Il ministro Roberto Cingolani  è stato nominato per governare la transizione ecologica ma in realtà ha iniziato una crociata contro le politiche sul clima e il piano verde europeo “Fit for 55” accompagnata da un linguaggio della paura. «La transizione ecologica? Sara un bagno di sangue». «L’auto elettrica? Ne riparliamo quando raggiungeremo il 72 per cento di energia rinnovabile». «Il piano verde Ue? Così l’Italia salta in aria».

Queste sono solo alcune delle dichiarazioni del ministro della finzione ecologica che hanno lo scopo di delegittimare le politiche sul clima e di tirare il freno alla transizione ecologica, coprendo così i ritardi di un pezzo dell’industria del nostro paese che non vuole cambiare modello energetico e non investire nella conversione ecologica.

Denunce senza soluzioni

L’apertura di Cingolani sul nucleare e la denuncia sull’aumento del 40 per cento della bolletta elettrica, mandando ancora una volta la transizione ecologica sul banco degli imputati, sono le sue ultime esternazioni.  

Il rincaro della bolletta elettrica è dovuto all’aumento del prezzo del gas e della CO2 che viene pagata dalle industrie più inquinanti a partire da quella legata al petrolio e il ministro Cingolani invece di indicare le soluzioni si limita a denunciare con l’obiettivo di creare un clima di delegittimazione e paura sulle politiche sul clima.

Solo denunce e niente soluzioni e proposte da parte del ministro. Facciamo chiarezza e diamo un po’ di numeri, quei numeri tanto cari al ministro. Il rincaro della bolletta elettrica avviene perchè il prezzo del gas è aumentato e con esso anche quello della CO2. Questa sarebbe una buona ragione per accelerare con forza verso le energie rinnovabili, invece no.

La Germania nel gennaio 2021 ha approvato un piano energia che prevede che entro il 2050 tutta l’elettricità consumata sarà a zero emissioni e l’anno prossimo l’ultima centrale nucleare tedesca sarà chiusa. Il nucleare tanto citato dal ministro ha un costo elevatissimo, ma non lo dice. La centrale nucleare di Flamanville i cui lavori sono iniziati nel 2007, e ancora oggi non sono terminati, il costo è passato da 3,4 miliardi di euro a 12,5.

Il prezzo dell’energia nucleare fissato da un accordo anglo francese è di 123 €/MWh, mentre il fotovoltaico è tra i 10-20  €/MWh.

La scorsa settimana il PUN, prezzo unico nazionale, ha superato quota 145 €/MWh, ad agosto era di 112,4 €/MWh mentre nel 2019 era di 52 €/MWh. Un rincaro impressionante che evidenzia come sia stato un gravissimo errore per la nostra politica energetica aver puntato su gas e idrocarburi e non sulle rinnovabili, ma questo Cingolani non lo dice.

Questo sarebbe il momento di accelerare verso le rinnovabili anche perché il differenziale tra il PUN e il costo del Kwh delle rinnovabili è amplissimo e consentirebbe ritorni economici importanti se il ministro si decidesse a puntare sulle rinnovabili.

Il ritardo dell’Italia

Una notizia importante è passata inosservata, ma il ministro che la conosce bene ha evitato di parlarne. Il 4 settembre scorso la fondazione Enel  e The European house Ambrosetti hanno presentato lo studio European governance of the energy Transition che definisce che l’obiettivo europeo di riduzione della CO2 fissato al 55 per cento in Italia sarebbe raggiunto al 2059 con 29 anni di ritardo, mentre quello per le energie rinnovabili fissato a livello europeo al 40 per cento nel 2030, sarebbe raggiunto nel 2054 con 24 anni di ritardo.

Lo studio inoltre evidenzia come questo ritardo non consente di utilizzare i potenziali economici legati agli investimenti per la decarbonizzazione che nei prossimi 10 anni secondo lo studio sono stimati in 424 miliardi di euro in Italia e in 8.126 miliardi di euro in Europa. Anche questo Cingolani non lo dice.

Questi dati confermano che l’azione del ministro della Transizione Cingolani è quello di fermare la transizione con una strategia della paura  senza indicare soluzioni.

Il Pnrr voluto dal ministro Cingolani nella parte green non raggiunge l’obiettivo di ridurre la CO2 del 55 per cento come previsto dalla Ue e rinuncia ad investire sul trasporto pubblico, sulla depurazione, sulla mobilità elettrica, sulle energie rinnovabili, punta sull’idrogeno tanto caro ad Eni e Snam e il ministro dice che il deposito della CO2 è da sostenere, ovvero quella tecnologia che consentirà ad Eni di continuare ad estrarre petrolio  nascondendo  la CO2 sotto il mare.

Cingolani oggi sta dando voce a interessi delle lobby del petrolio e filo nucleari: per il ministro il problema sono gli ecologisti , «radical chic peggio della catastrofe climatica». Non preoccupa la siccità, lo smog, l’erosione delle coste, il consumo di suolo, i 50 gradi a Siracusa ma la transizione ecologica che sarà un bagno di sangue omettendo di dire il ministro che l’Ue ha messo a disposizione il fondo sociale per il clima da 72 miliardi di euro per renderla socialmente giusta.

Cingolani, che vuol far odiare la transizione ecologica ai cittadini, non può più fare il ministro e ne chiediamo le dimissioni e sollecitiamo i parlamentari cha hanno a cuore il futuro delle politiche a difesa del clima a presentare una mozione di sfiducia per aprire una discussione trasparente in parlamento.

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