Il più importante indicatore dell’evasione in Italia è il tax gap, che è la differenza, calcolata con metodologie condivise a livello internazionale, tra il gettito potenziale delle imposte, dove potenziale significa che si potrebbe raggiungere nell’astratta ipotesi di assenza totale di evasione, e il gettito effettivo.

Secondo il dato ufficiale, pubblicato nella Relazione sull’evasione allegata alla Nadef, il tax gap delle principali imposte (Irpef, Iva, Ires e Irap) nel 2019 ammonta a circa il 18,5 per cento del gettito potenziale, poco meno di 100 miliardi in valore assoluto.

Tra il 2014 e il 2019 il tax gap si è ridotto di 4,1 punti percentuali, un calo trainato, in primis, da quello dell’evasione dell’Iva, a sua volta determinato dall’introduzione dello split payment e della fatturazione elettronica.

Grazie a questa riduzione, il gap dell’Iva è arrivato a poco più del 20 per cento, la metà rispetto ai valori che si registravano negli anni Ottanta.

I risultati ottenuti nella riduzione dell’evasione fiscale in Italia – certificati, per quanto riguarda l’Iva, anche dalla Commissione europea nei suoi report sul Vat gap - non sono tuttavia sufficienti: nel 2019 il gap Iva italiano era ancora, relativamente al gettito potenziale, quasi 3 volte rispetto a quello francese e poco meno di 2,5 volte maggiore di quello tedesco.

Questo significa che l’amministrazione fiscale italiana deve essere dotata di strumenti adeguati per avvicinarsi ulteriormente a standard europei con riferimento a tutte le tre fasi fondamentali della gestione delle imposte: l’individuazione dei contribuenti destinatari delle attività di controllo, lo svolgimento di queste attività e la riscossione delle imposte dovute.

Cosa bisogna fare

Sul primo aspetto occorre un’iniziativa legislativa che, per attuare finalmente l’analisi del rischio e l’incrocio generalizzato delle banche dati, traduca in concreto la possibilità, prevista dal Regolamento europeo sulla privacy e dalla legge italiana, di disciplinare e limitare  alcuni diritti individuali (in primis il diritto all’accesso) durante il trattamento dei dati per il contrasto dell’evasione fiscale.

Questa è una condizione necessaria per consentire che, finalmente, l’amministrazione finanziaria possa elaborare una stima della plausibilità di ciascuna dichiarazione dei redditi basata su tutti i dati a sua disposizione, orientando sulla base di questa stima le proprie attività di controllo.

Sul secondo aspetto, è necessario rafforzare l’efficacia delle azoni basate sull’analisi dei dati individuali e finalizzate all’incentivazione dell’adempimento spontaneo e all’autodichiarazione delle dichiarazioni non veritiere.

In questi anni l’Agenzia delle entrate ha mandato milioni di lettere e comunicazioni di questo tipo, ma solo una minoranza dei contribuenti ha risposto positivamente.

L’analisi del rischio generalizzato renderà maggiormente fondata e credibile questa attività, ma servono strumenti legislativi ad hoc per rendere efficaci le comunicazioni quando il contribuente le ignora, e servono risorse umane (quindi personale) e materiali adeguate per rendere effettivo ed efficace il dialogo con il contribuente.

Infine, sperando che sia passata l’ubriacatura demagogica che ha caratterizzato gli anni passati, i poteri per la riscossione vanno adeguati ai più alti standard internazionali, ad esempio guardando al Regno Unito, dove il pignoramento dei conti correnti avviene con modalità e tempi molto più efficaci rispetto all’Italia.

L’aumento dell’efficienza della riscossione è una condizione necessaria per accelerare la riscossione ed evitare che continui l’accumulazione di cartelle non riscosse con la conseguente e ricorrente richiesta di condoni o rottamazioni.

Queste proposte potevano essere realizzate con l’attuazione dell’articolo 1 del disegno di legge delega fiscale approvato alla Camera e sono anche necessarie al raggiungimento degli ambiziosi obiettivi del Pnrr sulla riduzione del tax gap (dal 18,5 per cento del 2019 dobbiamo arrivare almeno al 15,8 per cento entro il 2024).

C’è da sperare che questa continuità con la legislatura che si sta chiudendo e con gli impegni europei che abbiamo assunto non sia considerata aprioristicamente in modo negativo.

Ancor di più, c’è da sperare che sull’evasione non trovino spazio quelle ricette demagogiche, come le “manette agli evasori” o la “deducibilità di tutte le spese”, di comprovata inutilità eppure continuamente spacciate come decisive per la lotta all’evasione.

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