La crisi che stiamo vivendo non lascia più spazio per scelte opportunistiche. Chiama la classe dirigente del Paese, la politica e le forze sociali, a un salto di qualità, per allineare l’Italia alle esperienze più avanzate d’Europa. Per un modello di sviluppo nuovo, fondato sulla collaborazione fra stato e mercato. Chiama la politica e le forze sociali a un patto, o a una sfida, per un’Italia migliore.

La politica deve impegnarsi a portare pubblica amministrazione, istruzione e ricerca, infrastrutture ai livelli dei migliori paesi europei. Deve riformare la tassazione in modo da incoraggiare i fattori produttivi (il lavoro, gli utili reinvestiti) e scoraggiare la rendita. Deve intervenire per ridurre le nostre anomale disuguaglianze – di genere, geografiche e generazionali – che non sono solo ingiuste ma impediscono di sviluppare il potenziale delle persone, e quindi del Paese. Deve investire sull’ecologia e la sanità, che sono anche settori ad alta innovazione e che creano benessere. Ed è il Partito democratico che, per le sue radici nel Paese e per la sua vocazione, deve farsi carico di tutto ciò.

Da notare: sono politiche in gran parte diverse da quelle del passato, dal ricettario neo-liberale che infatti non ha risolto i nostri mali. Quella stagione sembra al tramonto, in tutto l’Occidente (per fortuna). La politica deve capire anche questo. E dovrebbero capirlo le forze sociali.

Chi fra gli imprenditori pensa che per crescere bisogna continuare con i tagli indiscriminati delle tasse, o della spesa, o che bisogna comprimere i diritti dei lavoratori (magari con l’occasione del nuovo codice degli appalti o dei rinnovi contrattuali), non fa che riproporre l’illusione di poter competere sui costi e non sulla qualità, un’illusione che negli ultimi decenni ci ha solo resi più poveri.

Gli imprenditori devono impegnarsi invece per investire e innovare (e lo Stato deve aiutarli in questo). Una strada più difficile, certo, ma è questo il bello di fare impresa.

Un esempio concreto. In Italia com’è noto c’è una forte presenza di piccole e medie imprese. Sono specializzate in settori a medio-basso contenuto tecnologico, che soffrono per questo la concorrenza delle economie emergenti. E proprio perché piccole, fanno fatica a innovare. Ecco perché sono fondamentali gli incentivi fiscali per le fusioni e per gli utili reinvestiti, specie se su tecnologie green, che questo governo ha ripreso e rafforzato.

Forse ancora più utile è la proposta, che il Partito democratico ripete da tempo ma senza suscitare interesse in Confindustria, di adottare il modello tedesco per la ricerca applicata: una rete di istituti pubblici, la Fraunhofer Gesellschaft, che opera in sinergia con le imprese private per la trasmissione e l’applicazione di conoscenze. E che consentirebbe in Italia di mettere a sistema le università e i centri di ricerca con le piccole e medie imprese, aiutando così a superare uno dei problemi storici del nostro capitalismo.

Più in generale, l’impresa deve capire che è nel suo stesso interesse avere un’amministrazione e una giustizia efficienti. E che lo stato non è un nemico, ma un prezioso alleato.

Ma il potenziamento della pubblica amministrazione, con un grande piano per l’assunzione di almeno mezzo milione di persone, come pure la messa a terra delle risorse stanziate per la scuola e la sanità, deve farsi insieme e con l’aiuto dei sindacati, altrettanto indispensabili. Lo stesso vale per la riforma del welfare, per renderlo più giusto e inclusivo, di cui pure si sono poste alcune basi proprio in questi mesi.

Alziamo lo sguardo dalle polemiche di cortile. Dove va l’Europa, dove va il mondo? Il futuro è di chi riesce a unire lo sviluppo con l’ambiente e i diritti sociali. Oltre a quella sanitaria, è questa la grande sfida su cui si misura la nostra classe dirigente, in questa fase storica. Su cui ci giochiamo tutti il futuro.

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