Un utilitaristico calcolo elettorale, unito al desiderio di occultare l'esito catastrofico del vertice europeo con i suoi alleati sovranisti che hanno bocciato il progetto di una equa distribuzione dei migranti, hanno spinto Giorgia Meloni a un'ardita (eufemismo) analisi della rivolta delle banlieue che stabilisce un'assonanza tra i barconi del Mediterraneo e la Francia che brucia. Ieri, in un'intervista al Corriere della Sera, ha testualmente detto: «Le immagini che arrivano dalla Francia da un lato rischiano di rendere il tema (dell'immigrazione, n.d.r.) ancora più critico, dall'altro mi auguro aumentino la consapevolezza sulla posta in gioco. Soltanto un'immigrazione gestita e regolare può generare integrazione. L'alternativa è la separazione e la radicalizzazione delle terze e quarte generazioni».

L'età media dei manifestanti, dati ufficiali del ministero degli Interni di Parigi, è di 17 anni, il 30 per cento degli arrestati sono minorenni. Tutti nati in Francia, quindi cittadini francesi, figli, nipoti o addirittura bisnipoti, di magrebini, africani o mediorientali arrivati dagli anni Sessanta in poi perché reclamati a gran voce dalle grandi fabbriche che avevano bisogno di lavoratori. Un fenomeno analogo alle migrazioni interne dal sud al nord Italia. Chi doveva “regolare” trovò utile importare manodopera a basso costo a onore e gloria del “trentennio d'oro” economico francese, così viene definito, che arriva sino agli anni Novanta. Seguendo, ed esasperando, il concetto della Meloni, forse l'auspicio era che quelle braccia di cui c'era urgente bisogno, non filiassero o non si facessero raggiungere dalle famiglie. Operai usa e getta e magari da rispedire in patria una volta raggiunta l'età della pensione, “barchéta e camél e te turnet a cà” (non c'è bisogno di traduzione) per ricordate il celebre monologo del leghista Piergianni Prosperini.

La Francia ha lo ius soli, se sei nato in Francia sei francese, concetto inviso alle destre che continuano a preferire l'anacronistico ius sanguinis. L'inquilina di palazzo Chigi si spinge addirittura oltre, incasella e cristallizza nel ruolo di migranti, giovani e anche meno giovani che non si sono mai mossi dalla Francia o sono andati nel Paese d'origine degli avi soltanto in vacanza. Migranti per cromosomi, insomma. Ma evidentemente, nella narrazione della grande paura dell'uomo bianco, della sostituzione etnica, tutto fa brodo, tout se tient, tutto si tiene, le masse dei barconi di oggi nell'immaginario allucinogeno e distopico diventano i casseur di domani, pronti a mettere a ferro e fuoco le nostre città. Un'analisi non dissimile da quella di una Marine Le Pen, nonostante la distanza tra le due si consolidi nella preferenza che quest'ultima ha per Matteo Salvini.

Piaccia o meno alla Meloni, qualunque statistica sulla depressione demografica segnala l'urgenza per la nostra industria di accogliere lavoratori, come prova il decreto flussi per il 2023 che in poche ore ha registrato 240 mila richieste (contro gli 82000 posti previsti). Sarebbe dunque per egoismo, se non altro, che dovremmo incitarli a venire. E allora sì dovremmo fare tesoro degli errori della Francia, noi che siamo un Paese di immigrazione più recente e siamo solo alla seconda generazione contro la quarta dei cugini d'Oltralpe.

All'opposto di quanto crede la Meloni, la Francia ha fallito, e ne vediamo i risultati, proprio perché, contraddicendo i principi sempre sbandierati, non ha mantenuto la promessa di rendere tutti i suoi abitanti, senza distinzione di razza o religione, citoyen de la République, con pari diritti e pari doveri dei francesi autoctoni. Si è consolidato un razzismo strisciante, suffragato da tutte le statistiche. Se hai un colore della pelle scuro, hai venti volte in più la possibilità di essere controllato dalla polizia rispetto ai bianchi: il 90 per cento di persone uccise a un posto di blocco come Nahel, l'ultima vittima, sono magrebini. Se mandi una richiesta di lavoro e hai un cognome “sospetto”, solo nel 3 per cento dei casi vieni tenuto in considerazione. Se vuoi affittare un appartamento in quartieri borghesi, succede lo stesso. Questa postura, reiterata negli anni e accentuata dalla crisi economica, ha aumentato la frattura tra due France divenuta l'una per l'altra inconciliabili, agevolato la creazione di ghetti senza speranza, dove spopola la malavita e dove ha maggiormente attecchito la predicazione islamista.

Almeno sino alla rivolta delle banlieue del 2005, la rivendicazione era di essere più francesi, usufruire dell'ascensore sociale che dovrebbe funzionare in ogni democrazia. La frustrazione per essere stati respinti dal bel mondo dei boulevard ha creato l'odio e la rabbia. Tutto questo dovrebbe considerare Giorgia Meloni, se non vuole creare le condizioni per una terza o quarta generazione ribelle, continuando nella politica “prima gli italiani” e dando per scontato il significato etnico dello slogan.

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