita nel 2013: si tratta di magistrati ordinari, contabili ed amministrativi e gli avvocati dello Stato, a riposo da non più di tre anni, i magistrati onorari che non esercitino più; professori di materie giuridiche, avvocati e notai anche se cancellati dall’albo da non più di tre anni. Anche l’istituzione di questa figura, tuttavia, ha mostrato lacune legislative e dubbi di legittimità, soprattutto relativi all’inquadramento contrattuale e al ruolo rispetto ai togati.

Nonostante i fondi del Recovery, il governo punta a rimettere in sesto la giustizia con interventi di sistema come digitalizzazione e riforma del processo, ma sulle spalle soprattutto dei precari della giustizia assunti a tempo determinato.

 

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