Si può discutere proficuamente dei fatti accaduti al porto di Catania, da cui si è originata una grave crisi diplomatica con la Francia? No. Non si può, perché nel dibattito pubblico difettano non solo circostanze fattuali, ma anche dirimenti valutazioni giuridiche che non competono direttamente alla politica e al cittadino.

Dobbiamo dunque rinunciare, dando credito all’autorevole imperativo di L. Wittgenstein: «Su ciò di cui non si è in grado di parlare, si deve tacere»? Certo che no, giacché ci mancano sì accertamenti e valutazioni, ma sappiamo da quale Autorità attenderli o pretenderli.

Il fenomeno migratorio - per cui Mare Nostrum è divenuto il più grande cimitero liquido (ad oggi ventimila vittime) - è tanto epocale quanto complesso, ma da ultimo l’attenzione si è concentrata sull’attività delle ONG. La quale può essere oggetto non di affrettati o personali apprezzamenti, ma soltanto di approfondite indagini della competente Autorità requirente.

Il dilemma centrale, ben vero, può sintetizzarsi nella seguente alternativa: non genericamente le ONG, ma questa specificata ONG - qui e ora - si è prodigata per salvare emigranti sottraendoli al naufragio, ovvero – escluso qualunque incombente pericolo - si è prestata soltanto a favorire l’emigrazione illegale?

Consideriamo i corollari.

Se i titolari delle ONG fossero stati correi o favoreggiatori di scafisti ed emigranti clandestini, perché approdando liberamente le loro navi a Catania (ONG Humanity 1 e Geo Barents) o a Reggio Calabria (Rise Above), non sono stati adottati i provvedimenti penali conseguenziali anche nei confronti dei clandestini sbarcati? E perché, invece di procedere similmente verso i responsabili della Ocean Viking, si è addirittura impedito il pur richiesto approdo (?), consentendole di raggiungere Tolone?

Se invece le ONG si fossero comportate come caritatevoli filantropi, i quesiti sarebbero più articolati. Con riferimento alla Ocean Viking, resta da accertare perché le è stato precluso l’accesso al porto siciliano e se effettivamente le Autorità francesi abbiano acconsentito o promesso, con atti formalmente inequivoci (quale non è una nota di agenzia stampa), l’accesso e l’accoglienza nei porti francesi.

Si spiegherebbe invece perché è stato consentito a tre navi di approdare in porti italiani, considerati evidentemente i più vicini e sicuri. Ma torna a sorprendere lo sbarco selettivo inizialmente disposto per le navi ONG Humanity 1 e Geo Barents e ancora di più si rivela incomprensibile come - nel giro di poche ore - tante persone, già considerate in buona salute e perfino idonee ad affrontare nuovamente un lungo viaggio per mare, siano state riclassificate "fragili” e sbarcate.

Sorge infine un articolato sospetto che soltanto la competente Autorità può e dovrebbe dissipare. In primo luogo plausibilmente si teme che - come riferiscono plurimi organi di stampa, riportando dichiarazioni rese ai massimi livelli istituzionali – l’iniziale rifiuto di fare sbarcare tutti i naufraghi sia stato disposto, soltanto od anche, per ‘convincere’ o ‘indurre’ gli altri paesi europei all’equa ripartizione degli emigranti e a dirottare lo sbarco e la prima accoglienza sulle loro coste.

Conseguentemente si argomenta che le Autorità italiane, ormai compiaciute per avere indotto o costretto la nave Ocean Viking a riparare in Francia, abbiano infine deciso di sbarcare a Catania tutti i naufraghi senza distinzione alcuna. Tale condotta integrerebbe allora il gravissimo delitto di cui all’art. all’art. 289 ter c.p. (sequestro di persona a scopo di coazione), anche nella forma del tentativo.

Ben vero, a mente della Costituzione (artt. 2, 3, 10 e 13) e delle disposizioni penali citate nonché del diritto internazionale – non è giuridicamente consentito alle nostre istituzioni pubbliche considerare libertà e dignità degli ospiti delle imbarcazioni come strumenti di negoziazione, anziché un diritto inviolabile.

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