E’ iniziato il processo d’appello per l’omicidio del carabiniere Mario Cerciello Rega, morto la notte del 26 luglio 2019 nel centro di Roma per mano di un ragazzo americano, nel corso di una operazione di recupero di uno zaino rubato a un pusher, dopo uno scambio di droga non andato a buon fine.
Il caso, che all’epoca aveva attirato una grande attenzione mediatica, continua a conservare dei punti oscuri sulla dinamica dei fatti. In primo grado infatti le ricostruzioni di accusa e difesa divergevano. Il pm aveva ritenuto che l’agire dei carabinieri fosse in linea con i protocolli e chiesto la condanna all’ergastolo per entrambi i ragazzi, sia per Finnegan Lee Elder, che materialmente aveva accoltellato la vittima e che soffre di un disturbo borderline della personalità, che per Gabriel Natale Hjorth, che al momento dell’omicidio era impegnato nella colluttazione con un altro carabiniere.

Gli avvocati, invece, avevano insistito per l’assoluzione per legittima difesa per Elder e per non aver commesso il fatto per Natale Hjorth, sostenendo che i due militari in borghese e non armati non si erano qualificati e dunque i due ragazzi li avevano scambiati per malfattori e si erano difesi. 

Inizia l’appello

Nella prima udienza d’appello è arrivata la richiesta del sostituto procuratore generale Vincenzo Saveriano: confermare l’ergastolo a Elder e ridurre la pena a 24 anni per Natale Hjorth, riconoscendogli le attenuanti generiche escluse nel rpimo grado.

Secondo l’accusa, infatti, è dimostrato che Cerciello e Varriale si siano qualificati come carabinieri: «E' lo stesso Natale a riconoscere che Varriale ha detto 'carabinieri', lo trovate nel verbale di interrogatorio davanti ai due pubblici ministeri».

Pur riqualificano la pena di Natale Hjorth, il sostituto pg ha detto che lui «sapeva del coltello, perché Elder gliel’aveva fatto vedere il giorno prima. Natale ha fatto il sopralluogo in Prati prima dell’incontro, ha organizzato tutto e ha contribuito all’azione di Elder. Quando ha sentito Varriale dire ‘carabinieri!’, come lui stesso ha ammesso, non ha fatto nulla per fermarsi, o fermare l’amico mentre accoltellava Cerciello. Se Natale si fosse fermato, se avesse detto all’amico di fare altrettanto, forse Cerciello sarebbe sopravvissuto. Invece non si è fermato».

Quanto all’attendibilità di Variale come teste, messa in dubbio dalle difese viste le imprecisioni e le omissioni immediatamente successive all’omicidio, il sostituto pg ha detto che «Varriale si e' ritrovato tra le braccia un amico collega morente» ma ha aggiunto che «Cerciello e Varriale hanno sottovalutato la situazione perche' hanno pensato ad una cosa banale. “Ma chi volete che vadano a rubare la borsa ad un poveraccio come Brugiatelli per chiedere un riscatto di 80 euro?”. Pensavano ad una quasi sorta di scherzo».

La posizione delle difese, invece, è quella di chiedere la riforma della sentenza. Nel caso di Elder per legittima difesa, in quello di Natale Hjorth per non aver commesso materialmente l’omicidio: «La nostra linea linea rimane immutata, chiediamo la riforma della sentenza di primo grado, puntiamo all'estraneità del nostro assistito nel concorso in omicidio», hanno dichiarato al termine dell’udienza gli avvocati Fabio Alonzi e Francesco Petrelli, legali di Gabriel Natale Hjorth.

I legali dei due ragazzi hanno depositato una relazione per informare che Elder si è iscritto e segue lezioni di una università americana, mentre Natale Hjorth è iscritto all'università Roma tre alla facoltà di lingue.

Il primo grado

Il processo di primo grado si è concluso nel maggio scorso con una sentenza pesantissima: condanna all’ergastolo con due mesi di isolamento diurno per omicidio volontario per entrambi gli imputati appena maggiorenni perchè il comportamento è stato «condiviso e voluto da entrambi, l’azione delittuosa inizia insieme e termina insieme», senza nemmeno riconoscere le attenuanti generiche. 

«Il vicebrigadiere Cerciello non può più riferire la sua versione, ma il suo corpo martoriato parla per lui e attesta la furia omicida di Elder», hanno scritto i giudici.

Ora comincia il grado d’appello e i difensori tornano a chiedere l’assoluzione per gli imputati, in un clima che però si preannuncia già molto teso.

Dubbi di imparzialità

Gli avvocati di Elder, infatti, hanno presentato come primo motivo di ricorso la richiesta di annullamento della sentenza di primo grado «per la violazione dei principi del giusto processo concernenti la imparzialità del giudice» e solo in subordine l’assoluzione per legittima difesa.

