«Qui ballano milioni», dice al telefono Ninni Sciacchitano, commercialista e consulente della regione per valutare i risultati della pubblica amministrazione. La sanità in Sicilia è di nuovo travolta da uno scandalo giudiziario. L’ennesimo. La procura di Palermo, l'indagine è condotta dalla Guardia di finanza, ipotizza l’esistenza di una cupola affaristica che ha messo le mani su gare dal valore di 130 milioni di euro.

I soldi sono chiaramente pubblici, gli interessi e gli utili sono privati, lo schema prevedeva ditte amiche, aggiudicatarie degli appalti e professionisti che orientavano le assegnazioni così come la formazione delle commissioni aggiudicatrici. Gli indagati sono 22, coinvolti a vario titolo per corruzione, turbata libertà degli incanti, turbata libertà nel procedimento di scelta del contraente, emissione e utilizzo di fatture per operazioni inesistenti.

Per dieci sono state disposte misure cautelari, due persone sono finite agli arresti domiciliari, dopo l’interrogatorio di garanzia, altri cinque hanno il divieto di dimora e l'obbligo di firma, mentre per altri tre è scattato il divieto temporaneo di esercitare impresa. L’indagato di spicco è un noto commercialista palermitano, Ninni Sciacchitano, finito ai domiciliari, incaricato di valutare le performance della pubblica amministrazione sull’isola, e due suoi collaboratori.  

Per la procura, guidata da Maurizio de Lucia, il manager avrebbe guidato un comitato d'affari che pilotava gli appalti della sanità siciliana per più di cento milioni di euro a imprenditori amici, in cambio di mazzette. Con il noto commercialista palermitano è finito ai domiciliari il faccendiere Catello Cacace.

Le fiamme gialle hanno filmato diversi passaggi di denaro e due settimane fa hanno fatto scattare una serie di perquisizioni. In una di queste Sciacchitano è stato trovato con quasi 50mila euro nel suo studio. Tra i suoi ruoli quello di componente del collegio sindacale dell'ospedale Civico e dell'Asp di Palermo, consulente dell'Asp di Caltanissetta per le problematiche contabili oltre che presidente di valutazione dei manager della sanità pubblica.

Mazzette travestite

Orientare le gare, controllare le commissioni e la scelta dei componenti ha chiaramente un costo: le mazzette. Ai manager pubblici sarebbero state date e promesse tangenti di importi rilevanti collegati al valore delle commesse e, talvolta, mascherate da accordi di consulenza. Quello delle consulenze è un metodo ormai rodato, consente agli indagati di provare a giustificare le condotte con prestazioni fatturate. 

Resta, in attesa dell’esito giudiziario della vicenda, il tema gigantesco di conflitti d’interessi tra il ruolo pubblico e i soldi incassati dai privati che concorrono alle gare. Un cortocircuito che ha come effetto la lievitazione dei costi e lo sfascio del sistema pubblico. «A chiare lettere nelle intercettazioni - scrivono i pm - Giovanni Cino (un imprenditore indagato, ndr)  e Sciacchitano hanno manifestato l'intenzione di farsi lautamente remunerare per questa attività di intermediazione, parlando della corresponsione da parte di Polygon di 200.000 euro a testa e dell'intenzione di questi ultimi di remunerare con 10.000 o 20.000 euro Silvio Cuffaro (fratello dell’ex governatore, Totò), dirigente dell'assessorato, per l'assistenza prestata, facendogli pervenire le somme tramite Vito Raso».

Nel febbraio 2023 la Polygon, però, è stata acquisita da parte di un fondo internazionale e l'operazione è naufragata. 

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