Risorge periodicamente la nostalgia del centro. Inconsolabili post democristiani e navigatori tra gli interstizi dei partiti maggiori, nonché personalità di tutto rispetto benché avulse dalla realtà in quanto rinchiuse nei recinti dell’establishment, auspicano il ritorno di una formazione che si ponga al centro dello schieramento politico. In tal modo gli istinti massimalisti verrebbero temperati da quegli spiriti nobili che, animati solo dall’interesse supremo della nazione, forniscono le soluzioni, giuste perché intermedie. L’intento di appianare tensioni troppo forti tra gli schieramenti politici è lodevole. Ma non a rischio di annebbiare i contorni delle diverse posizioni. La pulsione al compromesso, da quello storico alle grandi coalizioni montiane e draghiane, attraversa tutta la storia italiana. È connaturato alla debolezza della nostra cultura politica liberal-democratica.

Il centrismo degasperiano del Dopoguerra a cui si richiama chi vuole rinverdire quell’esperienza, nacque in condizioni irripetibili, in risposta alle scorie della dittatura fascista e al pericolo di una spallata anti sistemica dei comunisti: appartiene a una altra epoca. Il cambio di paradigma verso una democrazia maggioritaria, dopo il 1994, allora invocato e magnificato per superare il “nefasto consociativismo” della Prima repubblica, ha interrotto l’idillio con il giusto mezzo.

Ma, per alcuni, avrebbe provocato una conflittualità talmente esasperata da rendere auspicabile, e fin necessaria, la nascita di un blocco centrista. Questa aspirazione non solo dimostra quanto sia ancora viva l’ostilità profonda, di lungo periodo, alla competizione, ma è anche fonte di illusioni.

Per due ordini di motivi. Il primo deriva da un equivoco che porta i centristi ad accomunare nel loro progetto un partito personal-populista come Forza Italia che di moderato, per non dire di liberale, non ha mai avuto nulla. Il secondo riflette la convinzione che esista ancora un ricco serbatoio di cattolici pronti a riunirsi in fitta schiera sotto bandiere centriste.

In realtà questo serbatoio si è drammaticamente svuotato e, semmai l’apostolato di papa Francesco, indica un versante politico inequivoco. E poi, finché l’icona del cattolico in politica, Romano Prodi, rimane con la tenda ben piantata nel campo Pd, e manifesta un buon feeling con Elly Schlein, c’è spazio solo per una manifestazione di nostalgia. Infine, l’elettorato italiano, dal 1994 in poi, non si è più considerato intermedio o indifferente agli spalti di destra e di sinistra, tanto che non ha mai attraversato, se non in porzioni risibili, il fossato tra i due schieramenti. Preferisce scegliere tra alternative il più possibile chiare e ben definite. E per il centro rimangono le briciole.

© Riproduzione riservata