La guerra in Ucraina ha avuto e avrà un effetto trasformativo sull’Europa e quel che si chiama Occidente. Ci è stato spesso proposto di scegliere tra una pace e una pace giusta.

L’alternativa è irricevibile, e questo ci fa comprendere il senso di quel che si chiama Occidente, un luogo di dissonanze e di principi.

Prendiamo la dissonanza di interessi strategici tra una “Super Nato” a trazione americana e l’Unione europea, anche per la ragione evidente per cui l’America e il Canada sono lontani dal teatro delle ostilità.

Sta scritto nel trattato della Nato, che i membri dell’Alleanza «aspirano a promuovere il benessere e la stabilità» nella loro area geopolitica.

Dunque, la dissonanza non dovrebbe risultare incomprensibile sull’altra sponda dell’Atlantico, e neppure essere ignorata o sottostimata. Il “benessere e la stabilità” sono un bene per tutti gli alleati.

Ma a questa dissonanza di interessi non corrisponde una opposizione di principi politici: come europei apparteniamo a quello che il ministro degli Esteri russo ha chiamato con disprezzo “l’Occidente”.

L’uso polemico di questa categoria è prevedibile ma ingannevole. L’Occidente non è una categoria metafisica ma una costruzione storica non premeditata che ha generato una pluralità di culture storico-politiche e religiose. Nelle caricature dei critici questa pluralità sparisce.

L’Occidente è complicato, con numerosi Sud e Nord, con insopportabili ingiustizie e progetti ideali di riforma.

Il fatto è che tutti noi sappiamo immediatamente a che cosa ci riferiamo quando elenchiamo queste differenze perché usiamo simili principi e criteri di giudizio per raccontarle.

Come altrimenti potremmo criticare il colonialismo, la schiavitù, le dominazioni, l’evangelizzazione forzata prodotte dall’Occidente?

Sennonché questa realtà articolata scompare quando ci si riferisce a “l’Occidente” come a una categoria valoriale da mitizzare o da stigmatizzare.  

Nell’ottica plurale, la dissonanza è non solo possibile ma positiva, proprio perché “Occidente” è un termine comprensivo, aperto al dissenso e al conflitto interpretativo. 

Tutti noi condividiamo alcuni principi fondamentali grazie ai quali vediamo e denunciamo ingiustizie e violazione dei diritti, ma non tutti noi li traduciamo nelle stesse visioni ideal-politiche. 

Alcuni danno un ruolo privilegiato al mercato (come tra l’altro fanno anche i nemici dell’Occidente) altri hanno del mercato una visione strumentale piegata a beni sociali condivisi.

Per alcuni la democrazia non può non preoccuparsi delle condizioni socio-economiche della cittadinanza, per altri questo problema dovrebbe essere lasciato al mercato.

Per alcuni la laicità implica ugual rispetto della individuale libertà religiosa per altri implica il riconoscimento da parte dello Stato delle chiese costituite, e via di seguito.

Come rendere ragione di tutto questo con un uso semplicistico e polemico di “Occidente”?

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