- A Kabul stiamo disperatamente cercando di espiantare i lasciti umani del regime impiantato negli ultimi decenni con il sostegno dell’occidente.
- Dalla fine del Settecento, abbiamo fissato alcuni princìpi ritenuti “autovidenti” perché inerenti agli esseri umani come tali, uguali per tutti, validi ovunque. Da allora siamo andati precisandoli, estendendoli, e dunque universalizzandoli.
- Oggi il tragico inferno dell’areoporto di Kabul e ora delle strade cittadine ci impone di ridisegnare i confini del tollerabile e decidere gli strumenti d’azione.
A Kabul stiamo disperatamente cercando di espiantare i lasciti umani del regime impiantato negli ultimi decenni con il sostegno dell’occidente. Evacuiamo il personale della società civile e dell’apparato pubblico. Intanto noi siamo impegnati a discutere – meglio, a disquisire – se sia lecito, possibile, auspicabile, “esportare la democrazia”. Il che ci costringe a definire che cosa essa sia. Abbiamo avuto solo un paio di secoli per appurarlo, e ora occorre sbrigarsi. Dalla fine del Settecento –



