La mia settimana è iniziata col pagamento di 1.086 euro di multe prese nel 2015. Quando giravo per Milano con una 500 e usavo la fantasia al parcheggio. Non apprezzavano la mia creatività i vigili urbani, che nel giro di un mese me ne hanno date cinque nelle stessa via. Tutte dalle 23 in avanti, per bere un drink al Pinch, locale in cui passavo a fine serata, e che oggi se ci penso m’è costato quanto un tavolo al Cavo Paradiso di Mykonos.

Pagherete caro, pagherete tutto anche dopo otto anni è il mantra che mi ripeto mentre sono in coda al bar-ricevitoria sotto casa. «Non ha fatto la rottamazione?», mi chiede un signore sui sessanta davanti a me che acquisterà cinque Turista per sempre. Due ultimi pensieri mi sovvengono prima del mio lascito. Frequento troppi stylist e nessun commercialista. E la frase che diceva Inge Feltrinelli: «Alle feste si arriva come un elefante e si va via come una libellula». Non sono a una festa, ma vorrei volare via da qui.

Ore piccole

La frase dell’editrice è il leitmotiv di questa settimana. C’è il Salone del mobile, non si contano gli eventi, solo io ne avrò una decina al giorno. «Non vado agli inviti nei negozi, solo a cene placé», commenta Lavinia Fuksas. Ognuno ha il suo metodo. Io vado solo dai pierre o architetti amici. Quindi l’idea è assicurarsi che chi ti deve vedere ti veda, e poi andare all’appuntamento successivo senza farsi notare.

Il problema è che quando alle feste mi diverto, sono io che fatico a lasciare la compagnia. Sono elefante fino all’uscita. L’altra sera dopo aver lasciato il party di Ikea organizzato da Paride Vitale, dopo aver brindato col capo dei creativi Marcus Engman, riso con Herbert Ballerina e Geppi Cucciari, e raccolto le confidenze della moglie di un artista, mi sono diretta in largo Treves al party d’inaugurazione dell’opera Dry Days, Tropical Nights dell’artista Agostino Iacurci, la più fotografata della settimana.

La festa era iniziata quattro ore prima col duo Colapesce e Dimartino e pure Dardust, ma visto l’orario del mio arrivo, non li ho visti. Il mio karma però aveva deciso che la serata non si sarebbe interrotta lì: ho incontrato l’amico producer Stefano Govi che stava andando al Republic per la festa del collettivo di galleristi Matta, ex di Massimo De Carlo e Pace Gallery.

«Vieni», ed eravamo già in cammino con due gin tonic per mano. Nella transumanza c’erano anche altri amici tra cui l’artista Iacurci, e per strada ho incontrato perfino un vecchio flirt. Non so che cosa volesse dirmi il karma, ma mi sono ricordata che quando ho preso una delle multe del 2015 ero con lui. Maledetto.

Imbucati seriali

«Chi l’ha fatta entrare alla festa?», chiede Paride Vitale a una sua assistente, riferendosi a un’imbucata che lui reputa maleducata. «Non sono stata io», mi precipito a dire, visto che ero nella traiettoria del suo sguardo, e la conosco. Mezz’ora dopo, al terzo gin tonic, riferisco l’accaduto all’amico Alessandro Santi, collaboratore di Vitale appassionato d’arte, che si allarma: «La poetessa Patrizia Valduga ha declinato l’invito quando ha saputo che avrebbe cantato Miss Keta. Dice che la sua voce la irrita. Mi ha chiesto se al suo posto potesse venire un’amica scrittrice. Sarà mica lei?». No, non è lei. E mi perdonino gli interessati se confido questo momento privato, ma da quando sono andata su Google per capire chi sia la poetessa Valduga rido solo al pensiero dell’accostamento tra lei e l’imbucata. In ogni caso, so chi l’ha fatta entrare, ma lo tengo per me.

L’hai mai fatta l’Ayahuasca?

Da sempre al Salone la festa di Toiletpaper è tra le più originali, studiata in ogni dettaglio da Pierpaolo Ferrari, ideatore del magazine, insieme all’artista Maurizio Cattelan. E Paride Vitale, che dalla prima ora organizza con loro la creatività dell’evento. Tra le conversazioni migliori di questa edizione ci metto quando Iacurci ha raccontato a Rosa Fanti, moglie di Cracco, di aver dipinto la scuola elementare del paese da cui lei proviene, Sant’Arcangelo di Romagna, durante il Covid: «Me l’aveva chiesto la sindaca per dare il bentornato ai bimbi». Ringrazio la festa anche per essermi goduta l’incontro tra il rapper Tony Effe con Lavinia Fuksas, quando lei ha esclamato. «Ma noi andavamo a scuola insieme», e lui ha chiesto: «Quale scuola?». Intanto, a fine serata, mentre Eros Galbiati mi spiegava cos’è e perché aveva fatto l’Ayahuasca, sentivo Tony Effe commissionare un murales nella sua casa di Milano a Iacurci. Che dopo una serie di successi e l’istallazione del Salone, svetterà verso l’Olimpo degli artisti. Chiamalo scemo Tony Effe.

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