Secondo gli avvocati Renato Borzone e Roberto Capra, infatti, il collegio della corte d’assise avrebbe avuto un atteggiamento di pregiudizio nei confronti della difesa e di sostegno incondizionato nei confronti dei carabinieri. Per sostenerlo, scrivono che «I controesami difensivi (differentemente da quelli dell’accusa pubblica e privata) sono costellati da interruzioni, commenti, osservazioni e “puntualizzazioni” dei giudici». Per esempio, durante l’esame di un ufficiale, la presidente della corte interrompe il controesame perchè la difesa starebbe «facendo “saltare i nervi al teste” e poi si complimenterà con il teste: “Colonnello ha risposto benissimo”».

Diversa, invece, la linea difensiva di Natale Hjorth, che punta all’assoluzione perchè il ragazzo non ha materialmente commesso l’omicidio. «Non sussiste la prova oltre ogni ragionevole dubbio della esistenza di un qualche contributo condizionalistico consapevolmente fornito dall’imputato all’azione omicidiaria autonomamente posta in essere da Elder», scrivono l’avvocato Francesco Petelli e Fabio Alonzi, perchè Natale Hjorth non ha toccato la vittima e ha saputo cosa era successo solo dai racconti successivi di Elder, dopo che i due erano scappati. Gli unici elementi di prova a sostegno del concorso, secondo i legali, è una prova dichiarativa del collega di Cerciello Rega, imputato in un procedimento connesso, e «molteplici e ripetuti travisamenti della prova documentale».

Tradotto: è certo che Natale Hjorth non abbia accoltellato la vittima e l’unica prova a carico di un suo contributo esterno sono le parole di Andrea Varriale, che però nelle ore immediatamente successive all’omicidio aveva mentito sul fatto di avere la pistola di ordinanza ed è stato sottoposto a procedimento davanti al tribunale militare.

Le chat dei carabinieri

Il processo d’appello, inoltre, comincia in parallelo con un altro procedimento in cui Natale Hjorth è invece parte lesa. Subito dopo l’arresto, infatti, ha iniziato a circolare nella chat dei carabinieri la sua fotografia, mentre lui era tenuto ammanettato dietro la schiena e bendato dentro una caserma, in violazione di ogni norma sulla detenzione. L’immagine, che ha fatto il giro del mondo vista la risonanza internazionale del caso e ha provocato non pochi imbarazzi nell’arma, è diventata oggetto di un nuovo procedimento penale a carico del carabiniere Fabio Manganaro, accusato di abuso di autorità per aver sottoposto Natale Hjorth a una misura di rigore non prevista dalla legge.

Roma. La foto di Gabriel Christian Natale-Hjorth, sospettato per l’omicidio del carabiniere Mario Cerciello Rega, legato e bendato

Nel corso di questo processo sono state depositate alcune chat tra carabinieri, in cui i militari si lasciano andare a frasi come «Squagliateli nell'acido», «ammazzateli di botte», «fategli fare la fine di Cucchi». Secondo gli estratti pubblicati da alcuni quotidiani, emerge che i superiori avevano capito che la situazione era rischiosa: «Eh ci vogliono lasciare mezz'ora in stanza con loro a noi che siamo in tre...Però ha detto che poi rischiamo di fare cazzate quindi non vogliono che si alzino mani», scrive uno. Le incitazioni, però, sono inequivocabili: «Ammazzateli più che potete». 

Nelle chat, emerge anche il racconto dei fatti accaduti in caserma: «Appena lo hanno portato al reparto operativo ho buttato uno schiaffo a uno, poi mi hanno fermato i colleghi. E nel frattempo buttavo io le ginocchiate sul petto». Queste chat sono state ritenute rilevanti per comprendere il contesto, ma nessuna delle frasi è riferibile all’imputato Manganaro. Tuttavia, l’Arma ha fatto sapere che avvierà procedimenti disciplinari, nonappena gli atti con i nominativi saranno resi disponibili.

Non esistono legami tra questo procedimento e il secondo grado per omicidio, sottolineano i difensori di Natale Hjorth, dunque non ha senso mettere in relazione di due diversi procedimenti penali. Tuttavia, nell’atto di appello, viene chiesta l’inutilizzabilità dell’interrogatorio reso dal ragazzo dopo il bendaggio, perchè il trattamento avrebbe influito «sulla sua libertà di autodeterminazione e sulla capacità di ricordare o di valutare i fatti».

L’esito dell’appello è incerto: i giudici della corte d’assise d’appello dovranno rivalutare la ricostruzione dei fatti e le conclusioni a cui era arrivata la corte d’assise, ma anche prendere in considerazione la richiesta di annullamento della sentenza di primo grado dei legali di Elder. 

L’esito dell’appello è incerto: i giudici della corte d’assise d’appello dovranno rivalutare la ricostruzione dei fatti e le difese dovrebbero chiedere anche il sopralluogo sulla scena del crimine, per mostrare la presenza di una telecamera le cui immagini registrate non sarebbero mai entrate nel fascicolo d'indagine.

 

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