Su Domani prosegue il Blog mafie, da un’idea di Attilio Bolzoni e curato insieme a Francesco Trotta. Potete seguirlo a questa pagina. Ogni mese un macro-tema, approfondito con un nuovo contenuto al giorno in collaborazione con l’associazione Cosa vostra. Per circa un mese pubblichiamo ampi stralci del decreto di archiviazione dell’inchiesta “Sistemi criminali”, della Procura della Repubblica di Palermo, del 21 marzo 2001.


Ancor più ampie ed articolate, e nondimeno convergenti, sono le dichiarazioni rese da Tullio Cannella, soggetto che – come è noto – ha operato per anni a fianco di Leoluca Bagarella, per di più nel periodo cruciale della stagione stragista del ’93, del la quale Bagarella è stato assoluto protagonista.

Peraltro, Cannella è stato tra i fautori, sempre con il Cagarella, dell’esperienza politica del neonato movimento “Sicilia Libera”, che costituì proprio una delle manifestazioni del più recente progetto secessionista di Cosa Nostra.

In riferimento a quell’esperienza, Cannella ha precisato che la genesi di “Sicilia Libera”, fondata nel 1993, in realtà affondava le proprie radici in un ben più ampio piano strategico, il cui contenuto egli apprese personalmente da Bagarella e da altri uomini d’onore (Filippo Graviano, Iano Lombardo, Vincenzo Inzerillo, Cesare Lupo). Si riportano alcuni brani dell’interrogatorio del 28 maggio 1997:

Ciancimino mi disse che il progetto di “Sicilia Libera” costituiva una attuazione di una strategia politica che lui tramite l’appoggio e l’apporto ideativo di Provenzano negli anni precedenti tramite la “Lega Meridionale” o qualcosa di simile (non ricordo bene il nome del movimento politico indicato da Ciancimino). Aggiunse che a questo progetto aveva collaborato fortemente la ‘ndrangheta calabrese. Specificò al riguardo: “devi sapere che la vera massoneria è in Calabria e che in Calabria hanno appoggi a livello di servizi segreti”. Queste dichiarazioni di Ciancimino mi fecero comprendere meglio perché si era tenuta a Lamezia Terme la riunione di cui ho riferito in precedenti interrogatori, e alla quale partecipai personalmente tra esponenti di “Sicilia Libera” e di altri movimenti leghisti o separatisti meridionali, riunione alla quale erano presenti anche diversi esponenti della Lega Nord. Ricordo che alla riunione in questione erano presenti, fra l’altro, esponenti di un movimento indipendentista della Campania, di “Basilicata Libera”, della “Lega Italiana”, di “Calabria Libera” e di altri analoghi movimenti. In questa riunione presero, fra gli altri, la parola un esponente della Lega Nord, di cui in questo momento non ricordo il nome, un giovane sui 33-34 anni, alto, di corporatura media, di capelli castano chiari; questa persona faceva parte del direttivo della Lega Nord e mi pare di ricordare che aveva una carica pubblica; egli si trovava a Lamezia già da due giorni (non so se avesse pernottato in albergo o in una casa privata).

Costui disse che gli interessi della Lega Nord e quelli dei movimenti del meridione coincidevano. Si doveva dare all’esterno una sensazione dell’antagonismo fra la Lega Nord e i movimenti del sud, ma in realtà si doveva agire di concerto per realizzare la divisione politica dell’Italia tra Nord e Sud. In esito a questa riunione si decise che tutti i movimenti del sud si dovevano unificare in un’unica lega: la “Lega Mediterranea”.

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Il movimento "Sicilia Libera" era solo uno dei momenti di una complessa strategia politica e criminale della quale sono stato messo al corrente da Bagarella nel periodo in cui ho avuto occasione di frequentarlo, proprio perché mi associò a questo progetto.

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A D.R. Ho appreso nel 1993 da altri esponenti di Cosa Nostra, e tramite i miei rapporti con esponenti politici di alto livello, che vi era stata una grande preoccupazione nell’ambiente politico e nell’ambiente imprenditoriale ad alto livello, per ciò Giovanni Falcone e Paolo Borsellino avevano appreso nel corso delle loro indagini. Vi era stato il timore che ex esponenti della Procura palermitana arrivassero ai vertici delle istituzioni. In particolare, che l’On. Giuseppe Ayala arrivasse al Ministero degli Interni, che il dott. Giovanni Falcone fosse nominato Procuratore alla Procura Nazionale Antimafia e il dott. Paolo Borsellino in un ruolo di vertice nella Procura della Repubblica di Palermo. Questo temuto progetto si riteneva possibile perché alcuni esponenti politici di vertice erano considerati “nelle mani” di Giovanni Falcone, il quale era a conoscenza dell’accordo che in passato Martelli aveva stretto con Cosa Nostra. Le stragi di Capaci e di Via D’Amelio si inserivano in una strategia più complessa, che poi proseguì nel 1993 con le stragi al Nord, e con l’attività di costituzione di movimenti leghisti al Sud.

Le stragi al Nord erano finalizzate a distrarre l’attenzione dal problema di Cosa Nostra in Sicilia, e a creare un clima propizio per addivenire in quel momento in tempi più brevi alla separazione dell’Italia fra Nord e Sud.

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A D.R. Per quanto riguarda i movimenti leghisti e indipendentisti, la posizione all’interno di Cosa Nostra era articolata. Alcuni come Bagarella erano tutti proiettati, in un primo momento, sul progetto separatista. Altri, come i Graviano e Provenzano, pur coltivando lo stesso progetto, ritenevano tuttavia che si trattasse di un progetto che richiedeva tempi lunghi di attuazione e che quindi, pur non abbandonando il progetto, bisognasse nell’immediato trovare una soluzione politica che, in attesa del maturare delle condizioni per l’attuazione della strategia separatista, desse risposta alle esigenze più impellenti e immediate di Cosa Nostra, e cioè i processi, i magistrati, i pentiti e il carcere. Per questo motivo, i Graviano e Provenzano, pur continuando a coltivare il progetto separatista, si impegnarono e profusero le loro energie per favorire ed appoggiare l’affermarsi di un nuovo partito politico e cioè Forza Italia. Anche Bagarella in un secondo momento, dopo essersi impegnato esclusivamente per “Sicilia Libera” si rese conto che si trattava di un progetto di lungo periodo e che nell’immediato invece bisognava appoggiare Forza Italia e candidati del Polo da noi contattati i quali dovevano assumere impegni ben precisi.

Ribadisco tuttavia che l’appoggio a Forza Italia non determinò l’abbandono della strategia separatista che continuò ad essere coltivata perché questa strategia costituiva il punto di arrivo e la soluzione finale dei problemi di Cosa Nostra e dei suoi alleati e sterni. Lo stesso Bagarella si rese conto, anche a seguito dei miei consigli, che la soluzione politica immediata di favorire l’affermazione di Forza Italia avrebbe consentito in forza degli impegni che erano stati assunti di risolvere i problemi carcerari di molti uomini d’onore, i quali sarebbero tornati sul territorio rinforzando le fila dell’organizzazione e potendo così profondere loro energie per l’attuazione della strategia separatista.

La soluzione politica immediata, inoltre, avrebbe consentito di frenare il fenomeno dei collaboratori e avrebbe agevolato le comunicazioni fra gli uomini d’onore in carcere e l’esterno.

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