Il 28 Agosto 2020 muore in un carcere turco Ebru Timtik, avvocata turca, attivista politica, combattente per il rispetto dei diritti umani. Incarcerata dopo essere stata giudicata con un processo-farsa, aveva intrapreso un lunghissimo sciopero della fame; in sua difesa nulla hanno potuto la pressione dell’opinione internazionale e gli appelli dei singoli Stati.

David Sassoli, Presidente del Parlamento della Unione Europea, così commentò su Facebook: "Non vogliamo giustizia solo per noi, combattiamo per i diritti di tutti". La notizia è di poche ore fa. Ebru Timtik, famosa e rispettata avvocata turca, arrestata con altri colleghi dell'Associazione degli avvocati progressisti impegnati nella difesa di oppositori di Erdogan e condannata in un processo farsa, è morta dopo 238 giorni di sciopero della fame. Ebru non ha mai rinunciato, fino alla fine, al suo grido di libertà. Un grido che nella comunità internazionale tutti devono sentire, un grido che non deve passare sotto silenzio!”

Quando si ha la sfortuna di essere nelle mani di un potere autoritario o di una vera dittatura, a poco serve stare dalla parte della ragione. Il corpo è sempre più indebolito finché lo spirito vitale si riduce ad una lieve fiammella e si spegne. Rimane l’anima che risplenderà per sempre, accusando i suoi assassini.

La storia di Ebru è purtroppo simile a quella di Nasrin Sotoudeh, iraniana, anche lei avvocata che si è battuta contro la pena di morte e per i diritti delle donne, condannata a 38 anni di prigione per propaganda contro lo Stato e spionaggio. Nasrin ha intrapreso uno  sciopero della fame per sei settimane, per protestare contro le condizioni di detenzione dei prigionieri politici in Iran dopo lo scoppio dell’emergenza Covid-19: è stata ricoverata in ospedale, dimessa senza cure e incarcerata di nuovo. E’ stata costretta a interrompere lo sciopero della fame perché ormai in pericolo di vita.

Donne coraggiose che si battono per i diritti non solo delle donne, ma di tutti; donne che hanno scelto la non violenza e il sacrificio personale per far rifulgere la verità e la giustizia.

Le nostre coscienze si ribellano di fronte all’ottusa crudeltà dei regimi come quello iraniano che condannano a morte senza processo chi intraprenda la via non violenta della protesta gandhiana, il Satyagraha che in Italia conosciamo perché tante volte praticato da un politico come Marco Pannella, che tanto ha fatto e dato ai diritti umani dei cittadini italiani. Sulla scia di Pannella tanti militanti del partito radicale hanno coltivato questa forma di lotta, da Emma Bonino a Rita Bernardini, in sciopero ancora oggi per le condizioni delle persone recluse nelle carceri italiane.

In questo momento ci sono anche altre due donne coraggiose in Italia, due giudici onorari del Tribunale di Palermo, Sabrina Argiolas e Vincenza Gagliardotto, che da settimane sono in sciopero della fame, sedute ogni mattina su una panchina del Tribunale ove in oltre vent’anni di ininterrotto  servizio hanno tenuto migliaia di udienze ed emesso innumerevoli provvedimenti, per lo più gratis, perché fanno parte di quella genìa (i magistrati onorari) che secondo il Ministero della Giustizia è tenuta a lavorare senza una vera retribuzione e senza tutele di alcun genere.

Alla loro protesta in seguito si sono uniti altri colleghi, ma in questo momento vorremmo parlare di loro e della loro collega Giulia Bentley, vice procuratore onorario, malata oncologica , che è stata costretta dai medici ad interrompere la protesta. A queste donne coraggiose e non violente lo Stato italiano non ha dato risposta. Il Ministro Alfonso Bonafede non si è sentito obbligato a verificare lo stato di salute delle magistrate, che pure hanno rivolto numerosi appelli a lui e alle altre istituzioni.

Purtroppo non si sono sentiti in obbligo di dare una risposta, sebbene anche loro sollecitati, tutti gli altri politici che decidono le sorti dei cittadini e dei lavoratori.

Le dottoresse Argiolas e Gagliardotto meritano ogni attenzione da parte dello Stato che servono, che non è uno stato totalitario e sul cui territorio non dovrebbero accadere fatti del genere. Sabrina e Vincenza chiedono il rispetto dei diritti costituzionali loro spettanti come persone prima ancora che come cittadine. Chiedono di essere salvaguardate quando si recano al lavoro e non trovano protezione alcuna dal Covid, chiedono di essere tutelate se si ammalano, chiedono di essere retribuite equamente per il lavoro che svolgono.

E’ troppo in uno stato democratico? Dovrebbe essere una domanda retorica, se invece non lo è, allora forse non siamo in uno stato davvero democratico.

Chi dovranno interpellare ancora i magistrati onorari italiani perché si dia loro ascolto ?

Amnesty International?

In questi giorni davanti ai tribunali di tutta Italia si tengono flash mob organizzati dai colleghi di Sabrina, Vincenza, Giulia, Livio e di tutti coloro che si mobilitano ad ogni ora. Con una rosa rossa in mano  e la toga sulle spalle, manifestano solidarietà, abbracciati idealmente alle loro coraggiose colleghe, ormai allo stremo. Di più non possono fare.

I politici distratti e silenti, che non sono ad Ankara o a Teheran, ma a Roma, devono dare una risposta.

E anche il Presidente David Sassoli, da Strasburgo, dovrebbe dar prova di vicinanza dell’Europa a chi lotta e digiuna per i propri diritti.

Sono, in fondo, eletti per questo.

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