Caro Stefano. Siamo di nuovo qui per l’undicesimo anno, l’inizio del tuo calvario. Tutto aveva avuto inizio il 16 ottobre 2009. Quel giorno tu già stavi molto male. Portavi i segni delle conseguenze del feroce pestaggio che ti provoca tanto dolore. Vorresti tornare indietro di qualche giorno. Ti fa quasi più male pensare a noi, alla nostra delusione ed alla nostra angoscia che ci travolgono riportandoci ai tempi bui della droga.

Il 16 ottobre del 2009 ti è stata tolta ogni possibilità di riscatto ed è stata tolta anche a noi. Sei stato condannato a morire da solo, nel dolore più atroce, in condizioni disumane e nella convinzione che noi ti avessimo abbandonato. Ci hanno impedito di vederti. Sei giorni dopo sei morto.

Per me, mamma e papà, queste sono oramai diventate le giornate più brutte dell’anno. Le nostre cicatrici sono sempre più profonde. Le viviamo nel ricordo di te e di quel che ti è successo. Il 21 ottobre si terrà la prossima udienza del processo sui depistaggi che hanno alimentato false piste sulla tua morte. L’ennesima udienza di una vita trascorsa in tribunale. Io caro fratello mio, non ci sarò perché quello è stato il tuo ultimo giorno di vita prima che, alle sei di mattina del 22, si accorgessero che eri morto.

Fabio lo dice sempre: «La famiglia Cucchi è stata condannata dai depistaggi ad essere processata per tutta la vita». L’idea di incontrare, proprio quel giorno, coloro che fin dai primi momenti hanno tradito le istituzioni cui appartengono per garantire impunità ai tuoi assassini mi dà la nausea.

Leoni che, interrogati dai magistrati si sono trasformati in agnellini confessando, di fatto, le proprie colpe non senza cercare prima di scaricarle su altri. Le loro voci registrate, spesso incerte e tremanti, vanno ascoltate. Uno su tutti? Il colonnello Francesco Cavallo. Una vera e propria costante della storia. Nel 2009 è forza al Comando Gruppo di Roma dei Carabinieri Lazio, nel 2015 al Comando Provinciale. È stato lui a redigere una serie di appunti e note per i suoi superiori dove, ancor prima di qualsiasi accertamento medico legale ed al buio da ogni giustificazione clinica, ha stabilito che eri affetto da anoressia e sieropositività. Ha scritto che eri un tossicodipendente in fase avanzata affetto da gravi patologie preesistenti.

Caro Stefano da loro sei stato dichiarato morto di fame e di sete. Nessuno ti ha preso a botte. Sei solo caduto. Anni più tardi, nel 2016 ha vergato un nota firmata dal Comandante provinciale, per dire che hai avuto una attacco di epilessia la notte del tuo arresto. Tutto falso ma non è stato il solo a sostenere che eri morto di epilessia.

Devo dire, caro fratello mio, che il magistrato Giovanni Musarò mi ha strappato un sorriso quando ha incalzato l’ufficiale sul punto: «A lei dove è venuto di scrivere una cosa del genere, che ripeto, non solo è falsa, ma poi viene ripresa, perché quando scrive che Cucchi ha l’anoressia, dopo anni i periti scrivono che è morto di fame e di sete. Poi scrive che ha avuto un attacco di epilessia, dopo mesi i periti scrivono che Cucchi potrebbe essere morto di epilessia. Siccome non è vero né che era anoressico né che ha avuto un attacco di epilessia, allora chi è che ha avuto questa brillante idea di scrivere che Cucchi aveva avuto l’attacco di epilessia?». Il mio, caro Stefano, è però un sorriso amaro. Quanta fatica. Troppa

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