«Temo che il mondo non stia camminando come un sonnambulo verso una guerra più ampia, temo che lo stia facendo con occhi bene aperti». E’ l’ultimo monito del segretario generale delle Nazioni unite, Antonio Guterres, che evoca la minaccia atomica.

Il mondo? Chissà qual è il riferimento esatto di questa espressione. Mai come oggi decisioni di portata globale sembrano in mano ad alcuni leader che, per quanto potenti siano le forze cui rispondono, non ne sono certo private del libero arbitrio che li definisce persone umane.

Esattamente come ciascuno di noi, compresi quelli che contribuiscono a formare l’opinione pubblica, a scrivere le leggi, ad approvarle.

Consta ai più che lo stesso Guterres, e con lui tutti i decisori effettivi dell’Onu, non abbiano prestato ascolto né alle voci del diritto internazionale che suggerivano l’esistenza di clausole, nello statuto delle Nazioni unite, per aggirare i veto «in caso di stallo nel Consiglio di sicurezza» in funzione di iniziative di peace keeping, né agli appelli di centinaia di associazioni riunite sotto la bandiera di Europe for Peace, ultima la lettera allo stesso Guterres e alle altre autorità responsabili che cita l'Agenda politica per il Disarmo lanciata dall’Onu nel 2018.

E questi appelli, come le voci che salgono dagli esponenti della grande tradizione diplomatica italiana dei costruttori di pace, citate a più riprese da Mario Giro su queste pagine, salgono dal cuore stesso di quello che fu il progetto fondativo dell’Unione europea, nato dalla cognizione del dolore e volto a costruire nell’area europea un modello di democrazia sovranazionale in grado di prevenire, gestire e risolvere per le vie del diritto internazionale i conflitti tra stati e tra individui. Eppure l’attuale leadership dell’Ue pare non se ne ricordi affatto.

Ma allora, vi prego, non parlate del “mondo”. Non parlate a suo nome, soprattutto : che nome proprio non ha, e volto e mani.

Vorrei che nascesse un segretariato mondiale della precisione a multare gravemente tutte le voci pubbliche che ignorano la responsabilità nell’uso delle parole, azzerandone il peso di verità. Perché una sola è la radice di logica ed etica: del rispetto tanto del peso di verità delle parole quanto della responsabilità personale degli atti, che è il peso della libertà.

La scoperta di quest’unica radice si chiama filosofia, che o si rinnova ogni giorno o degenera in sofistica. E con lei degenera in vuota retorica quell’idea di Europa – o addirittura di Occidente – che ha provato a incarnare etica e logica nelle istituzioni dei diritti umani universali.

Che sciagura, allora, se «carico di filosofia» viene detto «questo scontro».  Se è un filosofo - Biagio de Giovanni sul Corriere della Sera – ad azzerare il peso logico delle parole descrivendo la guerra in atto come uno scontro fra «potere orientale», questa «forza tellurica che non può incontrare la libertà»  e  «potere occidentale», questo «continente della libertà»  che da troppo tempo vive il suo tramonto (copyright Oswald Spengler, mediocre best seller del secolo scorso che nutre ancora i teorici dello «scontro di civiltà», i neocon e purtroppo la politica estera americana corrente). Alle armi, Occidente!

Discutiamone : io lancio un solo guanto. Che cosa può intendersi per “libertà” se come andrà la storia non dipende da noi, ma dalle mistiche potenze della geopolitica ?

È nullo il peso della libertà nel “continente della libertà” ? Se è nullo, allora è nullo anche il peso di verità delle parole che questa libertà conclamano. Quod erat demonstrandum.

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