Chi da noi aveva fatto la Resistenza armata, di cui l’Anpi è la principale erede, scrisse nella Costituzione della Repubblica che l’Italia ripudia la guerra. Ripudiare, per la Treccani, significa «non riconoscere più come proprio qualcosa che pur è nostro (o lo era fino a quel momento)». Non riconobbero più come proprio uno strumento che avevano usato, anche se grazie anche quello avevano vinto.

La Resistenza non è stata solo guerra, ma anche scioperi operai, boicottaggi, disubbidienza civile e tante altre cose.
Ripudia la guerra «come strumento di offesa e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali».
In Costituzione, l’unica guerra prevista è quella di difesa in caso di attacco armato al nostro paese: «La difesa della Patria è sacro dovere del cittadino».
Chi ha fatto la Resistenza sapeva che la guerra fa schifo sempre e comunque e in tutte le guerre pagano i civili e gli innocenti.

Mia madre mi ha sempre detto di avere fatto la staffetta partigiana. Mai mi disse di avere combattuto. Dagli archivi storici ho scoperto, dopo la sua morte, che è stata gappista, e i gappisti erano quelli che la guerra la facevano in città, colpendo i nazisti e i fascisti dove e come possibile.
I partigiani non sono mai stati fieri di aver dovuto sparare ad altri esseri umani. Per questo hanno usato il verbo “ripudiare”.

La Costituzione dice anche che l’Italia «consente in condizioni di parità con gli altri Stati alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia tra le nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo».
L’Onu fu inventato da chi aveva fatto due guerre mondiali e sconfitto il nazismo. Doveva prevenire le guerre, essere anche la polizia del mondo.

Come nella vita civile: se subisco una aggressione, non sta a me inseguire i colpevoli imbracciando un fucile: c’è qualcuno delegato a farlo al posto mio, e in teoria secondo regole e vincoli stringenti.
Tutto questo percorso, questo importante tentativo di civilizzazione dei conflitti (non le regole di guerra, ma proprio conflitti espressi e gestiti senza combattere), una delle più importanti conquiste dell’umanità, è sparito nel dibattito pubblico. Da anni, e da molte guerre fa. Con la guerra in Ucraina è stato definitivamente seppellito dal dibattito politico. E pare anche con soddisfazione, quasi con sollievo.

Troppi sono contenti, di essere tornati alla forza bruta come misuratrice e operatrice di giustizia.
È un modo in fondo assai semplice di risolvere i problemi. Hai un problema? Risolvitelo. Il terreno di gioco? Quello imposto dall’aggressore. Se lui ti spara, spara anche tu. E io ti aiuto a sparare meglio, perché sei dalla parte della ragione.
Seguendo questa logica, l’unico modo per essere sicuri, in un mondo pieno di tensioni e di interessi sporchi e di follia, è armarsi fino ai denti tutti e tutte, ed essere pronti tutti e tutte in ogni momento a mandare i propri figli a morire.

Raffaella Bolini, di Arci, pone una domanda: «Manderei mio figlio a morire per difendere il mio paese, la mia città o persino la mia casa? Non pensate all'Ucraina, scrive, pensate al vostro paese, alla vostra casa. Ai valori che ritenete giusti. Quelli per cui forse vi sacrifichereste voi.

Ma la domanda non riguarda voi - perché ciascuno e ciascuna, della vita sua, può fare ciò che vuole. Riguarda i vostri figli. Voi sareste pronti davvero? Se non rispondete sì, c'è un problema. Perché mandare a morire i figli degli altri e delle altre è troppo semplice».

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