Con sentenza del 24 giugno 2013 il tribunale di Milano condannava Silvio Berlusconi per i reati di concussione e per avere compiuto atti sessuali con una minore infradiciottenne.

La decisione analizzava criticamente le numerose deposizioni dei testi escussi e all’esito disponeva la trasmissione dei relativi verbali al procuratore della Repubblica, per le valutazioni di sua competenza.

Accogliendo l’impugnazione proposta da Berlusconi, la corte d’appello di Milano, con sentenza del 18 luglio 2014, lo assolveva da entrambe le imputazioni, confermando analiticamente le valutazioni espresse dal giudice di primo grado quanto alla prova testimoniale, salvo che su un punto attinente all’imputazione ex art. 600 bis, 2° c.p.: «Ciò che tuttavia non è provato è che egli conoscesse la vera età della ragazza già in precedenza, in occasione delle serate di cui all'imputazione» (pag. 312). Con sentenza 10 marzo 2015 la Suprema Corte rigettava il ricorso proposto dalla procura generale di Milano, non ravvisando alcuno dei vizi denunciati nell’interpretazione (anche) della menzionata prova testimoniale.

Ricevuti i verbali delle deposizioni testimoniale trasmesse dal tribunale di Milano, la Procura esperiva azione penale nei confronti dei testi e di Berlusconi, addebitando loro i delitti di falsa testimonianza e corruzione in atti giudiziari. Ma con sentenza del 15 febbraio il tribunale li assolveva perché il fatto non sussiste.

In attesa di leggere la motivazione, le ragioni delle decisioni si possono ricavare dall’ordinanza emessa il 3 novembre 2021, con cui lo stesso collegio ha dichiarato l’inutilizzabilità delle deposizioni rese da numerose imputate come postulato dai difensori, e dalla sintesi motivazionale fatta pubblicare dal presidente del tribunale di Milano.

In breve – si assume - essendo state indagate dalla procura già nel corso del procedimento di prime cure, le imputate non potevano legittimamente rivestire l'ufficio pubblico di testimone perché sostanzialmente indagate di reato connesso. Inoltre, se il soggetto che si assume corrotto non può qualificarsi come pubblico ufficiale manca un elemento costitutivo del delitto corruttivo.

Le criticità

Sono evidenti le criticità di tali argomentazioni. A seguito della sentenza della Cassazione, la ricordata pronuncia della corte d’appello è passata in giudicato, coprendo non solo il dedotto ma il deducibile, sul piano tanto sostanziale quanto procedurale.

Qualunque sia il loro valore intrinseco, le obiezioni sollevate dai difensori e accolte dall’ultima sentenza del tribunale non furono eccepite nel corso del pregresso giudizio. Dove, anzi, proprio contando sulla legittimità delle deposizioni testimoniali, Berlusconi appellò vittoriosamente soltanto per reclamarne una diversa e più favorevole interpretazione.

In altri termini, rappresentando tra l’altro quelle deposizioni il ramo su cui poggia l’assoluzione dal reato di cui all’art. 600 bis, 2° c.p. proclamata in accoglimento dell’appello, egli non può ora rimetterle in discussione senza violare il giudicato.

Per altro, in subordine, è forse opportuno rammentare che, qualunque indagine sia stata svolta in primo grado dal pm in ordine alle persone poi escusse e alla veridicità delle loro deposizioni, il reato di falsa testimonianza presuppone che essa sia stata formalmente resa, per cui in sua mancanza non si può essere tecnicamente indagati ex art. 372 c.p.: trattandosi di reato di pericolo a consumazione istantanea, esso è incompatibile perfino con il tentativo.

Non avrebbe senso sentire come indagata ex art. 372 c.p. una persona citata come teste prima che essa renda la propria testimonianza. E niente esclude che - come ritualmente avviene nel processo civile da parte dei privati - informazioni siano legittimamente assunte dalla procura, al solo fine di verificare e di fare emergere, già in sede di escussione dibattimentale, l’attendibilità sostanziale del teste, come è di fatto avvenuto ortodossamente nel giudizio di merito.

Infine, non sembra accettabile che una decisione di merito (“il fatto non sussiste”) consegua ad una così opinabile causa di mera invalidità procedimentale.

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