Il guardasigilli, Carlo Nordio, è tra i ministri più attivi dell’esecutivo Meloni. Le linee guida del suo dicastero, presentate alle commissioni Giustizia di Camera e Senato, hanno scatenato reazioni di protesta da parte della magistratura e il ministro ha risposto a mezzo stampa con interviste sul Messaggero e Corriere della Sera, rincarando la dose.

Stando alle sue parole, il decalogo delle riforme da attuare – «anche costituzionali» – è lungo e complesso e riguarda in particolare il diritto penale, minacciando di essere divisivo per la maggioranza di governo. In concreto, invece, le indicazioni agli uffici ministeriali sono di lavorare sulle emergenze con la chiusura delle riforme necessarie per il Pnrr, sulla scia della ex ministra Marta Cartabia.

L’elenco delle riforme

Nelle interviste, Nordio ha messo sul tavolo un elenco di riforme che potrebbero cambiare la faccia dell’attuale sistema penale. La più controversa è quella sul sistema delle intercettazioni, che secondo il ministro hanno «costi alti ma portano pochi risultati». Di conseguenza andranno mantenute «per i reati di mafia e terrorismo», ma devono tornare a essere «uno strumento d’indagine e non una prova». Attualmente le intercettazioni verrebbero disposte per una sorta di automatismo, «che alla fine qualcosa ti fa trovare». Il ministro ha annunciato una stretta sulla loro pubblicazione illegittima, anticipando che manderà gli ispettori ministeriali ovunque ci sarà una fuga di notizie. Sta poi ragionando su un «nuovo modello di avviso di garanzia» e di «registro degli indagati», perché da strumenti di tutela per gli indagati si sono trasformati in «condanna mediatica anticipata».

Sul penale, poi, obiettivo è quello di riscrivere o eliminare i reati di abuso d’ufficio e di traffico di influenze illecite, di fatto ridisegnando i reati spia della corruzione. In questa direzione va anche l’altra riforma annunciata: la revisione della legge Severino, eliminando l’incandidabilità per gli amministratori locali condannati in primo grado per reati contro la pubblica amministrazione, perché così «la norma confligge con la presunzione di innocenza».

Sul fronte dell’ordinamento giudiziario, invece, le riforme maggiori riguardano la figura del pubblico ministero. Nordio non arretra sulle sue battaglie storiche come la separazione delle carriere tra magistrati inquirenti e giudicanti e introducendo la discrezionalità dell’azione penale. Soprattutto quest’ultimo passaggio ha messo in allarme i magistrati, che hanno reagito per bocca del presidente dell’Anm, Giuseppe Santalucia. Quanto al carcere, Nordio ha parlato di una sua iniziativa per «ottenere parte del tesoretto per devolverlo a polizia penitenziaria e usarlo per i detenuti» per un intervento sia sulle risorse umane che sulle strutture, anche ristrutturando caserme dismesse per separare dai condannati definitivi per reati gravi i detenuti in attesa di giudizio o condannati per reati minori.

Infine, il ministro ha annunciato l’intenzione di metter mano all’organizzazione, in particolare del settore civile, spingendo per magistrati-manager alla guida dei tribunali e imponendo un «monitoraggio costante della produttività», con dati aggregati ogni 15 giorni e dispiegamento di ispettori ministeriali per mettere a fuoco le criticità. Vaste programme, direbbe uno dei modelli di Nordio come Charles De Gaulle.

Su cosa lavora

In realtà, il clamore mediatico intorno alle parole del ministro e l’enunciazione di battaglie di sistema che hanno messo in allarme la magistratura, per ora rimarranno solo obiettivi di lungo periodo. Utili sì a disegnare il profilo di un ministro che tiene fede ai suoi orientamenti storici, anche quelli non unanimemente condivisi in maggioranza, ma non da inserire nell’agenda immediata dell’esecutivo Meloni.

Al netto delle interviste, infatti, le indicazioni arrivate ai tecnici di via Arenula fissano una road map molto meno pirotecnica e legata alle emergenze del momento: le priorità, infatti, sono l’attuazione delle riforme del civile e del penale legate al Pnrr, che vanno assolutamente messe a terra e rese operative per incontrare le scadenze fissate a livello europeo e l’efficientamento del servizio giustizia con sblocco di risorse economiche per informatizzarlo e telematizzarlo. La riforma penale è stata sospesa nella sua entrata in vigore fino al 31 dicembre ma sarà l’unico stop concesso: dopo quella data, la riforma Cartabia verrà applicata. Unico spazio concesso sul fronte delle riforme penali ex novo: Nordio intenderebbe rispettare l’impegno preso con i sindaci dell’Anci e riformare in modo rapido il reato di abuso d’ufficio, su cui non ci sarebbero particolari criticità in maggioranza, il terzo polo si è già detto favorevole e anche il Partito democratico ha dimostrato prudenti aperture. «Priorità ai temi con ricaduta economica», è l’indicazione interna.

Tradotto: il ministero della Giustizia è bellicoso nei toni ma prudente nella pratica e molto in linea con la precedente guida. Lo stesso Nordio, infatti, in un passaggio dell’intervista al Messaggero ha confermato che «la riforma Cartabia andava nella giusta direzione, noi spingeremo l’acceleratore».

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