Il governo è appeso a un filo sul fisco, ma di quella riforma restano solo moncherini, fra cui spicca la revisione del catasto. La casa è tabù, ricordava ieri qui Giuseppe Pisauro, ex direttore dell'Ufficio Parlamentare per il Bilancio (Upb), i cui studi riportano per gli immobili un valore medio di mercato di 190 mila euro, contro una rendita catastale di 101mila; se in un quarto di casi il catasto sottostima i valori del 30 per cento, in un altro quarto li sopravvaluta del 45 per cento.

Il governo affronta altre imboscate in settimana, contro una destra che non lo sfida solo sul catasto, ma anche per rafforzare l'iniqua tassa piatta sui redditi. Cosa dovrebbe fare una deputata leghista, in ipotesi persuasa della necessità della riforma e decisa a convincere gli elettori?

Partirebbe dicendo che si parla del nulla, i nuovi valori toccano solo l'Imu, che sulla prima casa non si paga; è solo un censimento aggiornato, senza effetti sul prelievo, almeno fino al 2026. Tanti elettori, che della diffidenza (spesso motivata) fanno una regola di vita, la crederebbero un'illusa.

Testarda, essa parlerebbe di giustizia, citando l'Upb sulla «iniquità della distribuzione del prelievo, determinata dagli scostamenti tra il valore catastale e l'effettivo valore dell'immobile».

L'uditorio, avvezzo al sodo, sentendo issare quel totem della sinistra che è l'iniquità, si distrarrebbe, poco discernendo fra iniquità assoluta e relativa, ma i più accorti aguzzerebbero l'orecchio, spingendo l'ardita a spiegare gli effetti sull'economia di un catasto inaffidabile e della non tassazione immobiliare.

Stato ed enti locali, se si esenta il maggior cespite patrimoniale, devono colpire più i redditi, cioè il lavoro, in pratica dipendenti e pensionati. Ciò deprime la produzione e premia la rendita immobiliare, proprio mentre chiediamo bonus di ogni tipo: un doppio colpo a produttività e Pil, il cui aumento solo riassorbirà i maxi-debiti.

Se la sinistra è il partito del tassa e spendi, direbbe, ci accuseranno d'essere il partito dello spendi e basta, alla faccia dei valori conservatori.

Questione di soldi del Pnrr

Intuìto che di tali valori alcuni nell'uditorio potrebbero fare usi analoghi a quello suggerito dal suo storico leader per il Tricolore, la volonterosa estrarrebbe dalla manica l'asso. La riforma fiscale figura fra gli impegni assunti nel famoso Pnrr; la revisione catastale ne è parte integrante. Niente revisione, niente miliardi Ue. Scatterebbe infine il consenso, qui si parla di tanti soldi e sonanti, non di fumisterie ideologiche come a sinistra.

La deputata ha anche un'altra arma: se parlando di iniquità “assoluta”, aveva lasciato freddi gli elettori, ora li scalda con quella relativa, riflessa nei dati suddetti dell'Upb. C'è chi è premiato da valori irrealistici e chi ne è punito.

I dati catastali sono meno sganciati dalla realtà nelle case recenti e in periferia, e la sottostimano in quelle costruite indietro nel tempo e in centro. Premiano cioè i benestanti, punendo chi fatica a tirare la fine del mese.

L'audace esperimento ha due possibili finali; nella prima gli elettori portano in trionfo la deputata fino a via Bellerio, imponendo al partito di fare davvero i loro interessi.

Nella seconda si convincono che sia meglio continuare ad evadere, o eludere via flat-tax, le imposte sui redditi, essendo esenti da quelle sulle case; meglio non toccare il catasto, mai fidarsi di quel comunista di Draghi, cada pure lui con tutti i Filistei. E l'ologramma dell'ardita svanisce nel Metaverso.

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