«Anche gli ultimi accertamenti non hanno modificato la nostra prima ricostruzione, secondo cui Impastato si è tolto la vita». Lo ha dichiarato uno degli ufficiali dei carabinieri che partecipano alle indagini. I carabinieri sono convinti che l’unica pista «seria e conducente» sia quella del suicidio
Su Domani prosegue il Blog mafie, da un’idea di Attilio Bolzoni e curato insieme a Francesco Trotta. Potete seguirlo a questa pagina. Ogni mese un macro-tema, approfondito con un nuovo contenuto al giorno in collaborazione con l’associazione Cosa vostra. Per un mese pubblichiamo ampi stralci della “Relazione sul Caso Impastato”, elaborata dal Comitato della Commissione Parlamentare Antimafia della XIII° Legislatura, sull’uccisione di Peppino Impastato
«Per quanto riguarda le indagini di primo tempo io ed io soltanto ritengo di essere il più rappresentativo per gli investigatori di quel momento. [...] le indagini di primo tempo che ho svolto e di cui sono responsabile per intero è di quelle che io definisco complete, avvedute, tormentate» (dall’audizione del generale Antonio Subranni al Comitato «Impastato» in data 16 novembre 1999).
La concordanza tra quanto dichiarato dal Travali alla Commissione e quanto la Vitale raccolse dalla viva voce del Liborio consente di individuare nella stessa mattinata del 9 maggio un momento particolare delle indagini, segnato dalla scomparsa del reperto, raccolto dal Liborio e consegnato ai carabinieri, e dal conseguente «silenzio» degli atti della polizia giudiziaria circa l’esistenza di tracce di sangue all’interno del casolare e circa il ritrovamento della pietra insanguinata.
Un silenzio che, come si vedrà, va coniugato sia al «piantonamento» del casolare effettuato da carabinieri (non appartenenti alla stazione di Cinisi) sia alla successiva resistenza dei militari a prendere atto dell’avvenuto ritrovamento da parte degli amici dell’Impastato di altre tracce di sangue all’interno del casolare.
Un silenzio che va inoltre coniugato con la divulgazione giornalistica di notizie volte a sminuire la portata dei ritrovamenti di tracce ematiche e ad esaltare la vocazione suicida e terroristica di Giuseppe Impastato.
Un silenzio, infine, che trova riscontro nelle dichiarazione rese al giudice istruttore dal maggiore Subranni, quando il processo aveva nettamente imboccato la via dell’omicidio.
Ancora in data 25 novembre 1980 l’ufficiale «conferma» a Rocco Chinnici il suo rapporto giudiziario del 10 maggio, con la seguente testuale precisazione «nel momento in cui ho redatto il rapporto non erano state ancora rinvenute le macchie di sangue all’interno del casolare...». L’assunto del Subranni sembra trovare un riscontro formale nelle risultanze degli atti ma, come si è visto, resta nettamente smentito dalla ricostruzione degli accadimenti finora svolta:
Il primo rapporto del comandante del reparto operativo porta la data del 10 maggio, liquida la tesi dell’omicidio usando come chiave interpretativa di un presunto gesto terroristico e suicida il contenuto di uno scritto reperito nel comodino della camera da letto di Impastato.
È lo stesso Subranni, in sede di audizione, a fornire una spontanea spiegazione di tanta tempestività: «Il mio primo rapporto datato 10 maggio, cioè il giorno successivo al decesso di Impastato: sto parlando, ovviamente, delle indagini di primo tempo, non dell’inchiesta giudiziaria. Si tratta, quindi di un rapporto fatto a distanza di un giorno e adesso a tanti anni di distanza mi chiedo come ho fatto a redigerlo in così breve tempo: evidentemente ero divorato dall’ansia di venirne a capo, c’era un clima particolare, storico, di terrorismo...».
Dopo l’intervento di Ideale Del Carpio, il Pubblico Ministero Scozzari effettua il sopralluogo il 13 maggio. Fino a quel momento, secondo plurime fonti, i carabinieri sebbene avvertiti dell’esistenza delle tracce ematiche avevano rifiutato di constatarne l’esistenza.
Successivamente a tale data, e precisamente nel rapporto giudiziario n. 2596/12 del 30 maggio 1978 il maggiore Subranni riferisce gli esiti di indagini delegate dal Pubblico Ministero Signorino l’11 maggio.
Come è stato ampiamente chiarito dall’audizione del procuratore Martorana, dopo l’intervento di Del Carpio e la conseguente ispezione di Scozzari la Procura sembra orientata ad approfondire l’ipotesi dell’omicidio e decide di delegare urgenti indagini sul contenuto di un esposto di persone vicine all’Impastato in cui la tesi dell’omicidio era apertamente prospettata.
Il rapporto giudiziario in questione non dedica neanche una parola alla richiesta di accertamenti sulla provenienza dell’esplosivo (a dispetto dell’esplicita delega sul punto).
