Roberto Rossi ha un passato nel Consiglio superiore della magistratura, in quota Area, corrente progressista delle toghe. Oggi è, invece, procuratore capo a Bari dopo aver svolto, il ruolo di sostituto e poi di aggiunto.

Procuratore Rossi, il suo ex collega, ora ministro della Giustizia, Carlo Nordio, dice che con la separazione delle carriere le toghe saranno libere da correnti, la convince il ragionamento?

Assolutamente no. Ribaltando il ragionamento creiamo un parlamento che viene nominato con il sorteggio così è libero dai partiti; la democrazia ha i suoi limiti, ma le alternative sono peggiori. Inoltre, il Csm negli ultimi due anni ha nominato il 70 per cento dei suoi dirigenti all’unanimità, il parlamento non riesce a nominare i giudici costituzionali, per questo aboliamo la democrazia parlamentare? Per quanto riguarda la separazione delle carriere, in quasi tutti i paesi del mondo dove è in vigore, i pm sono sotto il potere politico. Per questo l’obiettivo finale è portare il pubblico ministero sotto l’esecutivo minando il principio di autonomia della magistratura.

Nordio si spinge oltre, sostiene che perorava la separazione delle carriere prima di Berlusconi ed era in compagnia di un gigante, Giovanni Falcone, esagera?

Giovanni Falcone non ha mai detto di essere favorevole alla separazione delle carriere, ero lì ad assistere a quel discorso. Lui era per la professionalizzazione del pubblico ministero, un pm che deve essere formato a saper fare le indagini, quell’intervento non può essere strumentalizzato per portare avanti un duro attacco alla democrazia.

Dove non è riuscito Silvio Berlusconi riesce Nordio: sarà per questo che il governo delle destre ha scelto un magistrato per portare a casa la riforma da sempre cavallo di battaglia anche di Licio Gelli?

Guardi, Licio Gelli ha avuto il ruolo di finanziatore della strage di Bologna, era un nemico della democrazia e dell’equilibrio tra i poteri. Mi auguro che le sue idee di giustizia non diventino riferimento per nessuno.

Il legislatore, negli ultimi due anni, ha introdotto nuovi reati e non ha avviato la promessa depenalizzazione, come sta cambiando la giustizia?

In peggio. Le priorità sono altre, ma non vengono affrontate. La maggior parte dei processi viene rinviato per difetto di notifica, basterebbe modificare la norma per introdurre la notifica digitale in tutti i casi, la depenalizzazione auspicata avrebbe un effetto positivo eliminando alcuni reati e diminuendo i carichi di lavoro. Bisogna investire nei processi d’informatizzazione e smetterla di dire che i magistrati non lavorano, abbiamo dati chiari sui nostri standard, siamo i più produttivi d’Europa.

A proposito di informatizzazione, la nuova applicazione App non funziona, Giusi Bartolozzi, già magistrata e deputata forzista, oggi capo di gabinetto al ministero, ha bacchettato le toghe, è colpa vostra?

Questa App ha dimostrato falle e si è rivelata inadeguata, basta leggere i provvedimenti dei capi degli uffici per capirlo. Noi abbiamo scoperto che ci sono procedimenti che passano dal pm al gip, ma poi spariscono e ricompaiono dopo giorni. A me non sembra un modo giusto per digitalizzare e migliorare l’offerta di giustizia. Pensi che il ministero ci ha chiesto di verbalizzare a mano i verbali delle udienze e poi di scannerizzarli, viaggiamo tra l’età della pietra e la modernità.

Lei è procuratore capo a Bari, coordina la distrettuale antimafia che si occupa della ignorata per anni e pericolosa mafia foggiana, ci racconta se avete personale e mezzi adeguati?

In generale debbo dire che lo stato nella sua complessità, forze dell’ordine e magistratura, ha fatto uno sforzo enorme per combattere il crimine organizzato foggiano raggiungendo risultati enormi, c’è un ma...

Quale?

La mafia vive ad esempio di corruzione, di false fatture, di operazioni inesistenti, di reati fiscali; allora se non vengono introdotte norme serie che combattono l’evasione fiscale la mafia continuerà a crescere. La procura ordinaria deve mettere in atto una guerra contro la criminalità economica mentre la distrettuale antimafia deve contrastare quella organizzata altrimenti il rischio è di fare un lavoro a metà.

Si parla di uno scudo per le forze dell’ordine, da non iscrivere nel registro degli indagati, è il primo passo per sostanziare la fine dell’obbligatorietà dell’azione penale?

Ingolfare le procure di tanti procedimenti fa bloccare l’intero sistema, l’effetto non è tanto di scegliere tra uno e l’altro reato, ma di bloccare la giustizia. Nel merito non entro, l’iscrizione nel registro degli indagati è uno strumento a tutela della persona indagata, è ovvio che sia un fastidio per chi lo subisce, ma l’alternativa è fare indagini senza le garanzie previste dalla legge. Non è uno scudo, è un danno. Mi sembra sia un tentativo di strizzare l’occhio alle forze dell’ordine, ma è controproducente.

Procuratore, si ha come l’impressione che ormai per corruzioni, abusi di potere e traffici di interessi illeciti ci sia uno scudo e si miri a reprimere piccolo spaccio e reati predatori, è l’impressione?

Le scelte del legislatore non le contesto, certamente c’è un’attenzione enorme alla sicurezza urbana, ma rischia di diventare uno specchietto, se non abbiamo strumenti per fare i processi. Le faccio un esempio. Il governo ha introdotto l’interrogatorio preventivo, così l’indagato per furto denunciato da una persona ha il tempo di minacciare chi ha avuto il coraggio di segnalarlo alle forze dell’ordine, questa è sicurezza?

Il prossimo passo è riformare le intercettazioni, individua un rischio?

Se si dovesse introdurre la normativa che riduce i giorni per intercettare, salvo con proroghe molte complicate, la stragrande maggioranza delle indagini anche antimafia non sarà più eseguibile. La mafia foggiana e suoi complici saranno contenti.

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