Alle nove di ieri mattina, le due giudici onorarie di Palermo Sabrina Argiolas e Vincenza Gagliardotto hanno preso posto su una panchina davanti al tribunale e iniziato ufficialmente lo sciopero della fame, oltre che dal lavoro d’udienza. Contemporaneamente, tutti i magistrati onorari della città sono entrati in sciopero a oltranza, contro le condizioni di lavoro e l’inerzia del ministero della Giustizia. A scatenare la protesta è stata la mancanza di tutela sanitaria durante la pandemia, che però non sarebbe altro che la conseguenza di anni e anni di precariato: «Da vent’anni – cioè dal decreto legislativo del 1998 che ha istituito la magistratura onoraria – siamo costretti a dover scegliere tra indigenza e salute» è la sintesi del problema. In Italia i  magistrati onorari sono circa 5 mila e smaltiscono attorno al 60 per cento del contenzioso di primo grado: senza di loro, oggi la macchina della giustizia - già provata dalla pandemia - rischia di fermarsi. Eppure, lo Stato li considera lavoratori autonomi, pagati sulla base della quantità di lavoro svolto e senza diritto ad alcuna tutela giuslavoristica, nonostante una sentenza dello scorso luglio della Corte di Giustizia europea ne riconosca lo status di giudici europei e li configuri quali lavoratori dipendenti.

Il covid, dunque, è stato solo la goccia che ha fatto traboccare il vaso ormai colmo. «Abbiamo visto i nostri colleghi ammalarsi di covid in tribunale – racconta Argiolas – oppure messi in quarantena perché entrati a contatto in aula con persone positive. Ma per noi la quarantena o la malattia significano che non percepiremo un euro a fine mese». A Palermo, due giudici onorari si sono ammalati di covid e uno è stato anche ricoverato in gravi condizioni: il ministero ha inviato una lettera di richiamo a entrambi, perché avevano accumulato ritardo nel deposito delle loro sentenze.

Argiolas, che è giudice onorario di tribunale da oltre vent’anni, prima faceva l’avvocato ma poi ha abbandonato la professione perché l’attività di giudice si era fatta sempre più intensa: oggi è assegnata a tre sezioni, celebra udienza tutti i giorni e svolge questa attività in modo esclusivo dentro al tribunale, a fianco dei giudici togati ma senza alcuna garanzia. Qualche anno fa, pur malata in modo grave, continuò ad andare in udienza tutti i giorni, «perché altrimenti non avrei avuto di che vivere». Per questo la scelta dello sciopero della fame non è casuale: l’istituto nasce nell’Irlanda precristiana e serviva a dare al creditore un’arma in più nei confronti del debitore inadempiente. Il creditore si metteva davanti alla sua porta e non mangiava fino a che il debitore non avesse pagato. Se fosse morto, il debitore sarebbe stato responsabile di quella morte. «Nello stesso modo, noi staremo in sciopero della fame davanti alla porta del tribunale, fino a quando il nostro datore di lavoro non onorerà il suo debito», dice Argiolas.

La protesta si allarga

La protesta di Palermo si sta allargando a molti altri tribunali italiani: Milano e anche Napoli hanno già seguito l’esempio. I giudici onorari palermitani hanno predisposto un documento che è stato inviato al presidente del tribunale e al procuratore capo, in cui hanno spiegato le ragioni dello sciopero dalle udienze e hanno ricevuto solidarietà da parte dei capi degli uffici. «Noi lavoriamo fianco a fianco, coadiuviamo i sostituti procuratori nel lavoro quotidiano – spiega Giulia Bentley, viceprocuratore onorario di Palermo – Anche l’Associazione nazionale magistrati si è espressa più volte in nostro favore, sottolineando le disfunzioni del sistema. Non esiste contrapposizione tra giudici onorari e togati, è solo nella testa di chi lavora al ministero». Solidarietà è arrivata anche dal consiglio dell’ordine degli avvocati e dalle associazioni forensi. A Palermo, un mese di sciopero dei magistrati onorari significa che rimarranno scoperti 101 ruoli, tra udienze monocratiche, convalide di arresto e udienze al giudice di pace. A Milano, invece, saranno 117. Per far fronte a questa carenza, sono stati individuati alcuni sostituti procuratori che faranno le veci degli assenti, ma questo creerà ovvi rallentamenti nel lavoro degli uffici di procura. A dimostrazione che «il lavoro della magistratura onoraria non è saltuario o accessorio, ma senza di noi la macchina si ferma - dice Bentley -. Siamo compatti nel dire che non possiamo più proseguire l’attività senza garanzie e con questi livelli di rischio per la salute».

«Serve un decreto legge»

La richiesta indirizzata al ministero della Giustizia è precisa: lo sciopero dal lavoro non si fermerà fino a quando i magistrati onorari non avranno una risposta da parte del ministro Alfonso Bonafede. Una risposta che dovrebbe tradursi in un decreto legge che risolva la situazione e dia anche ai magistrati onorari le tutele di cui godono i lavoratori dipendenti, oppure in un progetto di riforma organico che riconosca quanto stabilito dalla sentenza europea. Bonafede e la maggioranza sono stati incalzati anche dal centrodestra in commissione Giustizia al Senato. Francesco Urraro (Lega), Alberto Balboni (Fdi) e Fiammetta Modena (Forza Italia), hanno firmato una nota congiunta in cui hanno condiviso «le ragioni della astensione nei principali tribunali italiani. Condanniamo il silenzio ipocrita e colpevole del Ministro». Anche Area, il gruppo dei magistrati togati progressisti, è intervenuto a sostegno dei magistrati onorari: «Decenni di riforme della giustizia a “costo zero” hanno reso necessario il reclutamento veloce di risorse, offerte dalla magistratura onoraria. Di proroga in proroga, la situazione è divenuta insostenibile per la sempiterna precarietà, per l’inadeguatezza dei compensi e per la mancanza di qualsiasi trattamento previdenziale e pensionistico. Area è impegnata perché questa situazione non più tollerabile venga al più presto rimossa». Gli occhi, ora, sono tutti puntati su via Arenula e sul parlamento.

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