Se tutto procede come previsto, in settimana dovrebbe arrivare il via libera del Quirinale e il disegno di legge sulla giustizia del ministro Carlo Nordio, che contiene l’abolizione dell’abuso d’ufficio, inizierà il suo iter in commissione Giustizia al Senato.

Il clima non è sereno: nè in maggioranza, nè nel rapporto con la magistratura. Le ultime esternazioni del guardasigilli sul concorso esterno in associazione mafiosa, infatti, hanno incrinato i rapporti con la Lega ma anche con la presidenza del Consiglio, che hanno imposto lo stop con un netto «non è una priorità», prendendo le distanze dalle posizioni di Nordio. Proprio questo potrebbe avere dei riflessi sull’iter approvativo del ddl: non è un mistero che la presidente della commissione, la leghista Giulia Bongiorno, fosse scettica rispetto alla cancellazione del reato e abbia chiesto garanzie su una “fase due” in cui sistematizzare i reati contro la pubblica amministrazione e risolvere il vuoto normativo. Inoltre sia dal Colle che dall’accademia sono arrivati segnali di perplessità rispetto alla costituzionalità del testo nella sua attuale formulazione, perchè confliggente con i trattati internazionali in materia di anticorruzione.

Il rapporto con l’Anm è altrettanto compromesso: il ddl nella forma aveva già provocato le reazioni negative del sindacato delle toghe e le polemiche dei giorni scorsi dopo gli attacchi alla categoria per le inchieste contro esponenti del governo ha fatto il resto. 

Risultato: il ddl giustizia verrà certamente modificato in parlamento. «Migliorato», dicono dalla maggioranza. Insomma il testo cambierà, che a Nordio piaccia o meno. Peserà infatti la moral suasion del Colle - che dovrà procedere al controllo di costituzionalità – e anche la necessità del governo di abbassare i toni dello scontro con il mondo della giustizia che proprio il ministro, pur col contributo della premier sul caso Delmastro, ha acceso.

Se il disegno di legge porta con sè questioni politiche e scontri, il dato di realtà è che non si tratta di una riforma di sistema ma solo una modifica settoriale, che incide poco se non nulla sui problemi più impellenti nella galassia giustizia. Problemi che vengono da lontano e non possono essere imputati all’attuale guida di via Arenula, ma che tuttavia stanno ora arrivando al pettine a causa dell’inizio dell’entrata in vigore della riforma Cartabia, che Nordio ha dovuto anticipare in alcuni aspetti del processo civile.

L’informatizzazione

Tutta la riforma Cartabia, pilastro per il raggiungimento degli obiettivi del Pnrr, si fonda su un elemento: l’informatizzazione e le nuove tecnologie che essa richiede, tanto per il processo civile che per quello penale, fino ai giudici di pace e al processo minorile.

Sembra una soluzione ovvia, soprattutto dopo gli anni di pandemia, ma dai tribunali arriva una constatazione amara: con questo apparato infrastrutturale, la riforma rimarrà lettera morta o quasi. Non tutte le aule hanno i computer, infatti, e non tutte sono state dotate del sistema audio-video per la registrazione. Senza questi strumenti è impossibile garantire soprattutto una delle previsioni della riforma: la videoregistrazione delle udienze così che, nel caso in cui muti il collegio giudicante, non sia necessario rinnovare per intero il procedimento.

Per questo alcuni tribunali hanno trovato escamotage, che però non possono essere una soluzione stabile: «A Bari queste strutture tecnologiche ancora non sono a regime e in alcuni dei processi più rilevanti abbiamo ingaggiato un perito che si occupi delle riprese», ha spiegato il giudice barese Giovanni Zaccaro. Una soluzione, questa, che però può essere solo tampone. Problemi sorgeranno anche con la norma sul deposito degli atti in via telematica.

Il termine inizialmente era stato fissato al 20 luglio, ma le proteste di avvocatura e magistratura ne hanno provocato lo slittamento di un anno. In settimana, infatti, arriverà un decreto del ministero che stabilirà la possibilità di doppio binario, lasciando sopravvivere anche il deposito cartaceo. La norma ora slittata, infatti, stabilisce che tutti gli atti tipici debbano essere depositati dagli avvocati esclusivamente sul portale telematico.

Minorenni e giudici di pace

Infine, l’ultimo allarme riguarda i procedimenti davanti ai giudici di pace e al tribunale per i minorenni. La riforma Cartabia, infatti, prevede anche per questi l’obbligatorietà del deposito telematico di atti e di provvedimenti dal 30 giugno.

L’informatizzazione, che la norma ha esteso anche ai processi in corso, però, è ancora molto indietro. Sia gli uffici del giudice di pace che i tribunali per i minorenni, infatti, fino ad oggi on avevano alcun tipo di strumento informatico per il deposito degli atti. Passare da zero a cento, dunque, ha prodotto infinite criticità. Come reso noto dall’Anm, gli stessi presidenti dei tribunali hanno segnalato che negli uffici dei giudici di pace «manca l’hardware, la mancata consegna ed adeguamento di portatili, formazione ancora insufficiente del personale». Con il risultato che, per evitare la paralisi, in alcuni tribunali la soluzione trovata è stata quella di prevedere espressamente l’autorizzazione al deposito con modalità non telematiche degli atti, disattendendo di fatto la previsione normativa, sfruttando le previsioni delle diposizioni attuative del codice, che lo prevedono nel caso in cui «i sistemi informatici del dominio giustizia non sono funzionanti e sussiste una situazione di urgenza».

Non va meglio nei tribunali dei minorenni, dove c’è stato un cambio di sistema – dal Sigma al Sicid – e questo ha provocato la difficoltà per i giudici di leggere i fascicoli e problemi di deposito degli atti, che non venivano caricati, rendendo impossibile ai giudici adempiere ai provvedimenti urgenti. Anche in questo caso – ha comunicato l’Anm – molti tribunali per i minorenni hanno autorizzato il deposito cartaceo. «Si renderà necessario un importante lavoro di bonifica dei dati per abbinare gli avvocati alle parti oltre ad ulteriori criticità collegate alla figura del curatore del minore. Operazioni complesse e dispendiose in termini di tempo. La conseguenza è che settori che riguardano minori in situazione di pericolo e fragilità oggi sono in gravissima sofferenza», ha spiegato Daniela Giraudo, consigliera del Cnf e  componente della commissione ministeriale del processo civile telematico minorile.

Criticità che fanno poca notizia ma che stanno mandando in tilt il servizio giustizia.

 

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