Una persona che fa impallidire Pico della Mirandola: intelligente, preparato». Così disse il senatore leghista Roberto Calderoli dopo l'audizione di Igor Marini alla commissione parlamentare di inchiesta sull'affare Telekom-Serbia, l'acquisto nel 1997 della Telecom di un terzo della società telefonica serba durante il primo governo Prodi.

Era il 2003. Igor Marini, ex attore, stuntman, conte (presunto), consulente finanziario, era il supertestimone spuntato dal nulla che aveva rivelato alla commissione una super-tangente da 125mila dollari per la compravendita e i conti all'estero cifrati dei destinatari: Ranocchio (Lamberto Dini), Cicogna (Piero Fassino) e soprattutto Mortadella, Romano Prodi.

L’oracolo

Fu consultato dai commissari del centrodestra come un oracolo. «Ha una memoria prodigiosa», sentenziò il presidente Enzo Trantino, senatore di An. Il quotidiano (allora) della famiglia Berlusconi, “Il Giornale”, lo mise tutti i giorni in prima pagina: «Un testimone accusa Prodi, Fassino e Dini» (8 maggio 2003). «Marini: così ho consegnato le tangenti» (24 agosto). «L'ora della verità per Prodi e c.» (25 agosto). «È stata la più grande corruzione del nostro Paese» (6 ottobre). Finché l'ora della verità arrivò davvero. Nel 2011 Igor Marini fu condannato a dieci anni per associazione a delinquere e calunnia.

«Pare evidente che il Marini non sia l'artefice unico di questa grande menzogna ma l'interprete di una trama ordita da altri», si legge nella sentenza. «Non si spiegano altrimenti la straordinaria eco che le sue dichiarazioni hanno avuto sui mezzi di informazione nazionale e la sollecitudine con cui la Commissione parlamentare d'inchiesta ha seguito le sue indicazioni». Per conto di chi aveva agito il calunniatore Marini? Chi aveva ordito la grande menzogna contro Prodi, presidente della Commissione europea e sicuro candidato premier contro Berlusconi? Non si saprà mai.

Di certo la maggioranza di Berlusconi utilizzò per la prima volta nella storia una commissione parlamentare di inchiesta contro il capo dell'opposizione. Chissà se lo ricorda Giorgia Meloni che a Rete4 ha parlato di «metodo di regime per infangare gli avversari», a proposito dell'opposizione attuale. E chissà se lo ricorda il ministro Carlo Nordio che chiede una commissione parlamentare di inchiesta sui presunti dossier. Di nuovo, una commissione votata dalla maggioranza per stringere nell'angolo i non allineati.

Le commissioni di inchiesta

Eppure le commissioni parlamentari, previste dall'articolo 82 della Costituzione, sono nate come controllo delle minoranze sul governo, non l'opposto, al punto che per Costantino Mortati doveva bastare un terzo dei parlamentari per istituirle. Per mezzo secolo sono state poche e mirate. La mafia, l'Anonima Banchieri. E poi: il Vajont, il Piano Solo, i terremoti del Belice e dell'Irpinia, il crac Sindona, il caso Moro, i fondi neri dell'Iri, la loggia P2 (presidente Tina Anselmi, una politica che non avrebbe creduto a Igor Marini), le stragi.

Si incrociano gli scandali che hanno segnato la storia repubblicana, per ora più incisivi sull'opinione pubblica della «ricerca spasmodica di informazioni» del tenente Pasquale Striano, come l'ha definita in Parlamento il procuratore Raffaele Cantone, schivando la categoria del dossieraggio. Non si discute la serietà degli abusi riscontrati, almeno nelle sue dimensioni quantitative, ma la gravità inaudita di cui parlano i leader della destra è stata ben audita in altre epoche. Per riscontrarne l'eco non servono Pico della Mirandola e neppure Marini, basta un po' di memoria.

La maggioranza in questo momento determina i vertici degli enti pubblici e degli apparati di sicurezza, ha nominato il capo della polizia e il comandante della Guardia di Finanza e si prepara a scegliere il nuovo capo dell'Aisi, conta su un esercito mediatico paragonabile solo a quello berlusconiano, punta a una Repubblica presidenziale. Occupa tutto il potere, ma grida al regime (degli altri). Considera un complotto le critiche e le inchieste (notizie vere, non le calunnie di Marini) di quel poco che resta della stampa indipendente (a partire da questo giornale).

Serve un nemico, per giustificare le divisioni e la discesa nei consensi (graduale per FdI, verticale per la Lega), la sconfitta in Sardegna, il panico delle elezioni in Abruzzo che sembravano una passeggiata e si sono trasformate in un incubo, comunque vada. Meloni e Salvini, impegnati a opporsi all'opposizione più che a governare, si rappresentano sotto assedio, ansiogeni anche per il loro elettorato. Bisognerà resistere, come si diceva un tempo, con calma forza tranquilla.

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