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Cosa ci dice l’episodio di antisemitismo a Torino sui pregiudizi atavici che resistono

  • Se ragazzini di undici anni possono dire ad un loro compagno «colpevole» di indossare la kippah «Ebreo, un tempo ti avremmo bruciato» dobbiamo amaramente constatare la fine di quella che venne definita la moratoria di Auschwitz, che aveva reso tabù l’odio antiebraico. 
  • Una deriva che interroga a fondo un intero impianto pedagogico scandito da giornate della memoria, commemorazioni, viaggi ad Auschwitz, tutti elementi che, evidentemente, non sono stati capaci di sedimentarsi in un affetto.
  • Partendo da considerazioni sull’opera del filosofo ebreo Vladimir Jankélèvitch, comprendiamo come sia necessario legare la Shoah alla sotria dell’antisemitismo europeo.

L’inquietante episodio degli insulti riservati ad un ragazzino ebreo dai suoi coetanei, riferito dal presidente della Comunità ebraica di Torino Dario Disegni, rivela, purtroppo, il punto di banalizzazione della Shoah a cui siamo giunti. Se ragazzini di undici anni possono dire ad un loro compagno «colpevole» di indossare la kippah «ebreo, un tempo ti avremmo bruciato», ci si chiede, come sottolinea Disegni stesso, «dove sentano certe cose e quale sia il ruolo delle famiglie». Riscontrando a

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