Le elezioni amministrative di ieri e oggi potrebbero rivitalizzare il centrosinistra. Tutto sembra favorire i suoi candidati nelle grandi città. Anche a Torino, data per persa fino a luglio, il Pd tornerebbe a essere il primo partito davanti alla Lega. Se ciò avverrà ci sarà una resa dei conti a destra di cui si sono visti i segnali premonitori con le scintille tra Meloni e Salvini.

La destra ancora una volta dimostra di non avere una classe dirigente locale degna di questo nome. Ha vinto molte regionali solo perché si tratta di elezioni simili a quelle nazionali, dove voto di lista e di opinione contano più che i candidati. Ma appena si guarda alla performance dei loro presidenti/governatori (o sindaci), il bilancio è pietoso. È proprio di questo che vive il Pd: della certezza di essere il migliore a governare a tutti i livelli. Vero ma non basta, né per vincere le prossime politiche (costruite sul voto polarizzato e clientelare); né per rinnovarsi e guidare l’Italia. Ecco il motivo per cui Draghi è costretto a governare da solo.

Poche infatti le novità di queste consultazioni malgrado l’importanza delle città al voto: oltre al fenomeno Carlo Calenda a Roma (da vedere come si posizionerà in futuro), nelle coalizioni di centro-sinistra c’è Democrazia solidale, la lista della società civile e dei diritti sociali.

I candidati da tenere stretti

La cosa migliore sono i candidati sindaci come Sala, Gualtieri, Manfredi, che il centrosinistra farà bene a tenersi stretti, oltre a quelli dell’establishment Pd come Lepore o Lo Russo: se vinceranno, faranno bene il sindaco. Ma una classe dirigente dignitosa da sola non risolve il problema della coalizione se si vogliono vincere anche le prossime legislative. Serve una visione politica che oggi non c’è. Dentro il Pd nazionale ferve solo la competizione attorno al Quirinale e alla segreteria.

La medesima cosa avviene nei partiti più piccoli che, pur ostili al Pd, vivono le medesime idiosincrasie. Quasi nessuno lavora sui grandi orizzonti come la giustizia sociale, le disuguaglianze, lavoro e povertà, migrazioni o politica estera mediterranea e africana. Siamo ancorati a una sinistra impaurita dalle sfide epocali, troppo prudente e intimidita dalle destre.

Ci si spende solo per i diritti civili, una scelta modesta. La vittoria nei comuni potrebbe ridare dinamicità alla compagine, se avesse il coraggio di compiere un salto, uscendo finalmente dalle stanche procedure di un ceto politico locale cooptato e autoreferenziale.

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