Niente fanfara, nessuna dichiarazione di mobilitazione generale, nessuna prospettiva di vittoria. Ma una giustificazione della guerra difensiva per preparare i russi ad un conflitto senza limiti di tempo e però necessario per fermare il nemico di sempre: il nazismo.

Senza quasi mai menzionare l’Ucraina, Vladimir Putin nell’attesissimo discorso tenuto sulla Piazza Rossa per le celebrazioni della sconfitta sovietica della Germania nazista, ha addossato le responsabilità della guerra in corso ai paesi europei, all’Alleanza atlantica, agli Stati Uniti.

Essi da tempo preparavano, ha detto, le condizioni per un attacco, ammassando forze e armamenti ai confini della Confederazione russa.

Una guerra preventiva la sua, non di attacco allo stato ucraino; per giocare d’anticipo sul nemico occidentale che ha usato i nazisti ucraini. Difendersi è necessario.

L’Occidente è l’altro radicale: là, ad ovest, interessi e aggressività, qui in Russia valori e spirito di sacrificio patriottico.  Una guerra fatale, non evitabile; che va ben al di là della rivolta antirussa della rinnegata Ucraina.

Il riferimento alla Seconda guerra mondiale entra a questo punto, con un significato essenzialmente nazionalistico.

La Seconda guerra mondiale non c’è nella narrativa di Putin. C’è solo la Grande guerra patriottica russa. Sembra di capire che la Germania di Adolf Hitler avesse avuto solo un nemico. 

La storia della Seconda guerra è riscritta come storia della guerra della Russia contro il nazismo. L’Europa scompare.  Resta lo spettro del nazismo mai morto e pronto a risorgere. 

Con questo manicheismo di valori, Putin ha di fatto cancellato il ricordo della Seconda guerra mondiale, che fu appunto “mondiale” ed ebbe molti altri milioni di morti oltre ai molti milioni di quelli sovietici. 

La sua riscrittura è fatta in funzione del qui ed ora, per dire che la Russia è di nuovo sola a combattere per difendere i suoi “valori”.  Una Russia dissociata dalla storia del mondo e dall’Europa.

Per dare nobiltà autodifensiva alle proprie scelte, Putin rende un pessimo servizio alla storia dell’Unione Sovietica, che scese in guerra, dopo la rottura del patto di Hitler con Stalin, con le forze alleate, combattendo al fianco degli Stati Uniti di Roosevelt e di Truman e alla Gran Bretagna di Churchill.

Un’alleanza poderosa, militare e simbolica, che prima di sciogliersi a Yalta, era riuscita a portare a termine la sconfitta del nemico di tutti, condizione senza la quale neppure le divisioni ideologiche della Guerra fredda avrebbero avuto senso.

Ma Putin ha voluto difendere le proprie scelte. E ha messo i milioni di morti sovietici nella Grande guerra patriottica al servizio di una guerra locale, che dovrebbe far pulizia dei resti del nazismo.

Come se la Russia dovesse sempre stare all’erta per anticipare l’eterno nemico che non muore mai e che prende sempre nuove sembianze. Oggi ucraine.  

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