Due settimane non sono bastate per trovare la quadra sul nome del presidente e su un programma unitario per la nuova Associazione nazionale magistrati, anzi sono servite a fare qualche passo indietro nel dialogo tra gruppi. Sabato 21 novembre, dunque, i 36 eletti entrano in assemblea con meno certezze di quelle con le quali erano usciti il 7 novembre. 

L’esito da alcuni temuto e da altri considerato inevitabile è quello di una non scelta: la proroga del presidente uscente di Area Luca Poniz, a cui affiancare informalmente 4 commissari in rappresentanza delle altre correnti. Una soluzione del genere, tuttavia, rappresenterebbe una sconfitta per chi auspicava un cambiamento radicale delle logiche che guidano il sindacato delle toghe: la certificazione dell’impasse in cui galleggia la magistratura.

Lo stallo

La situazione attuale sarebbe il prodotto di un duplice irrigidimento nei due gruppi che contano il maggior numero di eletti. Da una parte c’è Area, la corrente progressista che può contare sulla maggioranza relativa con 11 eletti: a lei spetta di indicare il presidente e il gruppo, seppur non compatto al proprio interno, ha scelto di continuare a sostenere il nome del più votato Luca Poniz, ritenendolo inscindibile dal programma. Dall’altra c’è Magistratura indipendente, la corrente dei moderati che conta 10 eletti e che chiede prima di tutto «discontinuità» rispetto all’Anm uscente. Una discontinuità che Poniz non potrebbe garantire, proprio perchè ne è stato il presidente che ha estromesso Mi in seguito al caso Palamara-Ferri. 

Il punto cardine rimane la cosiddetta “questione morale”: la nuova Anm dovrebbe essere quella del nuovo corso, che riforma gli assetti delle correnti.  Mi ha avviato nei mesi scorsi un difficile processo di rinnovamento interno e chiede che la nuova giunta riconosca pari dignità ad ogni gruppo. Poniz, invece, rappresenterebbe una figura con un passato divisivo proprio su questo. Di fatto, dunque, ogni gruppo si è arroccato sulle sue posizioni: nel corso delle settimane tutti hanno presentato il loro programma in modo molto più rigido rispetto a quanto era emerso nel dibattito del 7 novembre e nessuno sembra disposto a cedere.

Unitari contro scettici

C’è chi ancora non dispera che dalla riunione si possa arrivare a una soluzione condivisa. Unità per la Costituzione, il gruppo centrista, lavora per una soluzione di unità e chiede che le correnti di maggioranza si adoperino proprio in questa direzione: dare all’Anm una giunta unitaria e un programma comune.

Un auspicio che non trova porte chiuse, soprattutto in Mi. La segretaria, Paola D’Ovidio, ha confermato che «in questo momento una convergenza è ancora tutta da costruire», ma spera che «lo si faccia nella discussione di domani: noi lavoriamo per l’unità e io ritengo che sia ancora possibile una nuova Anm, che dia un taglio netto col passato. Non prendo nemmeno in considerazione che si esca con un nulla di fatto, ma ci vorrà il tempo per un lungo e responsabile confronto».

Chi invece non vede soluzioni sono le due correnti estreme. «Non ci sono 19 voti per Poniz e nemmeno un programma condiviso. Finirà che ognuno vota il suo capolista e un niente di fatto», si dice in Autonomia e Indipendenza, che però non drammatizza la situazione: il direttivo è organo insediato, sta funzionando con metodo confederativo con un rappresentante per gruppo e con questo assetto ha incontrato il ministro Alfonso Bonafede per discutere dell’emergenza covid pubblicando anche un documento condiviso, è il ragionamento. Tradotto: si può anche continuare così, con Poniz prorogato che sarebbe solo il portavoce collettivo. In questo modo, l’Anm tornerebbe a svolgere una funzione più sindacale e meno politica. 

Anche Articolo 101 si è sfilato dalla logica della giunta unitaria. «Non condividiamo le dinamiche politiche con cui ci si approccia alla giunta: nessuno rinuncia alle sue priorità e manca comprensione delle ragioni altrui», dice Andrea Reale. Il suo gruppo “anticorrentista” chiede l’introduzione del sorteggio nell’elezione del Csm, per rompere la dinamica clientelare. Ma su questo solo Mi ha condiviso un’apertura, con il sorteggio temperato. «Non abbiamo pregiudizi su nessuno ma servono una giunta operativa e un programma forte e di questo non si vede l’ombra», conclude Reale, scettico sull’ipotesi del presidente prorogato e dei commissari. L’Anm è un mare in burrasca, che solo un grande lavoro di diplomazia potrà provare a calmare.

 

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