Come evolve la strategia americana? L’impressione che se ne ha dall’esterno è che Trump stia cambiando tutto. Ma le cose sono mutate già da tempo, alcune insensibilmente, altre con più evidenza. In realtà, i trumpiani stanno decidendo quale linea tenere ma sono influenzati dal dibattito strategico in corso da almeno 15 anni. Oltre ai realisti, agli idealisti e agli isolazionisti tradizionali (di destra o di sinistra) vediamo emergere una nuova corrente: i restrainers, cioè i restrittori (o moderati). Sono coloro che scelgono per un interventismo limitato: non isolazionisti, ma nemmeno favorevoli al regime change.

Secondo costoro gli Usa devono fare un passo indietro perché non possono fare il poliziotto globale, ma devono trovare dei sostituti a cui delegare certi compiti. La loro domanda è: da quando l’America è al comando dell’Occidente (1945) e soprattutto da quando è l’unica potenza globale (1991), gli Stati Uniti sono forse andati verso una «sempre più perfetta unione», come recita la Costituzione Usa del 1787? In altre parole: gli Stati Uniti hanno migliorato il mondo? La loro risposta è: no. Davanti a tale evidenza, l’eccezionalismo americano (il fatto cioè di essere la civiltà-faro) non vale più. Possono gli Usa cambiare il mondo per renderlo uguale a sé stessi? La risposta è ancora: no. I restrainers non sono isolazionisti. L’isolazionismo ottocentesco e di inizio Novecento significava non inseguire l’Europa nelle sue guerre, ma quando si trattava di conflitti all’interno dell’orizzonte di propria pertinenza (Messico, America Latina, ecc.) si interveniva eccome. Dottrina Monroe docet. Tuttavia l’epopea della “fine della storia” ha portato con sé un’illusione: che gli Usa potessero restare soli al comando e formattare il globo. Le crisi hanno deluso, e oggi Trump afferma che l’America non è più “la città sul monte” (sulla collina, dicono in America) o la nazione indispensabile. Anzi, il tycoon accusa le altre nazioni di averne approfittato, fregando gli ingenui americani e ammucchiando ricchezze alle loro spalle. «Siamo un paese da terzo mondo, ci hanno sfruttato», grida spesso, inaugurando una narrazione vittimista che non era americana.

Qui si è creato lo spazio politico per il restraint: occorre contenersi per non correre il rischio di perdere tutto. Ciò significa che d’ora innanzi gli Usa si limiteranno ai conflitti che davvero toccano i loro interessi vitali. Solo quando sono in pericolo occorre intervenire. L’attuale guerra in Ucraina non è precipuo interesse americano, e quindi per i restrainers va fermata anche “regalando” a Putin la Crimea. I restrainers invitano alla prudenza: un cambiamento rispetto al recente passato in cui gli americani hanno fatto la guerra per esportare la democrazia e il regime change (Iraq) o per i diritti umani (ex Jugoslavia). Secondo loro gli occidentali sono andati in guerra senza troppi calcoli e sicuri di vincere.

Ora il Pentagono fa calcoli molto precisi e cerca di risparmiare forze e denari: fare continuamente la guerra costa molto e non solo in termini finanziari. Si tratta di una nuova dottrina di politica estera di sicurezza e difesa, e Trump per ora sta più o meno seguendo tale direzione. Il clima in cui è nata la corrente dei restrainers è quello dei fallimenti: guerre inefficaci o perdute (Iraq, Afghanistan); l’11 settembre e la guerra dichiarata contro il terrorismo senza risultati tangibili; la crisi finanziaria del 2008 ecc. Sono tutti insuccessi che hanno fatto capire al deep state americano che non è possibile stare in guerra su tutti i quadranti o fare il gendarme globale. Tutto questo ovviamente mette in luce una crisi dell’identità americana. Se ne è parlato al festival di Limes a Genova: da città sul monte a qualcosa di diverso ancora non definito. Ciò avrà dei contraccolpi culturali e psicologici sul pubblico americano di cui ancora non si riescono a vedere gli effetti.

La paura della Cina è qualcosa di diverso da quella dell’Urss: si tratta di un avversario molto più pericoloso perché è un modello attraente, ha risorse che i russi non avevano (o non sapevano sfruttare), ha molti abitanti ed è economicamente forte. L’Urss non possedeva tutto questo: era solo sfida militare. Per l’Europa cambia tutto: la Nato nacque sul concetto: americani dentro, russi fuori e tedeschi sotto. Fu una scelta soprattutto europea. Ma oggi? Diverrà forse: tedeschi dentro, russi fuori, francesi sopra (con un piccolo ombrello nucleare)?

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