Pensare che si debba passare il tempo a inseguire l’esecutivo perché renda disponibile un servizio che è già attivo, ormai da molti anni, che funziona, che non ha generato sprechi e che rappresenta un piccolo sollievo economico per le persone più fragili anche dal punto di vista reddituale, è davvero frustrante.
Sulla salute mentale, non si sa come mai, ma sembra sempre che ci ritroviamo all’anno zero. Le poche, pochissime, faticose conquiste che si riescono a ottenere sono sempre minacciate dalla mancanza di risorse, di programmazione, di luoghi di cura, di posti, di personale, di consapevolezza. In un paese che è uscito sulle ginocchia dagli anni del Covid, dal punto di vista psicologico, soprattutto le generazioni più giovani, ma non solo.
Metti, ad esempio, il bonus psicologo, misura emergenziale della stagione pandemica, unica risposta sulla salute mentale messa in campo negli ultimi anni. Ogni volta una battaglia per rimpinguare un fondo che, è vero, nel frattempo è diventato strutturale – come spesso avviene in questo paese, l’una tantum che diventa l’unico presidio che c’è – ma che è irresponsabilmente sottofinanziato.
Tanto che delle circa 400mila persone che ogni anno ne fanno richiesta, meno dell’1 per cento riesce a ottenerlo. E il governo che fa? Invece di investire più soldi e cercare di farlo arrivare a più persone che non ce la fanno a pagarsi da sole le cure per il loro benessere psicologico, continua a rinviare più in là l’apertura del click day. Siamo arrivati ormai a settembre, chissà.
La salute mentale è un dovere
I fondi sono disponibili dallo scorso dicembre in manovra di bilancio, così come era avvenuto nel 2023. Allora era dovuto intervenire Fedez, denunciando i ritardi e la possibilità che i soldi si perdessero nelle pieghe del bilancio dello stato.
Oggi a tirare il freno sono stati i promotori di una petizione per il diritto a stare bene, con una legge di iniziativa popolare per una rete psicologica nazionale gratuita (bonus psicologico compreso, finanziato al 100 per cento).
Si dirà: castelli in aria per la cenerentola del Sistema sanitario nazionale, la salute mentale che viene sempre dopo tutte le altre priorità ed emergenze. Ma i numeri del disagio psicologico nel paese non consentono più di derubricare la questione della salute mentale a un tema di nicchia, per chi si può permettere di entrare in terapia.
La salute mentale non è solo un diritto, ma è un dovere. E pensare che si debba passare il tempo a inseguire il governo perché renda disponibile un servizio che è già attivo, ormai da molti anni, che funziona, che non ha generato sprechi – a differenza di altri bonus – e che rappresenta un piccolo sollievo economico per le persone più fragili anche dal punto di vista reddituale, è davvero frustrante.
La controriforma della legge Basaglia
Pochi giorni fa il governo ha fatto la ruota sulla messa a punto, attesa da mesi ormai, di un nuovo piano strategico per la salute mentale. Che è cosa buona e giusta, ma che rischia di restare sulla carta, senza una vera articolazione e un finanziamento massiccio di cui ci sarebbe stramaledettamente bisogno.
Eccettuato questo pagherò, l’unico segnale arrivato finora dalla maggioranza è stato quello sulla riforma della legge Basaglia, un netto arretramento rispetto ai principi e i valori della 180, con un disegno di legge che ventila il ritorno del manicomio in formato tascabile, estende i termini del Trattamento sanitario obbligatorio e legittima la contenzione meccanica (tradotto: i pazienti legati).
Una controriforma di cui molto si è discusso, anche dalle colonne di questo giornale, e che troverà in autunno al Senato l’arena di un confronto durissimo. La legge sullo psicologo di base giace da tre anni tra le scartoffie della commissione Affari sociali della Camera, gli sportelli per il sostegno psicologico nelle scuole e nelle università sono poco più di un sogno, perfino i fondi dedicati esattamente a questo obiettivo non si sa bene che fine abbiano fatto, nonostante fossero previsti nell’ultima legge di bilancio.
L’unico strumento
A pensare che il pannicello caldo del bonus, rifinanziato di rapina – per usare il gergo calcistico – tra le pieghe dei lavori parlamentari come fosse quasi un’elemosina, sia l’unico strumento che c’è per i cittadini che hanno bisogno, la dice lunga sulla considerazione e la priorità assegnata dal governo a come stiamo e come ci sentiamo.
Una ricerca dell’ordine degli psicologi ha sottolineato quanti risparmi per la contabilità pubblica vengono dall’utilizzo del bonus, in termini di benessere, di carico evitato sulla sanità, di motivazione sul posto di lavoro.
L’idea di un welfare che, se investi, ti consente di risparmiare. Speriamo non ci sia bisogno ancora una volta di una mobilitazione e di una proposta per consentire a chi soffre di curarsi. Va bene luglio, sacrosante le ferie, ma a chi sta male, chi ci pensa?
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