La magistratura è un corpo strutturalmente sano nonostante i noti fatti di cronaca e il conseguente senso di sfiducia e di sgomento diffuso nell’opinione pubblica.

Recuperare la credibilità della funzione giurisdizionale e restituire autorevolezza alla magistratura e ai singoli magistrati nel contesto politico e sociale attuale è l’unica strada percorribile.

Unità per la Costituzione ha già iniziato un percorso di profondo rinnovamento non limitandosi ad un’operazione di facciata come testimoniato dalle modalità di individuazione dei propri candidati al Csm.

Riaffermati, dunque, i principi di indipendenza ed autonomia da ogni altro potere il nuovo Csm dovrà svolgere il ruolo che la Costituzione gli assegna rispondendo, con i fatti, alle istanze di trasparenza, chiarezza e speditezza delle decisioni consiliari operando una netta discontinuità, su alcuni aspetti, rispetto al precedente.

Tali esigenze dovranno essere soddisfatte, innanzitutto, nell’interesse di tutti i soggetti che richiedono l’intervento dello Stato sia per la risoluzione delle controversie civili, sia per l’intervento punitivo.

Questo impone che i componenti togati, innanzitutto, in concordia con la componente laica, stabiliscano regole generali, oggettive e predeterminate, unanimemente condivise al fine di affrontare la soluzione efficace delle questioni derivanti, anche, dalla recente riforma “Cartabia”.

In particolare in materia di:

- illeciti disciplinari che non possono e non devono essere contestati senza una precisa descrizione del fatto e dunque in violazione del principio di legalità e tassatività

- riorganizzazione dell’ufficio del pubblico ministero (con particolare riferimento all’approvazione del Progetto organizzativo) al fine di evitare il pericolo di “gerarchizzazione” delle procure

- valutazioni di professionalità dei magistrati da gestire in modo tale da incoraggiare il più possibile il ricorso a criteri oggettivi

- il passaggio dalla funzione requirente a quella giudicante e viceversa, con il rischio correlato, che apre surrettiziamente, alla separazione delle carriere

- esigibilità dei carichi di lavoro, non potendosi banalmente “pesare” o “contare” la funzione giurisdizionale

- la modifica del Regolamento interno del Csm che prescrive che i componenti effettivi della Sezione disciplinare non possano comporre le Commissioni per il conferimento degli incarichi direttivi e semidirettivi; per le valutazioni di professionalità e per le incompatibilità di cui all’art. 2 legge Guarentigie.

-  questione delle incompatibilità di cui all’art. 2 legge Guarentigie.

A tale proposito appare necessario una seria e profonda riflessione sull’istituto, e sull’applicazione fatta dall’attuale Csm, del trasferimento d’ufficio ai sensi del citato art. 2 al fine di valutare la sua tenuta costituzionale in relazione all’art. 107 della Costituzione.

Occorre, poi, che il Csm solleciti Governo e Parlamento ad adottare una seria depenalizzazione essendo sotto gli occhi di tutti l’inefficacia delle misure c.d. deflattive che hanno, per contro, aggravato il carico degli uffici giudiziari.

Nel settore civile appare opportuno tesaurizzare l’esperienza positiva riscontrabile nell’istituzione delle sezioni delle imprese che hanno dato prova di elevata capacità in termini di resa di giustizia.

Ulteriore argomento è quello della c.d. ultradecennalità nelle funzioni, che impone al magistrato, ormai padrone dei meccanismi procedurali e affinata la conoscenza del diritto sostanziale trattato, di cambiare funzione in ragione di una non meglio asserita esigenza di evitare sacche di rendita e/o parzialità.

Al di là di una chiara disparità di trattamento con altre funzioni - si pensi al giudice del lavoro o al magistrato di sorveglianza, per i quali tale istituto non opera - appare evidente che così facendo si disperde la professionalità acquisita nel corso degli anni, a sicuro detrimento della logicità, omogeneità, intellegibilità e speditezza delle decisioni, ciò che, con termine ormai abusato e che io detesto, l’Europa ci chiede.

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