Ermenegildo Zegna (Ez), holding della moda maschile dalla lunga tradizione, apre a soci esterni collocando le azioni sul mercato finanziario, per l'esattezza al New York Stock Exchange (Nyse). Per chi spesso lamenta la chiusura di molte aziende familiari è un'ottima notizia, ma non una sorpresa. Fondata nel 1910 a Trivero, vicino a Biella, essa non risponde al cliché dell'azienda familiare ripiegata su se stessa; gli Zegna potevano però continuare a restare chiusi all'esterno, oppure vendere tutto e godersi i quattrini. Hanno scelto un'altra via, incerta ma affascinante; guardare al futuro, cercando di prevenire l'insorgere dei problemi che spesso decretano la fine dei gruppi familiari.

Ciò premesso, vediamo gli aspetti essenziali dell'operazione, emplificandola per quanto possibile, sfrondandola per questo dagli aspetti tecnici di contorno. Proprio da un tema tecnico, però essenziale, tocca iniziare: il veicolo attraverso il quale Ez approderà al mercato sarà la Investindustrial Acquisition Corporation (Iiac), una Special Purpose Acquisition Corporation (Spac). Iiac è una “scatola” in cui alcuni investitori mettono i soldi; essa è già quotata al Nyse, senza necessità di lunghi esami da parte dei regolatori, il suo valore di mercato essendo inizialmente dato solo dai denari che contiene. Ora Ez e Iiac si fonderanno e gli azionisti dell'una e dell'altra avranno in mano le azioni di una sola impresa quotata.

La scorciatoia 

La Spac accelera l'arrivo al mercato di un'impresa, senza sottoporla al lungo scrutinio preliminare degli enti regolatori, nel quale le premesse per la quotazione possono venir meno, il che la espone al rischio di sgradevoli insuccessi. Proprio perciò le Spac hanno avuto grande successo di recente negli Usa, presentandosi come modo non solo più rapido, ma anche più economico, efficiente e “democratico” per raccogliere capitali.

Nel primo trimestre del 2021 sono state lanciate 264 nuove Spac per circa 80 miliardi di dollari, a fronte di 256, per una cifra simile, in tutto il 2020. Come sempre, il successo ha anche portato ad abusi ai danni degli investitori, che han sostenuto a volte costi esorbitanti per affari di dubbio valore. Essi hanno spinto il nuovo presidente della Securities and Exchange Commission, Gary Gensler, ad indagare sulle Spac; uno studio dello European Corporate Governance Institute, citato da Rana Foroohar sul Financial Times, rileva che la  Spac mediana fra le 47 esaminate ha consumato oltre il 33 per cento del capitale al momento della fusione.

C'è motivo di sperare che non si rifaccia a tali negativi esempi la Iiac, lanciata nell'Ottobre scorso da Investindustrial, gruppo di private equity diretto da Andrea Bonomi, e da Sergio Ermotti, fino ad allora capo di Ubs (principale banca svizzera), insieme a Roberto Ardagna e Alberto Cicero, dirigenti Investindustrial.

Iiac in quasi nove mesi ha chiuso l'accordo, annunciato il 19 Luglio. Il comunicato sull'operazione è avaro di dati, ma il gruppo nel 2021 dovrebbe avere ricavi dell'ordine di 1,2 miliardi di euro, dopo esser sceso da 1, 3 nel 2019 a 1 miliardo nel 2020, con perdite di 4o milioni, contro un utile di 38 nel 2019. I principali dati su Ez appariranno nel prospetto che Iiac sottoporrà alla Sec per l'aumento di capitale necessario all'acquisto di Ez.

Chi ci guadagna 

In this Thursday, March 19, 2020, photo, pedestrians look into a temporarily closed Ermenegildo Zegna store in New York. Long before there was a global pandemic, brick-and-mortar retailers struggled to resonate as shoppers increasingly made their purchases online. Now, they're faced with an even more daunting task of staying on people's minds and pocketbooks in the midst of the new coronavirus. (AP Photo/Mary Altaffer)

Iiac valuta Ez, che non ha debiti netti, circa 2,5 miliardi di dollari. Essa investirà circa 400 milioni, mentre 225 milioni verranno dai fondi Investindustrial e 250 milioni da altri investitori. Il totale, 880 milioni di dollari, andrà per 550 milioni agli azionisti esistenti; è una gran bella cifra, certo necessaria per assicurare il consenso dei moltissimi familiari, che pare debbano impegnarsi a tenerne a disposizione una quota per futuri aumenti di capitale; 250 circa andranno nelle casse di Ez per sostenerne lo sviluppo. Mancano all'appello circa 80 milioni, assorbiti forse in gran parte dalle spese, in primis le commissioni delle banche organizzatrici. Anche questa è una bella cifra, ragguagliandosi a poco meno del 10 per cento delle somme investite!

Dopo la fusione, gli Zegna deterranno il 62 per cento del gruppo, il residuo 38 per cento facendo capo al mercato, con l'impegno di Investindustrial a mantenere l'investimento per tre anni. La famiglia avrà venduto il 22 per cento a un valore di 2,5 miliardi per il 100 per cento, ma conta sulla rivalutazione del proprio 62 per cento, a seguito della quotazione su un mercato spesso e liquido come il Nyse. L'ulteriore riduzione della quota Zegna è legato all'aumento di capitale.

Ez è una holding di diritto italiano, soggetta alle norme italiane per le imprese quotate. Essa rimane comunque ben radicata in Italia pur se, la sua proiezione essendo mondiale, non prevede investimenti domestici di rilievo. La quotazione al Nyse può far storcere il naso, ma bisogna riconoscere che l'accoglienza e la valorizzazione che esso può riservare giustifica la scelta anche agli occhi di chi teme l'esodo delle imprese maggiori dal Paese. E la valutazione che il mercato darà di Ez è certo stata elemento essenziale nella scelta di Gildo Zegna, a capo dell'azienda e della famiglia. Tenerla unita, con così tanti componenti sarà difficile ma necessario.

Restare industriali

Vista l'operazione finanziaria negli aspetti essenziali, rimane da vedere quali motivazioni di fondo han portato a questo accordo. Il gruppo ha acquistato nel 2018 il marchio Thom Browne per 500 milioni di dollari, spesa rilevantissima anche per gli Zegna. La prospettiva di dover finanziare nuove importanti operazioni con mezzi propri - il debito è estraneo alla mentalità di questa famiglia biellese - ha convinto gli Zegna al passo.

Essi avrebbero certo potuto vendere tutto, probabilmente incassando di più, ma evidentemente han preferito, da Gildo Zegna in giù, restare industriali, sperando anche nelle future valutazioni del Nyse, anziché trasformarsi in rentier, status meno attraente anche dati i tassi attuali di mercato.

Il comunicato non accenna ad accordi sul governo societario, certo previsti, ma parla solo dei nuovi ingressi nel CdA di Ez.

Qualcuno vedrà in quest'operazione il nucleo di quella grande holding della moda italiana in cui tanti sperano, magari sul modello di Kering della famiglia Pinault, o di Lvmh, governata dalla famiglia Arnault. Si sbagliano, perché se c'è una cosa chiara nell'operazione, è che Ez vuol solo crescere con poche mirate operazioni nel proprio settore, seguendo la strada tracciata da Ermenegildo Zegna oltre 110 anni fa. Pare che i lustrini della finanza non gli interessino.

© Riproduzione riservata