La scelta del magistrato di Cassazione, Carlo Renoldi, al vertice del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria sta scatenando polemiche contro la ministra della Giustizia, Marta Cartabia.

Al centro dello scontro sono le posizioni del magistrato sull’ergastolo ostativo e l’antimafia, considerate inaccettabili da Movimento 5 Stelle, Lega e – dall’opposizione – da Fratelli d’Italia, che è arrivata a chiedere il ritiro della proposta di nomina.

Al centro della polemica ci sono alcune dichiarazioni di Renoldi, che nel corso di un dibattito sul carcere nel 2020 si è espresso in termini favorevoli alla modifica del 41 bis e ha criticato «l’antimafia militante arroccata nel culto dei martiri», che ricorda solo la risposta repressiva e dimentica che «l’affermazione della legalità non può essere scissa dal riconoscimento dei diritti».

Queste parole hanno suscitato la durissima reazione di un inedito asse tra Lega, Movimento 5 Stelle e Fratelli d’Italia.,

I contrari

I parlamentari M5S della commissione Antimafia hanno scritto che «La possibile nomina di Renoldi alla guida del Dap ci preoccupa e ci lascia interdetti» perchè «Al Dap crediamo che sia necessaria una figura che abbia come priorità la conservazione e la valorizzazione degli strumenti ideati dai nostri martiri, come Falcone, Borsellino, e molti altri, e che abbia massima attenzione per il difficile e massacrante lavoro della polizia penitenziaria. Basta con le picconate continue e inesorabili al 41bis».

Parole simili a quelle della responsabile Giustizia, Giulia Bongiorno, secondo cui «desta perplessità la scelta di affidare un incarico così delicato, anche per il messaggio che ne deriva, a chi ha assunto posizioni, anche pubblicamente, che hanno sollevato un vespaio di polemiche nel fronte dell'Antimafia».

Sulla stessa lunghezza anche Fratelli d’Italia, il cui responsabile Giustizia Andrea Delmastro  ha chiesto che la ministra «ritiri la proposta di Renoldi a capo del Dap. Dopo le rivolte carcerarie che hanno devastato i nostri istituti, dopo le costituzioni di parte civile del Ministero contro gli agenti che hanno sedato le rivolte e mai contro i detenuti che hanno saccheggiato gli istituti penitenziari, manca solo la nomina a capo del Dap di un magistrato che ha sempre contrastato il carcere duro per i mafiosi per dare l'idea della resa della Stato».

Il muro del ministero

Fonti del ministero fanno sapere che la ministra non ha alcuna intenzione di tornare sui suoi passi su una nomina che, ricordano, è di tipo fiduciario. Il capo del Dap, infatti, è un dirigente di un dipartimento del ministero, la cui nomina passa attraverso il sì del consiglio dei ministri ma che è di appannaggio della Guardasigilli.

Tuttavia, Renoldi ha ritenuto di far pervenire una lettera a via Arenula, nella quale spiega meglio le sue posizioni e si rammarica delle polemiche in seguito alla pubblicazione delle frasi del convegno del 2020. «Nessuno, men che meno io, può avere intenzione minimamente di sottovalutare la gravità del dramma della mafia», costato la vita a tanti «servitori dello Stato e non ho mai messo in dubbio la necessità dell'istituto del 41bis». Però, ricorda Renoldi, la piaga della mafia non può «far dimenticare che in carcere sono sì presenti persone sottoposte al 41bis, ma la stragrande maggioranza è composta da altri detenuti. A cui vanno garantite carceri dignitose, come ci ha ricordato il capo dello Stato».

In materia di ergastolo ostativo ha ricordato poi che «le sentenze delle Alte Corti devono interrogarci su quali risposte dare e il Parlamento lo sta facendo, alla ricerca di una strada per tenere insieme uno strumento oggi ancora indispensabile, come l'ergastolo, e i principi dell'umanizzazione della pena e del trattamento rieducativo».

Le conseguenze

Lo scontro sulla nomina mette in luce un contrasto che continua a covare dentro la maggioranza.

La ministra Cartabia ha individuato in Renoldi, ex magistrato di sorveglianza e quindi conoscitore delle carceri e toga progressista di Magistratura democratica, un interprete della sua stessa visione del carcere.

Movimento 5 Stelle, Lega e Fratelli d’Italia, invece, si sono saldati proprio nell’antagonismo forte alla riscrittura delle norme sul carcere ostativo, resa però indispensabile da una pronuncia della Corte costituzionale.

Il paradosso è che che tutti i partiti si sono ritrovati nell’approvazione del mandato al relatore per portare in parlamento la riforma del carcere ostativo, mentre si sono divisi sulla nomina di un magistrato che proprio in questa riforma crede.

Quali siano le conseguenze concrete è difficile dirlo, ma potrebbero riguardare un rallentamento dell’approvazione della riforma in parlamento. 

 

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