Il 9 maggio 1950 Robert Schuman, ministro degli Esteri francese, pronuncia la Dichiarazione che istituisce la prima “Assemblea Comune” europea, anticipa i successivi trattati di natura più economica, e introduce l’idea di un’autorità sovranazionale, indipendente dai governi europei. Per questo il 9 maggio è divenuta la data della festa dell’Europa – della sua virtuale unione politica.

Domenica 9 maggio, il parlamento europeo di Strasburgo ha riaperto, dopo la chiusura pandemica: e lo ha fatto solennemente, con l’inaugurazione della Conferenza sul futuro dell’Europa. L’ha promossa Emmanuel Macron, il presidente di uno degli stati membri dell’Unione europea. Eppure questa Conferenza è virtualmente la prima grande consultazione che l’Unione europea apre alla sua cittadinanza: chiamando tutti noi, cittadini europei di qualunque nazionalità, a esprimerci direttamente su come vogliamo questo futuro, che cosa non funziona nell’Ue attuale, quali iniziative vanno approvate dal parlamento e dal Consiglio, promulgate dalla Commissione (l’esecutivo europeo) e implementati dai governi degli stati europei.

Un’occasione unica

È davvero incredibile che questo evento, che pure poteva seguirsi su numerosi canali digitali, non abbia tutt’oggi quasi alcuna copertura mediatica: tanto più che può rappresentare la piccola luce della ragione pratica nell’affrontare quelle terribili questioni che invece giustamente occupano le prime pagine dei giornali.

Prima fra tutte la ripresa della pressione migratoria, sull’Italia in particolare; la questione della gestione della medicina, pandemica e non, di cui s’è vista l’inefficienza dovuta alla mancata competenza sulle decisioni a livello federale (ma anche il moltissimo che quel poco di unità raggiunta ha significato per i cittadini europei, noi per primi); le notizie terribili sul fronte geopolitico, che vedono ovunque l’arbitrio di poteri illegittimi o autocratici – dai terroristi di Kabul alla cacciata degli arabi israeliani dalle loro proprie case a Gerusalemme, alle imprese liberticide del governo cinese alle iniziative assassine degli autocrati russo e turco, alla disastrosa gestione delle coste libiche – nel silenzio di un’Europa che manca di una politica estera europea. E infine, proprio in Europa e nell’attuale summit del suo Consiglio, a Oporto, l’inesorabile ripresa della logica degli interessi particolari delle nazioni. Che rischiano di compromettere addirittura la gestione armoniosa del Next generation Eu: l’inizio dell’unione fiscale europea, condizione indispensabile del passaggio a una vera Federazione europea, di cui abbiamo bisogno come del pane, delle cure, della pace.

«La piccola luce della ragion pratica»: no, non è affatto enfatica né retorica l’espressione. Perché spetta a noi, cittadini d’Europa, di trasformarla nella grande voce della democrazia e delle sue ragioni, vale a dire delle nostre: in un vivo, appassionato dibattito. Spetta a noi: e a noi si sono rivolti, dal proscenio del parlamento stesso, i protagonisti di questa inaugurazione della Conferenza sul nostro futuro. A cominciare dal presidente del parlamento europeo, David Sassoli, che chiede il nostro contributo per liberare finalmente la nostra Unione dall’impotenza politica: superando la regola dell’unanimità che blocca le decisioni cruciali di interesse comune con il veto anche di un singolo stato membro. Già questo – così semplice – sarebbe un passo enorme nello spostamento dei rapporti di forza e buon diritto fra la logica di una vera Unione e la logica dei compromessi fra i vari, miopi e locali interessi dei governi e dei loro politici-politicanti. Cose simili hanno detto la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen e il presidente attuale del Consiglio, il primo ministro portoghese Antonio Costa. L’Ue si basa su una carta di sei valori: e il quinto si chiama Cittadinanza. È quello che meglio rappresenta il pensiero di Altiero Spinelli, che – altro colpevole silenzio – nessuno ieri ha ricordato, e che nel 1949, in un suo fondamentale scritto Dagli Stati sovrani agli Stati Uniti d’Europa, suggeriva ai re del mondo di allora la via che miracolosamente fu intrapresa, che la pandemia e il mutamento degli equilibri del mondo ha riaperto. Ma noi come faremo a esercitarlo, questo potere democratico che abbiamo, se addirittura non sappiamo di averlo? E il presidente Macron, che ha detto? Ebbene: che la République l’ha proprio ufficialmente organizzata, una consultazione dell’intera cittadinanza francese, attraverso i mezzi, digitali e no, della sua amministrazione. E Draghi, che avrebbe tutti i grandi d’Europa ai suoi piedi, cosa fa per farci decidere il futuro di quell’Europa nuova senza il quale, come lui stesso ha detto, non c’è futuro per l’Italia? E cosa fa il segretario del Pd, europeista fervente? Dove, come, potremo finalmente fare udire le nostre voci? Se non ora, quando?

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