Quanto alla tesi omicidiaria – oggetto dell’esposto a firma Barbera ed altri, su cui la procura aveva chiesto indagini urgenti –, prescindendo completamente anche dagli spunti investigativi conclamati dal- l’ispezione Scozzari nella casa abbandonata, il Subranni, tra l’altro, scrive: «...I residui motivi sui quali si basa l’ipotesi di omicidio, sostenuta dai compagni di Impastato, sono riferiti a due circostanze. La prima è che Impastato Giuseppe era uscito alle ore 20,15 dalla sede della radio Aut di Terrasini e non aveva raggiunto la sua abitazione di Cinisi ove erano giunte lo stesso giorno 8 maggio sua zia e la di lei figlia provenienti dell’America. La seconda è che Impastato avrebbe ricevuto lettere di minaccia. [...]. Relativamente alle lettere di minaccia [...] non risulta che in casi di «scomparsa» (e ce ne sono molti, moltissimi) ad opera della mafia, le vittime designate abbiano avuto (magari!) lettere minatorie. [...] se si volesse insistere in un’ipotesi delittuosa (non corroborata finora da alcun serio elemento), bisognerebbe concludere che Impastato Giuseppe è stato ucciso (in maniera laboriosa) da persone o ambienti comunque diversi dalla mafia o dalle SAM [acronimo di Squadre armate Mussolini]. [...] Dalle ulteriori indagini svolte e dalle risultanze di cui si è parlato si ritiene che siano stati acquisiti altri univoci elementi che confermano l’ipotesi già prospettata secondo cui Impastato Giuseppe si sia suicidato compiendo scientemente un attentato terroristico, così come si ritiene che non sia emerso alcun serio elemento che conduca ad una diversa conclusione. F.to. Il maggiore comandante del reparto. Antonio Subranni».
Gli articoli di stampa sulle macchie ematiche.
Se vi fu una politica di ridimensionamento dell’importanza della scoperta di tracce di sangue nella casa rurale di contrada Feudo situata a pochi metri dal luogo dell’esplosione essa indubitabilmente si attuò – al di fuori delle pagine processuali – anche attraverso la diffusione di notizie orientate in tale direzione. Il già richiamato articolo del Giornale di Sicilia del 15 maggio 1978 sembra confermare pienamente questa ipotesi.
L’articolo si apre con una affermazione virgolettata: «Anche gli ultimi accertamenti non hanno modificato la nostra prima ricostruzione, secondo cui Impastato si è tolto la vita». E prosegue: «lo ha dichiarato uno degli ufficiali dei carabinieri che partecipano alle indagini per fare luce sul giallo di Cinisi cominciato all’alba di martedì scorso quando Giuseppe Impastato, 30 anni, candidato alle elezioni di Democrazia Proletaria, saltò in aria insieme con 6 centimetri di binario ferroviario, ucciso dall’esplosione di cinque chili di tritolo».
«I carabinieri sono convinti che l’unica pista “seria e conducente” sia quella del suicidio [...] In Procura è stato già consegnato un rapporto che proverebbe la tesi. Gli investigatori dell’arma hanno tenuto anche a sottolineare come poco conducente sia un’altra pista, quella delle macchie di sangue trovate in una stalla poco distante dal luogo in cui avvenne l’esplosione. Le macchie sono oggetto di perizia, se si trattasse del sangue dell’Impastato la dinamica dei fatti verrebbe ricostruita in modo ben diverso: non vi sarebbero dubbi sull’omicidio. Ma in proposito gli investigatori hanno detto di avere trovato accanto a quelle macchie degli assorbenti igienici femminili e sono convinti che l’indagine ematologica non sposterà il “quadro” già delineato».
Questo pezzo intitolato «Una pioggia di querele per il “giallo” di Cinisi – sfuma la pista delle macchie di sangue» è pubblicato dal quotidiano palermitano senza la firma del suo autore. È del tutto superfluo osservare che ogni particolare descritto nel verbale dell’ispezione dei luoghi condotta dal pubblico ministero Scozzari era coperto dal segreto istruttorio mentre va sottolineato che il magistrato adottò perfino specifiche modalità nella stesura del verbale «sottoscritto da tutti gli intervenuti all’atto e per la parte che ciascuno riguarda, dandosi atto che soltanto tale parte è stata a ciascuno letta».
Il successivo martedì 16 maggio 1978 il quotidiano «Il Giornale di Sicilia» pubblica un altro articolo, anche questo non firmato, intitolato «Cinisi – Lo sconvolgente “testamento” di Impastato, il candidato D.P. dilaniato dal tritolo – “Medito sulla necessità di abbandonare la politica e la vita”».
In esso, tra virgolette, il testo, sostanzialmente integrale, del manoscritto rinvenuto dal brigadiere Carmelo Canale nell’abitazione di Impastato. Manoscritto, secondo l’articolista, ricostruito «nelle sue linee essenziali» con l’aiuto dei compagni di Impastato, «con le frasi che ricordano». Annotazione quest’ultima che, se ritenuta accettabile, evidenzierebbe una circostanza nuova: la conoscenza da parte di terzi dell’esistenza e del contenuto del manoscritto in questione..., (come sembra doversi desumere anche dalla testimonianza della zia convivente).
Bartolotta Fara, il 7 dicembre 1978, dichiara infatti al giudice istruttore: «Confermo che mio nipote negli ultimi tempi era sereno e tranquillo; era anche contento perché l’attività politica gli dava soddisfazione. Sono a conoscenza di una lettera da lui scritta parecchio tempo prima, in un momento in cui non era d’accordo con alcuni del suo partito. So che in detta lettera, che io conoscevo, egli manifesta molta sfiducia e il proposito di suicidarsi. Escludo nel modo più assoluto che mio nipote avesse avuto dei propositi suicidi».
Rocco Chinnici non verrà mai a sapere dell’esistenza di un’altra stesura del manoscritto oggetto del suo interesse.
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