Il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, ha aperto uno scontro con la magistratura che minaccia di rivelarsi un boomerang.

Al centro c’è il caso di Artem Uss, il cittadino russo evaso dai domiciliari il giorno dopo la notizia del sì alla sua estradizione negli Usa, dove è accusato di associazione per delinquere, truffa e riciclaggio. Uss era stato arrestato il 17 ottobre scorso a Malpensa e aveva trascorso alcuni mesi in carcere, per poi ottenere i domiciliari a Basiglio, nel milanese. Ora l’uomo si trova in Russia, dove il padre è governatore di una regione e stretto collaboratore di Vladimir Putin.

Dopo giorni di impasse del governo, irritazione del dipartimento di Stato americano e rimpalli di responsabilità tra via Arenula, palazzo Chigi e servizi di sicurezza, il guardasigilli ha scelto la strada di accusare frontalmente la magistratura, attribuendo alle decisioni della corte d’appello di Milano ogni responsabilità.

Nordio, infatti, ha avviato un procedimento disciplinare contro i giudici della corte d'Appello di Milano, incolpandoli di «grave e inescusabile negligenza» per aver sostituito la custodia cautelare in carcere di Uss con gli arresti domiciliari con braccialetto elettronico, «senza prendere in considerazione» alcune circostanze contrarie ai domiciliari, indicate nel parere della Procura generale di Milano.

In una lettera indirizzata al procuratore generale della Cassazione, che è il titolare dell’azione disciplinare nei confronti dei magistrati, Nordio ha scritto in sette punti le ragioni per cui i tre giudici milanesi - Monica Fagnoni, Micaela Serena Curami e Stefano Caramellino - si sono resi responsabili dell'illecito disciplinare.

le reazioni dei magistrati

Immediata la reazione dei magistrati e dei gruppi associativi. «Una regola fondamentale della materia disciplinare, immediata traduzione del principio della separazione dei poteri, è che il Ministro e il Csm non possono sindacare l'attività di interpretazione di norme di diritto e quella valutazione del fatto e delle prove. Sarebbe assai grave se questo limite, argine a tutela della autonomia e della indipendenza della giurisdizione, fosse stato superato», è stata la prima reazione all’Ansa del presidente dell'Anm, Giuseppe Santalucia.

L’Anm di Milano, invece, ha convocato una assemblea e dal palazzo di giustizia trapela «rabbia» e volontà di «scaricabarile sui magistrati» da parte del ministro.

La riunione ha visto la partecipazione di 170 magistrati e il giudizio è stato unanime: non è mai successo prima che un ministro sindacasse la discrezionalità di una decisione motivata dell’autorità giudiziaria. 

Di «Deriva pericolosa» e azione che «scardina il principio della separazione dei poteri» ha parlato il presidente facente funzioni del Tribunale di Milano Fabio Roia, intervenendo all'assemblea.

L'ex presidente dell'Anm Luca Poniz ha detto che «Noi tutti siamo i giudici di quel collegio, che hanno adottato quella decisione, sarei orgogliosissimo di finire sotto processo disciplinare per aver deciso come quei colleghi hanno deciso».

Armando Spataro, ex procuratore aggiunto a Milano ha detto che «nessun ministro era arrivato ad una decisione di questo tipo, neanche in passato».

Il clima è infuocato e ora i magistrati sono tutti in attesa di sentire cosa dirà Nordio alla Camera, nella sua interrogazione urgente in cui le anticipazioni della vigilia parlano della volontà del ministro di «togliersi qualche sassolino dalla scarpa».

la procedura

Tuttavia, l’iniziativa del guardasigilli rischia di essere un boomerang, più che una freccia contro la magistratura.

La procedura, infatti, prevede che il ministero possa promuovere l’azione disciplinare, con richiesta di indagini al procuratore generale presso la Corte di Cassazione. Le carte sono arrivate al Palazzaccio e, per rispetto al ministro, il pg certamente svolgerà accertamenti interni.

La possibilità che questa indagine arrivi a diventare un vero capo di incolpazione da decidersi davanti alla sezione disciplinare del Csm è molto labile. Mai prima d’ora, infatti, si è vista una azione disciplinare in cui venga sindacata una pronuncia motivata dall’autorità giudiziaria.

Non a caso, nella lettera del ministero si parla di «omissione» da parte dei giudici milanesi, a voler sottintendere che la negligenza sia da rilevarsi in una carenza. Strada stretta e difficilissima, vista anche la costante giurisprudenza del Csm sull’insindacabilità del merito dei provvedimenti giudiziari.

Con il risultato che tutto potrebbe venire velocemente archiviato. A non poter essere archiviata, invece, è quella che per i magistrati suona come una dichiarazione di guerra da parte di via Arenula.

Prima la dichiarazione di voler separare le carriere, col rischio di un pm soggetto all’esecutivo; ora la messa in dubbio dell’autonomia e indipendenza dei giudici. Gli argomenti sono sufficienti, per i magistrati, per ravvisare nell’operato del ministero la volontà di creare uno scontro tra poteri dello stato.

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