Ieri Giuseppe Conte si è rivolto al Senato esortando a tenere «i morti Covid fuori dalla contesa politica», non è però chiaro come oltre ottantaduemila vittime possano rimanere a margine di un qualsivoglia discorso politico. Sempre ieri, il conto dei morti del giorno saliva a quota 603.

Tra i deceduti delle ultime settimane c’era il marito di una donna, un tempo bambina, con la quale un milione di anni fa giocavo in cortile. C’erano un falconiere quarantaduenne con la madre, e poi un ragazzo trentaseienne con entrambi i genitori al seguito.

Persone sportive e senza patologie pregresse, persone affette da patologie croniche, di mezza età, sorprendentemente giovani oppure anziane, interi nuclei famigliari.

Il vaccino inizia a essere distribuito, ma non è finita: la gente muore. Nonostante le molte restrizioni non stiamo vivendo un lockdown totale, ma non è finita: la gente muore. Qui come in ogni angolo del pianeta il desiderio di quella che ricordiamo come vita vera è tanto comprensibile quanto pericoloso, non a caso il 9 gennaio Kamala Harris si premurava di twittare: «Siamo ancora nel pieno della pandemia: mettevi le mascherine, lavatevi le mani e rispettate il distanziamento sociale».

In Italia, persistiamo nell’assistere al tentativo di tenere i morti connessi alla malattia fuori dal discorso pubblico. Questa non è una peculiarità dell’attuale premier né tanto meno della maggioranza.

È espressione del rifiuto a fare riferimento esplicito alla mortalità che affligge la nostra intera classe dirigente. Ci si ammala e si muore, ma la crisi di governo, lungi dal puntare i riflettori proprio su questo punto, ce ne allontana ulteriormente con bisticci tra parti sempre più simili a un fotoromanzo che alla realtà.

Una realtà che a volte si nasconde nel luogo dove meno te l’aspetti, in televisione. Negli spot pubblicitari tra un talk show e l’altro: ansiolitici da banco, blandi sonniferi a base di valeriana acquistabili senza ricetta medica, farmaci per il tono dell’umore, compra questo e «in omaggio ti daremo una tecnica rilassante», perfino nella camomilla hanno infilato il principio attivo della melatonina.

Lo scorso aprile il governo aveva istituito un numero verde, gratuito e attivo dalle 8 alle 24, dedicato al supporto psicologico in emergenza Covid. Un’iniziativa che a giugno raccoglieva oltre cinquantamila chiamate al giorno. Già da novembre il numero risultava inattivo, «Il servizio per l’emergenza Covid ha concluso la sua attività», recita tuttora un messaggio registrato allorquando si provi a contattarlo.

Eppure l’emergenza non è finita, eppure si continua  a morire e ad aver paura di morire. Abbiamo paura e nessuno si chiede più per quali ragioni. Questo è un danno sociale, e un’occasione persa, perché sono proprio le paure suscitate dalla consapevolezza della fine a evidenziare quali siano le istanze prioritarie sia individuali che collettive.

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