L’opposizione gli aveva chiesto se intendesse revocare l’incarico al sottosegretario Andrea Delmastro.

Il 22 febbraio il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, ha risposto che: «È un’aspirazione velleitaria e metafisica che l’informazione di garanzia possa costituire un motivo di dimissioni. Diversamente, devolveremmo all’autorità giudiziaria il destino politico degli appartenenti all’assemblea. Oggi riguarda l’onorevole Delmastro e un domani potrebbe riguardare ciascuno di voi»; «Se la qualifica della segretezza dell’atto dovesse essere devoluta all'interpretazione della magistratura, potrebbe crearsi una problematica da risolvere in altra sede»; rivolgendosi ai giuristi: «la parola segreto non può essere interpretata in modo estensivo in malam partem, contro cioè la persona che è indagata».

Ma è di tutta evidenza che gli interroganti, lungi dall’insistere ancora sulle dimissioni sempre negate da Delmastro, intendevano spingere il Ministro a prendere posizione sulla vicenda.

La legittima ‘sfida’ dell’opposizione ha sortito un esito deflagrante. Il Ministro non solo ha difeso l’operato di Delmastro come aveva fatto già il 31 gennaio, ma se ne è assunta perfino la responsabilità tanto politica quanto giuridica, rivendicando che soltanto al suo Dicastero compete il diritto di stabilire se fossero segreti gli atti divulgati dall’indagato Delmastro per mezzo del colleg Giovanni Donzelli.

A tal punto – egli adombra significativamente - che, qualora l’autorità giudiziaria pretendesse di procedere ai sensi dell’art. 326 c.p. nei confronti del sottosegretario, egli solleverebbe conflitto di attribuzione davanti alla Corte Costituzionale.

Quid iuris? Ai giuristi non è ignoto che le norme penali non si interpretano in malam partem, ma essi sanno altresì che, in ossequio al principio della separazione dei poteri, compete soltanto all’autorità giudiziaria l’accertamento del reato di rivelazione del segreto d’ufficio, e quindi anche della sussistenza del segreto in ipotesi svelato.

É altrettanto noto che, nella misura in cui nel procedimento avviato l’indagato Delmastro si facesse scudo della copertura giuridica vistosamente ora elargitagli dal ministro Nordio, potrebbe sortirne perfino l’ampliamento soggettivo dell’imputazione originaria.

Ne seguirebbe cioè un procedimento per reato ministeriale nei confronti di Nordio, anche per non avere impedito che atti segreti ministeriali fossero illegittimamente propalati all’esterno del carcere di massima sicurezza.

Non sarebbe stato più salutare attendere l’esito dell’indagine giudiziaria? Il Ministro l’ha più volte proclamato, ma non l’ha fatto.

© Riproduzione riservata