Il caso 007 rivelato da Domani non è affatto chiuso. Parlando delle due persone che, nella notte tra il 30 novembre e il 1° dicembre, sono state sorprese davanti alla villa della premier Giorgia Meloni mentre armeggiavano nei pressi dell’auto di Andrea Giambruno, il sottosegretario con delega ai Servizi, Alfredo Mantovano, ha detto che «gli accertamenti svolti per la parte di competenza dell’intelligence hanno consentito con certezza di escludere il coinvolgimento nell’episodio di appartenenti ai servizi, e che la sicurezza del presidente Meloni non è mai stata posta a rischio».

Restano però diversi dubbi. Perché le due persone sono state subito identificate come due agenti dei servizi segreti, componenti della scorta di Meloni? È stato solo un errore? Perché quelle stesse persone sono state spostate dall’Aisi all’Aise e trasferite all’estero? E poi la domanda più inquietante, quella che in molti sussurrano ma non hanno il coraggio di fare apertamente: la vicenda (gestita malissimo) è stata utilizzata per allontanare due soggetti non graditi, o peggio ancora per una resa dei conti tra i servizi?

Il caposcorta di Meloni è, anche lui, un agente dell’Aisi. Ed è il marito della segretaria personale della premier, Patrizia Scurti. Secondo Il Corriere della Sera il team di Meloni già in passato aveva chiesto l’allontanamento dei due agenti poi erroneamente (?) individuati come protagonisti del caso Giambruno.

Il furto e il repulisti

«Dell’episodio ho puntualmente riferito nella mia ultima audizione al Copasir il 4 aprile scorso», ha detto Mantovano. La versione più accreditata, una volta smentito il coinvolgimento di uomini dei servizi, è che si sia trattato di una coppia di ladri che hanno casualmente scelto un giorno nel quale la premier era all’estero per tentare di rubare la Porsche di Giambruno. O meglio, risulta a Domani, le gomme della macchina: il ricettatore finora identificato sarebbe ghiotto di pneumatici e cerchioni di fuoriserie.

Eppure è difficile capire come è stato possibile che i due ricettatori siano stati per mesi scambiati per due agenti dell’Aisi, componenti della scorta di Meloni. E che questi siano stati poi trasferiti all’estero prima che le verifiche dimostrassero il grossolano errore.

Torniamo alla notte tra il 30 novembre e il primo dicembre. Qualche settimana prima la premier ha ufficializzato, via social, la fine della sua storia d’amore con Giambruno. Il giornalista è stato colpito e affondato da alcuni fuori-onda resi pubblici da Striscia la notizia.

Verso le tre di notte attorno alla nuova casa di Meloni in zona Torrino (una residenza di 350 metri quadri con piscina, acquistata per oltre un milione di euro nel giugno 2023) tutto sembra tranquillo. La presidente è a Dubai per partecipare alla Cop28. Nei pressi dell’auto di Giambruno si muovono due strani figuri, accendono un oggetto luminoso, forse una torcia, e attirano l’attenzione dell’agente di sicurezza in servizio. É una donna. Si avvicina. Loro si presentano come «colleghi», mostrano frettolosamente un distintivo o qualcosa di simile e non vengono identificati. Gli agenti di pattuglia, che pare nopn prendano nemmeno il numero di targa, stilano una relazione sull’accaduto.

É la Digos, dunque, ad occuparsene per prima e iniziare gli accertamenti. Della vicenda vengono avvisati nei giorni successivi tutti gli apparati: il capo della polizia, Vittorio Pisani, il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, il sottosegretario Mantovano, poi l’allora capo dell’Aisi, Mario Parente, il suo numero due Del Deo, e, naturalmente, Meloni. Succedono due cose: la prima è l’avvio di una indagine della procura di Roma seguita dal procuratore capo Francesco Lo Voi.

Poi, l’identificazione (improvvida?) dei due uomini: grazie a un identikit (della poliziotta?) e alla segnalazione di un altro agente in forza alla questura di Roma vengono indicati come presunti sospetti proprio due uomini dell’Aisi.

Domani ha parlato con fonti accreditate dei vari apparati, che si rimbalzano ora le responsabilità sul pasticcio: per l’Aisi la Digos avrebbe individuato da sola i due agenti «che però erano già all’Aise», tanto che Parente sarebbe stato informato solo il 22 dicembre della vicenda. Chi ha spedito allora i due all’Aise? Secondo la ricostruzione dell’Aisi è stata una pura coincidenza: i due da tempo avevano chiesto di essere trasferiti nell’intelligence guidato da Giovanni Caravelli.

Quest’ultimo, a sentire fonti del Dis, si è visto presentarsi i due sospetti a metà dicembre 2023. Soprattutto, né Elisabetta Belloni né Mantovano avrebbero spiegato ai vertici dell’Aise i motivi dello spostamento.

Fatto sta che Digos e Aisi (e secondo qualcuno anche l’Aise) lavorano per mesi sui due, arrivando alla conclusione che i due quella notte non si trovano sotto casa Meloni. L’Aisi prende individua così un’altra pista, quella dei ricettatori. Che deve essere confermata dai pm romani.

Una spiegazione che non convince l’ex primo ministro, Matteo Renzi: «Mantovano dice che i servizi non c’entrano. Stai a vedere che anche stavolta metteranno il segreto di Stato. Voglio dire che questa cosa è incivile. Indegna di un grande paese democratico». A quello che risulta a Domani il caso potrebbe tornare nuovamente all’attenzione del Copasir. La storia è tutt’altro che chiusa.

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